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Sesso, Bugie e Videotape – L’esordio borghese di Soderbergh

Siamo in Lousiana, per l’esattezza a Baton Rouge. C’è una coppia senza figli, sono giovani e belli ma vivono da tempo nella menzogna. John è abituato a mentire, lui infatti è un avvocato senza scrupoli e di successo. La moglie Ann sembrerebbe essere invece la classica donnina americana fifty, tutta tacchino in forno e letti separati.

Ma dietro l’immagine da perfettina si cela un turbinio di inespresse pulsioni sessuali che la donna è incapace di mostrare. Ed è forse proprio per questo che il cinico John la tradisce con Cynthia, la sorella di lei. Un delicato e morboso triangolo clandestino che viene completamente destabilizzato dall’arrivo in città di Graham, un ex compagno di college di John. Graham è un personaggio complesso, passivo aggressivo, con una fissa per i videotape e le piccanti confessioni sessuali delle donne che ha intervistato in giro per gli States, sugli argomenti più intimi e pruriginosi.

Intanto è importante dire che il debutto del regista, all’epoca 25enne, Steven Soderbergh, è un’opera matura e colossale nel modo in cui riesce con una semplice struttura narrativa, a distruggere le certezze della bourgeoisie dell’America repubblicana, nell’ultimo anno del secondo mandato Reagan.

Pellicola statica di stampo teatrale, in cui la “mise-en-scène” del regista di Atlanta, essenziale e laconica, fa il verso al padre del cinema indipendente John Cassavetes. Ma c’è anche il misterioso ospite che compromette irrimediabilmente le sorti della famiglia borghese. Come, ma anche diversamente da, Teorema di Pasolini.

E in mezzo ci mettiamo anche Wenders, lo stesso che, folgorato dalla pellicola, la premierà col la Palma d’Oro a Cannes, prima dell’Oscar alla miglior Sceneggiatura, qualche mese dopo.

Il sesso c’è ma non si vede, nei lunghi piani d’ascolto di hanekiana memoria. Proprio il regista austriaco esordiva lo stesso anno con Il settimo continente (Der siebente Kontinent).

Come Haneke in Funny Games mostrava la reazione alla violenza, non la violenza in sé, Soderbergh non mostra i rapporti sessuali, ma riprende la reazione ad essi. Quel tanto parlarne, filtrato poi dal piccolo schermo. Videotape appunto.

Un tango a quattro. La moglie bella, infelice e frigida (l’angelica Andie MacDowell). Il marito (Peter Gallagher, I Protagonisti di Altman) che se la fa con la sorella un po’ puttana (Laura San Giacomo, già collega della Roberts in Pretty Woman) e il forestiero fascinoso (James Spader che non è Terence Stamp ma per il film ha avuto molti riconoscimenti), al servizio di una storia torbida e umidiccia come il clima di Baton Rouge.

Gli spazi angusti degli appartamenti e una manciata di esterni ma molto simbolici. Un ponte sul Mississippi e una panoramica sul fiume che taglia a metà gli States fino alla foce, come a dire: questa è l’America!

Eppure Sex, Lies and Videotape è un film molto europeo, soprattutto nel modo di affrontare con pudore il tema tabù per eccellenza: il sesso. Represso e parlato.

Um filme falado diceva Manoel De Oliveira, ma non alla scoperta dell’attualità politica mediterranea, bensì ai più primordiali istinti umani, tarpati dalle sovrastrutture borghesi.

 

Le musiche essenziali di Cliff Martinez segnano anche il suo debutto come fortunato autore di OST, prima come collaboratore stretto di Soderbergh poi il sodalizio con Nicolas Winding Refn e il lavoro eccezionale su Drive.

Il film intanto scorre. Rivela e sorprende. Non lascia niente al caso e la mdp incalza invadente i protagonisti come nei già citati capolavori di Cassavetes, indugiando sulle loro manie e sui loro più torbidi segreti.

Nel finale, con la distruzione delle registrazioni, si ha quasi l’impressione di un giudizio morale. Graham se ne separa per amare Ann, quasi un gesto catartico e simbolico del tipo: smettiamola di parlare di sesso e facciamolo. Viviamo le cose più che guardarle in tv.

Le videocassette intese come morte della vita vissuta. Oggi invece sono state distrutte da Netflix e siamo di nuovo tutti borghesi sul divano a non far sesso.

Sono rimaste solo le bugie.