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Ma Rainey’s Black Bottom – La Recensione

“Sarebbe un mondo vuoto senza il blues”

Rainey’s Black Bottom racconta la storia di quattro musicisti di una blues band e di Ma Rainey (Viola Davis), una leggenda della musica afroamericana.

Artista realmente esistita ma poco conosciuta, la Rainey aveva un carattere forte, dispotico e capriccioso soprattutto con i produttori bianchi. “Non gliene frega niente di me. Loro vogliono solo la mia voce”. Diventa subito chiaro che Ma Rainey’s Black Bottom è un film dalla forte valenza politica. Un kammerspiel diretto e potente, scritto dal due volte Premio Pulitzer August Wilson grande drammaturgo statunitense, poeta del teatro sull’America nera. La pièce, che risale al 1982, fa parte di un ciclo di dieci opere noto come il Ciclo di Pittsburgh, ed è stato già portato al cinema da Denzel Washington nel 2016 con Barriere (Fences) film per il quale Viola Davis venne premiata con il Premio Oscar. Forse proprio le interpretazioni di questo musicale e claustrofobico saggio, sono il punto più alto di Ma Rainey’s Black Bottom.

La performance della Davis, tanto quella vocale che fisica non passerà inosservata ai membri dell’Academy Award.

“I bianchi non riescono a capire il blues, sentono la musica, ma non sanno da che cosa nasce” dice Ma Rainey. E ancora: “Non si rendono conto che è così che parla la vita. Tu non canti per stare meglio, tu canti perché in quel modo comprendi la vita”.

Straziante e sopra le righe poi la prova di Chadwick Boseman, deceduto solo 12 giorni dopo la fine delle riprese. Il suo talentuoso cornettista Levee urla “Dio non ascolta mai le preghiere dei neri, Dio se ne frega di quelli come noi, Dio odia i neri, li odia con tutta la furia che ha, Gesù non ti ama amico, Gesù odia il tuo culo nero e non raccontarmi stronzate che brucerò all’inferno, perché Dio può andare a farsi fottere”. Un monologo in cui si avverte tutta la straziante sofferenza di chi sa quanta ingiustizia divina ci sia nel dover lasciare questo mondo a soli 44 anni e nel pieno della propria maturità artistica. Quanto Chadwick Boseman avrebbe potuto offrire ancora al cinema, non lo sapremo mai, ma di certo Ma Rainey’s Black Bottom è il miglior ultimo atto possibile per questo sfortunato attore.

Un’opera meravigliosa che denuncia senza retorica il razzismo sui neri emigrati nel nord degli States con la speranza di una vita migliore.

Un’opera che senza scorciatoie rivendica la black identity e la cultura afroamericana in maniera diametralmente opposta alle patinate ipocrisie di vecchi e nuovi classici come “A spasso con Daisy” o ancor peggio “The Help” film per l’America wasp con i sensi di colpa.

Solo alla fine diventa chiaro che quel Dio contro cui bestemmia Boseman è l’uomo bianco il più grande assassino della terra, quello che come disse Malcolm X non ha detto “uomo nero, donna nera, venite con me, aiutatemi a costruire l’America”, bensì “Sporco negro, entra nella stiva di quella nave. Ti porto in America in catene, perché devi aiutarmi a costruirla l’America”.

E già che ci sei, balla e suonami un blues.

Superba la colonna sonora dell’immenso Branford Marsalis, che meriterebbe un approfondimento tutto suo.