“Non fa la scelta dell’innamorato, fa la scelta del poeta”
Bretagna, 1770. Marianne è una pittrice, bella, brava e indipendente. Le sue mani e i suo fremiti sono interpretati da Noémie Merlant. La giovane donna è chiamata a fare di nascosto il ritratto di Héloïse, figlia di una famiglia decaduta e ritirata dalla madre da un convento per andare in sposa a un nobiluomo italiano che non ha mai neanche visto. Il suo seno e le sue lacrime sono interpretate da Adèle Haenel.
Marianne, dovrà fingersi dama di compagnia, come d’accordi presi con la contessa madre di Héloïse (Valeria Golino). Ma non riuscirà a mentire. Il quadro però quello deve essere completato. Il suo valore è essenziale ed potenzialmente esiziale. L’opera verrà infatti spedita all’uomo per fargli ammirare la bellezza della giovane futura sposa. Dalla sua attendibilità e dai suoi dettagli dipenderà questa unione al buio.
Ma tra le due donne accade qualcosa. Un’emozione improvvisa, fatta di sguardi, di mani sporche che si nascondono agli occhi dell’amata, di controllate e timide dichiarazioni. Un qualcosa mai provato prima, non allegro, ma vivace. Una storia che racconta di una tempesta in arrivo e degli insetti che la sentono e si agitano e la tempesta che scoppia, con lampi e vento. Come solo l’écoute des Quatre Saisons de Vivaldi può provocare.
Héloïse lo sussurra a Marianne: «ho imparato un nuovo sentimento». Poi quante lacrime e sorrisi coi finali del film.
Non sorprende questa raggiunta maturità artistica della regista francese Céline Sciamma, soprattutto dopo prove come registiche come Tomboy o di scrittura come La mia vita da Zucchina (Ma vie de Courgette) di Claude Barras.
L’autrice scomoda il mito di Orfeo e Euridice, evocato con una raffinatezza figurativa e metacinematografica senza pari, introdotta nel cuore della pellicola e rivisitata nella scena dell’addio. Citazioni colte, emozioni straripanti e una regia virtuosa, classica, simmetrica e mai sopra le righe.
Ne esce fuori una storia d’amore universale che elogia la sacralità dell’amore al femminile e del femminino sacro.
La centralità dell’universo femminile nella potente e necessaria scena dell’interruzione della gravidanza e l’orgoglio di Héloïse che invita Marianne a guardare e poi a dipingere. Solo allora ci si rende conto del parallelismo tra i ruoli delle due donne. Marianne risveglia i sentimenti di Héloïse ed Héloïse risveglia l’emozioni dell’artista.
Alla fine tocca fare una scelta, come da incipit, quella appunto del poeta.
Impressionante e sobria la colonna sonora che oltre alla la tempesta estiva di Vivaldi, propone anche “La Jeune Fille en Feu” scritta appositamente per il film da Jean-Baptiste de Laubier e Arthur Simonini, vagamente (e volutamente?!) simile a Conquest of Paradise di Vangelis.