C’è molta differenza tra football e soccer.
Per football s’intende quello americano, energumeni che inseguono un palla ovale tra un spot di una bibita energetica e l’altra.
Il soccer, che poi è quello che noi chiamiamo calcio, è nato in Inghilterra da un gruppo di insubordinati che si rifiutavano di passarsi la palla con le mani e presero le distanze dal rugby, i cosiddetti “associazionisti” (assoccer in inglese) da cui il nome soccer!
Le differenze sul campo poi sono molteplici. Per esempio nel football si dice “fuori campo” nel soccer si chiama “fallo laterale”. Nel football ci sono 4 tempi, nel soccer solo 2. Nel football, abbracciando una tipica filosofia americana, o si vince o si perde, nel soccer si può anche pareggiare. Nel football se le squadre arrivano ultime vengono insultate negli stadi semivuoti, nel soccer invece, se sei il fanalino di coda, retrocedi. Insomma sono due mondi agli antipodi.
Allora perché il protagonista di questa vicenda Ted Lasso (Jason Sudeikis) allenatore di una semisconosciuta squadra dell’heartland statunitense ha deciso di accettare la proposta lavorativa di un club inglese?
La risposta ve la diamo subito, perché ci aiuta a capire meglio il senso di questa serie tv: “per cambiare prospettiva”. Una cosa che nella vita serve sempre e messaggio ultimo di questa buffa storia.
Nato da uno spot per la NBC Sports, Ted Lasso è stato creato da Bill Lawrence e Jason Sudeikis per la Apple Tv+, ma soprattutto Ted Lasso è una serie tv che proprio non ti aspetti.
E forse il modo in cui è stata partorita questa idea sta all’origine di questa folle produzione televisiva. Brendan Hunt e Jason Sudeikis che sono amici di lunga data infatti, si sono sballati di funghi ad Amsterdam e hanno deciso di scrivere una serie che celebrasse il soccer dal punto di vista americano, paese dove questo sport è cresciuto esponenzialmente nell’ultimo decennio.
L’approccio per noi utenti medi europei è ovviamente diverso e diciamolo anche più scettico.
Inizi a vederla con quell’indisponente atteggiamento burbero e schivo di chi non sopporta l’idea che “quei fottuti yankee” possano rubarci anche il nostro sport preferito. Ad aiutarti di certo non c’è neanche lui, Ted Lasso una specie di Magnum P.I. che di calcio non capisce niente e che i tifosi della locale squadra di Richmond chiamano in coro “Segaiolo”!?
Un insopportabile ottimista, che ha sempre una frase fatta e metafore buoniste da far scendere il latte alle ginocchia.
Poi però accade quel che non ti aspetteresti mai.
Ted Lasso, episodio dopo episodio e partita dopo partita, riesce a far breccia tanto sui tifosi sbronzi del Richmond, quanto tra noi spettatori. Tutti travolti dal suo inguaribile ottimismo.
C’è una presidentessa (Hannah Waddingham) che ha “ereditato” la società, che com’era stato per Margaret Whitton in quel capolavoro di Major League nel 1989, non vede di buon occhio la squadra ed è motivata a farla retrocedere. Ragion per cui assume il nostro Ted. C’è una giovane stella del calcio inglese (Phil Dunster), corteggiato dalle donne e da squadre come il Manchester City. Ma il ragazzo ha molto da imparare e soprattutto è alle prese con una modella groupie (Juno Temple) e con un suo compagno di squadra ormai a fine carriera (Brett Goldstein). Un triangolo tra sport e sesso (la scena del doppio caffè è geniale) che ricorda un altro cult del passato come Bull Durham e il celebre ménage à troi Costner/Sarandon/Robbins.
C’è un burbero e sapiente vice coach (Brendan Hunt) . Un magazziniere che si scoprirà essere una sorta di Pep Guardiola in incognito. Poi tanti altri personaggi, alcuni riusciti, altri meno. Ma nel complesso alla fine la storia nella sua semplicità, funziona e questa cialtronissima ma simpatica serie riesce a tirare fuori alcuni momenti molto ben scritti.
Impresa impensabile dopo il primo episodio. In fondo anche lo stesso Ted scoprirà con sommo sbigottimento che tutto il mondo è paese.
Ad esempio sarà pur vero che in America le squadre non retrocedono ma in Inghilterra se retrocedi dalla Premier League finisci nella Championship! “Championship?! Cavolo qui usano le parole in modo strano!!”
Bellissime le musiche di Marcus Mumford (si proprio lui!) e una soundtrack che comprende pezzi dei The Jam, Oasis, Elastica e Robbie Williams.