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Road to Blade Runner 2049 – I cortometraggi

Trentacinque anni son passati dal capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner. Un film che plasmò l’esperienza  cinefila di moltissimi spettatori, creando anche un modo di intendere la fantascienza e un immaginario futuristico innovativo ed intrigante. A distanza di trentacinque anni, Denis Villeneuve è chiamato a realizzare un seguito che, sulle prime, ha suscitato molti dubbi ma che, in seguito, ha lasciato esterrefatti e piacevolmente colpiti tutti i critici che hanno avuto la fortuna di vederlo in anteprima, critici che non hanno esitato a definirlo un capolavoro (alcuni lo hanno persino elogiato definendolo migliore del film di Scott). Non ci resta che aspettare il 5 ottobre per aver la possibilità, anche noi, di gustare questo spettacolo che, di certo, ha creato attorno a sé un’atmosfera di hype che raramente capita di vedere, grazie anche alla release di tre cortometraggi che si collocano nel periodo che intercorre tra il 2019 del film originale ed il 2049 di quello di Villeneuve, nell’ordine di uscita: 2036: Nexus Dawn, 2048: Nowhere to Run (entrambi diretti da Luke Scott, figlio di Ridley) e Black Out 2022, un corto animato di Shinichiro Watanabe, il creatore del celeberrimo anime Cowboy Bebop.

Il Nexus 8 Iggy nel corto di Watanabe.

Tre momenti fondamentali che seguono gli eventi che hanno visto protagonista l’agente Deckard, interpretato magistralmente da Harrison Ford. Scomparsi i Nexus 6, nel 2022 l’economia mondiale viene messa in serio pericolo da un black out causato da una nuova forma di androidi, i Nexus 8, modelli di “lavori in pelle” non più limitati nella durata che possono essere riconosciuti da un codice stampato sul bulbo oculare. Uno scontro tra uomini e macchine che minaccia il mondo. Nel terzo corto, quello animato e collocato proprio in questo fatidico 2022, seguiamo la missione di Trixie ed Iggy, due dei Nexus 8 che scateneranno il disastroso black out. L’atmosfera che si respira è quella di una profonda ostilità tra umanità ed androidi, impegnati in una logorante guerra civile. In seguito al catastrofico evento che ha fatto crollare il mondo, ormai tecnologicizzato in ogni suo minimo aspetto, nel caos, nel 2023 viene vietata la produzione di androidi, fino a quando, nel 2036, Neander Wallace (Jared Leto), che aveva prelevato la Tyrell Corporation nel 2028, lancia sul mercato un nuovo modello di Nexus, i Nexus 9, suscitando l’iniziale titubanza della commissione governativa. La grande innovazione di questi androidi è che la durata della loro “vita” viene decisa da chi li acquista: più si paga, più a lungo vivranno. Oltre a ciò, i nuovi Nexus 9 obbediranno ad ogni minimo ordine dato loro dal proprietario, incluso anche l’autolesionismo e il suicidio, come viene mostrato dal modello che accompagna Wallace in questo corto. Nel secondo corto (il terzo per quanto riguarda l’ordine cronologico della narrazione), 2048: Nowhere to run, vediamo Sapper, interpretato da Dave Bautista, l’ex bestiale wrestler amato da tutti gli appassionati della WWE, in un quartiere malfamato che riprende a piene mani le ambientazioni degradanti ed asfissianti del primo film, che incontra una sua amica e poi si reca in un monte dei pegni. Uscito dal negozio, vede la sua amica e la madre di lei venire importunate e molestate da degli uomini. Lui interviene. Ed è lì che capiamo: Sapper, così come le due donne, è un replicante. Ha una forza disumana ed una resistenza al dolore altrettanto invidiabile.

Dave Bautista, Sapper, in 2048: Nowhere to run.

Tre corti di pregevolissima fattura, senza dubbio, tre lavori molto interessanti che pongono delle intrigantissime basi per il lungometraggio in uscita. Tuttavia,  2048: Nowhere to run è un po’ meno affascinante rispetto agli altri due, trattandosi quasi solo di una dimostrazione di stile di Luke Scott, che ha voluto mostrare i muscoli realizzando un corto con un’eccellente sequenza d’azione, introducendo, comunque, un personaggio enigmatico, quello di Sapper, che vedremo nel film di Villeneuve, nel quale verrà sicuramente approfondito, facendocelo conoscere meglio. Visivamente, del trittico di opere, il più potente è quello realizzato da Watanabe, che riesce a trasmettere una esatta copia dell’atmosfera che si respirava nella Los Angeles del film di Ridley Scott, pur trattandosi di due stili realizzativi così profondamente differenti. Rivedere quella città illuminata dalle insegne al neon, perennemente sotto la pioggia, così degradata, in versione anime è un puro spettacolo per gli occhi, lo spettatore non può rimanere indifferente vedendo il corto. E 2036: Nexus dawn è il più intrigante dal punto di vista narrativo. Facciamo la conoscenza di Wallace, un uomo cieco, dallo sguardo vuoto ed agghiacciante, la sua voce calma e suadente, quasi ipnotizzante, trasmette sicurezza e soggezione, ci fa sentire impotenti, come se fossimo noi stessi un suo prodotto. E poi il Nexus 9. Un “lavoro in pelle” vuoto, il primo androide, tra quelli visti finora, in tutto l’universo di Blade Runner, che trasmette davvero una sensazione di sottomissione totale che quasi suscita compassione nello spettatore. Wallace gli ordina di sfregiarsi con un pezzo di vetro e lui lo fa senza esitare. Wallace dice “la mia vita o la tua” e lui, dopo un primo istante di titubanza (unico momento in cui lascia trasparire una leggerissima traccia emotiva), si suicida. Sembra essere davvero la soluzione per il problema degli androidi. Sarà così? Non ci resta che attendere il 5 ottobre per scoprirlo.