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Soldado (Sicario: Day of the Soldado) – La Recensione

Per i pochi che non lo sapessero Stefano Sollima prima di sbarcare negli States ha diretto serie televisive di successo come Romanzo criminale – La serie, Gomorra – La serie e i film A.C.A.B e Suburra. Non è un novellino. Non è uno sprovveduto. Conosce i tempi del cinema di genere e il suo esordio hollywoodiano era una tappa inevitabile e meritata per il regista romano.

Prendere in mano il sontuoso lavoro fatto da Denis Villeneuve non era però cosa facile, né scontata. Soldado è infatti il seguito del meraviglioso Sicario, pellicola diretta dal cineasta canadese nel 2015. Tornano nel cast Benicio del Toro, Josh Brolin, Catherine Keener e Matthew Modine.

L’ambientazione è la stessa: il tumultuoso border USA/Mexico. Questa volta però non si parla del traffico di stupefacenti, ma di quello degli esseri umani.

Il cinema di frontiera, o delle moderne frontiere americane, Un genere non nuovo allo sceneggiatore Taylor Sheridan, autore di un’ideale trilogia iniziata appunto nel 2015 con il Sicario e continuata nel 2016 con Hell or Hight Water e I Segreti di Wind River nel 2017.

La trama di questo nuova pellicola inizia con un attacco suicida a Kansas City che provoca la morte di diversi cittadini americani e la reazione del governo statunitense, impersonato dal Segretario della Difesa (Modine). Il politico incarica l’agente CIA Matt Graver (Brolin) di adottare misure straordinarie contro il cartello di narcotrafficanti, colpevoli, a suo dire, di aver fatto entrare illegalmente i terroristi.

Per indebolire i “cattivi” Graver si serve di un vecchio metodo: mettere zizzania tra le due fazioni, i due clan rivali. Provocare una guerra. Pedina innocente di queste manovre a limite della legalità, sarà la giovane Isabel Reyes (una sorprendente Isabela Moner), figlia del leader di una delle organizzazioni criminali. Ma durante l’operazione, qualcosa va storto e un collaboratore e vecchia conoscenza di Graver, Alejandro Gillick (Del Toro), rimarrà bloccato behind enemy lines insieme alla ragazzina.

Rispetto a Sicario, Sollima introduce la storia di frontiera ad un cinema più muscolare, “gomorriano” e molto più granguignolesco. In qualche maniera il dualismo figurativo e narrativo Sicario/Soldado sta a quello Alien/Aliens.

Il primo capitolo della saga era più concettuale, estetico e Villeneuve (insieme al direttore della fotografia Roger Deakins) avevano fatto assurgere la pellicola a massimi sistemi, quasi affettando personaggi e la storia. Qui invece Sollima catapulta lo spettatore in un realismo sconvolgente e sconcertante. Come era stato per Cameron rispetto a Scott, l’approccio è più dinamico e la componente “action” è più centrale e centrata. Soldado non perde un colpo. Intrattiene ed incolla lo spettatore sulla poltrona per l’intera durata del film.

Qualcosa è cambiato in America, rispetto al 2015 e ai tempi del Sicario. C’è un nuovo presidente (che qualcuno provocatoriamente scrive con la “P” minuscola). I tempi sono diversi. C’è stata la polemica sul Tijuana Wall, il Border Security and Immigration Enforcement Improvements Executive Order e la vicenda di duemila bimbi separati alla frontiera col Messico dai genitori entrati in modo illegale.

Un volto, quello americano, più ostile e guerrafondaio. Un po’ Sollima gioca con questi nuovi venti di cambiamento, tanto da dubitare, nel corso della visione, di un’ambiguità ideologica e politica del film. Ma è solo un’impressione. Lo stesso Sheridan ha sempre preferito raccontare storie in cui non esistono buoni e cattivi, ma esseri umani e difficili scelte etiche e morali.

Quanto all’aspetto tecnico, Deakins è degnamente rimpiazzato da Dariusz Wolski, che in linea con la direzione del regista italiano, epura il film dai vezzi estetici del primo capitolo. Rinuncia a filtri ed estremismi estetici al fine di trasformare Bogotà a Scampia, Tijuana nei Quartieri Spagnoli e in narcotrafficanti in scugnizzi da battaglia. Maggiore continuità c’è invece nella OST, affidata a Hildur Guðnadóttir. La musicista islandese riprende le sonorità del suo connazionale Jóhann Jóhannsson, prematuramente morto a febbraio e al quale è dedicato il film.

La pellicola si chiude con un cliffhanger che lascia pochi dubbi sulla realizzazione di un terzo capitolo della saga.

Lo stesso Sollima ha confermato che al momento della firma del contratto per Soldado, i produttori hanno parlato di un terzo e conclusivo film. Lo sceneggiatore Taylor Sheridan pare sia già a lavoro. Trapelano notizie di un possibile ritorno di Emily Blunt, forse l’unica cosa che è mancata al film di Sollima.

Quanto al regista romano ormai sembra chiaro che abbraccerà altri progetti degli Studios e non c’è da stupirsi.

Noi aspettiamo con ansia.