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The Dead Don’t Die – Recensione

Diciamolo chiaro e tondo: The Dead Don’t Die non è la classica comedy horror. Quindi se vi aspettate di vedere Zombieland, L’alba dei Morti Dementi o Manuale scout per l’apocalisse zombie, state per commettere un grave errore di valutazione.

Semmai siamo davanti ad una pellicola che gioca con il genere horror. Citazionista e autoreferenziale il film di Jarmusch, si pone come obiettivo quello di parlare dello strazio politico e sociale statunitense attraverso la semplice(a tratti semplicistica) metafora dei cittadini non morti della ridente Centerville. La trama è un déjà-vu.

A causa di un’anomalia sull’asse di rotazione della terra, sta accadendo qualcosa di strano e preoccupante. Prima semplici interferenze audio, le tv che fanno i capricci, animali domestici particolarmente aggressivi e poi anche i morti che non muoiono.

In breve un’orda di famelici zombie invade la pacifica cittadina.

La polizia locale e alcuni civili si ritrovano ad affrontare questa improvvisa apocalisse basandosi sul consiglio del nerd di turno, Bobby Wiggins (Caleb Landry Jones). “Uccidi la testa!” “You got to kill the head!”. D’altronde chiunque abbia visto un film di zombie sa bene che devi sparare al cervello oppure staccarglielo di netto. C’è il saggio commissario Cliff Robertson (Bill Murray che nel 2009 ha interpretato lo zombie di se stesso in Zombieland). C’è l’agente Ronald Peterson (Adam Driver) e l’agente Minerva Morrison (Chloë Sevigny). Tutti fanno tesoro del consiglio di Bobby consiglio. Tutti si armano per affrontare l’incombente e surreale imprevisto.

Tocca fermarsi qui perché il resto sarebbe spoiler.

Il regista di Akron raduna molti dei suoi vecchi amici.

Tutti attori che hanno già lavorato con lui: Murray e la Sevigny in Broken Flowers, Adam Driver in Paterson e ovviamente Tilda Swinton (non solo BF ma anche Only Lovers Left Alive su tutti). E poi Danny “sono troppo vecchio per queste stronzate” Glover e Rosie Perez (il suo secondo film dopo Spike è stato Taxisti di notte). Per non parlare dei musicisti Iggy Pop, Tom Waits, RZA e Selena Gomez (quest’ultima frase fa un po’ ridere). La scelta della teen idol è però perfettamente funzionale alla storia (viste le sue origini). Non è un caso il modo in cui l’autore indugia sul suo corpo e i suoi short scandalosamente teenie. E non è un caso neanche la scena della decollazione in stile San Giovanni Battista da parte di Adam “Salomè” Driver. Metafora della critica alla statica e ripetitiva industria discografica. Un po’ come ha fatto Charlie Brooker con Miley Cyrus nell’episodio di Black Mirror  “Rachel, Jack and Ashley Too”.

Divagazioni a parte. Jarmusch non è un regista qualsiasi. Quindi è ovvio che nel momento in cui annuncia una comedy horror con un cast stellare come questo, le aspettative salgono come il prezzo dei tacos, se fossero i messicani ad alzare il muro di Tijuana e non l’opposto. “Make America White Again” recita la scritta sul cappellino del redneck locale interpretato da Steve Buscemi. E poi la voce roca dell’eremita Bob (Tom Waits) che alla fine dice “gli zombie sono ciò che resta di uomini materialisti”. The Dead Don’t Die è un atto di accusa nei confronti dell’alienazione volontaria della società americana. La stessa che ha avallato il recente scempio sociopolitico (e ambientale) statunitense.

I suoi umani sono astenici tanto quanto i “non morti”. Le loro osservazioni ripetitive e scontate, suscitano ilarità nel pubblico, ma sono anche metafora della loro goffa e ridondante stupidità.

Il regista poi gioca molto con il metacinematografico, citando e citandosi. Jarmusch per esempio mette in scena una storia di zombie in un mondo dove esiste Romero. Questo è uno degli aspetti più esilaranti del film. L’autore inoltre si diverte in fase di scrittura con il personaggio di Adam Driver (sicuramente il più riuscito), che dichiara sin da subito di sapere già il finale del film (“I’ve been telling you, this is all going to end badly”). E poi molto spassoso è l’uso diegetico ed extradiegetico della splendida e omonima canzone scritta dal country singer Sturgill Simpson, tormentone del film.

Insomma Jarmusch entra ed esce dalla pellicola a suo piacimento. Dal suo mondo e quello di Centerville.

The Dead Don’t Die non è piaciuto e non piacerà a molti. Da una parte i fan del regista davanti ad una prova troppo lontana e meno poetica delle sue precedenti. Dall’altra parte gli amanti del genere, che resteranno 103 minuti a mugugnare. Forse (anzi no, sicuramente) non sarà il miglior film del regista. Forse è una pellicola troppo vanesia e poco attenta alle esigenze del pubblico.

A dispetto delle critiche, The Dead Don’t Die è comunque destinato a diventare un cult e una tappa fondamentale del regista.