Home Speciale Interviste Quattro chiacchiere con Aldo Lado, Maestro del giallo all’italiana

Quattro chiacchiere con Aldo Lado, Maestro del giallo all’italiana

Buongiorno Maestro! Quando, come e con che film nasce la sua passione per il cinema?

Caro Amico, stiamo parlando dell’estate 1945! Dalla finestra di casa affacciata sul bacino di San Marco scorgevo i marinai di un incrociatore americano seduti sul ponte davanti a un grande schermo mentre immagini che vedevo di sghimbescio deformate, mi attiravano nel buio della sera. I suoni giungevano a singhiozzo portati da refoli di brezza. Forse era “La famiglia Sullivan”, un film di eroici marinai che vidi successivamente nei giardinetti di Palazzo Reale dove venivano proiettati gratuitamente film di propaganda e documentari sugli interventi del Piano Marshall per risollevare l’Italia affamata dalle conseguenza della guerra.

Ma non posso dire che sia stato l’inizio della mia passione per il cinema. E’ veduta negli anni successivi. Frequentavo le scuole medie e invece di andare a studiare a casa di un amico, come dicevo a casa, mi rintanavo in una sala cinematografica, parrocchiale e non. Western, commedie musicali, gialli, commedie. Mi piacevano tutti da Totò a Hitchcock, da Jerry Lewis a Germi. Se fossi riuscito a lavorare nel cinema, in qualsiasi ruolo, sarei riuscito anche a soddisfare il mio desiderio di viaggiare e conoscere il mondo. I film che vedevo erano ambientati ovunque e per girarli  i componenti la troupe si erano certamente dovuti spostare in quei luoghi. Passione complessa ma che non pensavo mi avrebbe portato sino alla regia.

Nel 1971 firma la prima regia, il giallo La corte notte delle bambole di vetro. Come fu la sua prima esperienza dietro la macchina da presa per un lungometraggio?

Avevo già una grossa esperienza di aiuto regista e diretto qualche seconda unità, quindi da un punto di vista puramente tecnico non avevo nessuna incertezza. Debuttavo di fatto soltanto nella direzione degli attori, ma evidentemente aver lavorato a fianco di registi come Anatole Litvak, Marcel Carné, Bernardo Bertolucci mi aveva fatto acquisire inconsciamente una sicurezza e una capacità nell’ottenere l’interpretazione che avevo immaginato. Tutti i “mestieri” si imparano rubando con gli occhi e le orecchie!

Lanno dopo gira un altro giallo, Chi lha vista morire?, che diventerà, come La corte notte delle bambole di vetro, un cult mondiale

Credo che il successo (postumo) di questo film sia dovuto da un lato all’eccezionale e “raccapricciante” coro di bambini composto dal Maestro Morricone, e dall’altro dalla mia intuizione di offrire allo spettatore una immagine di una Venezia cupa, misteriosa e inquietante sia  nei personaggi che la popolano che nell’immagine. Quella stessa che da bambino, nelle serate di nebbia, mi faceva correre impaurito anche da un suono di passi per superare una lunga calle buia e rifugiarmi sano e salvo tra le mura di casa. La Venezia che amo di più!

Nel 1973 dirige un bellissimo melodramma in costume, Sepolta viva. Come si trovò con questo genere cinematografico?

In realtà la mia idea originale era di irridere quel genere di letteratura popolare alla Carolina Invernizio e pensavo di affidare il  ruolo della Sepolta Viva all’indimenticabile Paolo Poli che con le sue commedie  anni trenta nei panni di personaggi femminili mi faceva sbellicare dalle risa. I produttori come sempre avevano il coltello per il manico e ho ripiegato, si fa per dire, a fare un film per il grande pubblico che in quegli anni leggeva appassionatamente i fotoromanzi, dove dalla bocca degli attori usciva il fumetto con le battute. Il film ha però una seconda chiave di lettura nell’esasperazione che ho dato al contesto scenografico, ai costumi, ai dialoghi di sapore letterario, alla scelta degli attori e soprattutto alla loro recitazione assolutamente sopra le righe. Il mio desiderio di “dissacrazione” era salvo!

Lultimo treno della notte, la risposta italiana ai rape and revenge americani, con la colonna sonora di Ennio Morricone. Un film durissimo per i tempi. Ora è un cult in tutto il mondo, ma allepoca fu bistrattato da una parte della critica

Non solo dalla critica (soprattutto da quella di giornali conservatori) ma anche dalla Commissione di Censura che in un primo tempo ne bocciò addirittura la proiezione in pubblico. Salvai il film dal “rogo” per miracolo. Alcuni anni fa la Cinemateque Francaise organizzò una serata in mio onore e proiettarono “La corta notte delle bambole di vetro” e “L’ultimo treno della notte”. Davanti a una sala gremita di parigini mi fu chiesto come fossi riuscito a fare in quegli anni così retrivi un film così critico della società italiana e così “politico”. Ridendo risposi che a parte il fatto di averlo girato in soli 25 giorni, il produttore era talmente preso dall’inseguire le cambiali che aveva firmato, che si era reso conto del film che avevo fatto solo il giorno della bocciatura in censura.

Nella sua carriera si è confrontato anche con la fantascienza, genere sempre poco frequentato dai registi italiani. Che ricordo ha de Lumanoide?

E’ stato un film molto difficile. In quegli anni non esisteva i digitale e quindi ci servivamo solo di tecniche artigianali. Modellini, trompe-l’oil, front projection, etc. Purtroppo il produttore esecutivo a cui era stato affidato il film ne era completamente a digiuno ed era una lotta continua per ottenere il minimo necessario. Si era arrabbiato con me persino quando in preparazione  avevo chiesto di realizzare un semplice story board per far capire ai collaboratori (e a me stesso) i passaggi “virtuali” necessari al montaggio. Non ne ho un bel ricordo.

Nel 1987 ha diretto Scirocco, un erotico con Enzo Decaro. Ce ne può parlare?

Un film che ha avuto un discreto successo in Francia, non ripetuto in Italia. D’altronde era successo anche con qualche altro mio film. Direi che più che un film “erotico” era una storia su come attraverso la sessualità una donna possa venire irretita. Credo emani profumo di sudore e di sesso.

Alibi perfetto, un altro giallo, con la sceneggiatura di Dardano Sacchetti

Ero stato chiamato a dirigere questo film dalla Pac dei fratelli Bregni che aveva distribuito “L’Ultimo Treno della Notte”. Mi sono limitato alla scelta del cast e a fare il mio lavoro di regista al meglio delle mie capacità e del budget a disposizione. Sulle motivazioni è meglio chiedere a Dardano che è l’autore della storia.

Venerdi nero, una pellicola purtroppo rimasta inedita. Ci racconta qualcosa di questo film del quale si sa molto poco?

Nasce sullo stimolo di un distributore estero che mi chiedeva di rifare un revenge movie in un momento in cui i film italiani non trovavano più degli acquirenti americani. Ripercorre molto alla lontana la vicenda dei due giovani “pariolini” che avevano irretito due ragazze uccidendone una, e che aveva anni addietro riempito le pagine di cronaca nera. In Italia avrebbe dovuto essere distribuito da Lucisano che si tirò indietro mentre stavo già girando. Non vide mai il film. La produzione fallì e il film si è perso nei meandri delle banche.

Il 2012 è lanno della sua ultima regia, Il Notturno di Chopin. Come è andata in quella occasione?

Dopo diversi anni passati a Parigi dove sono stato il produttore esecutivo e il responsabile artistico di film come “Farinelli” e “Marquise”, sono rientrato in Italia. C’era stato il rapimento e la morte di Jara Gambirasio. Mi aveva colpito il fatto che i media non si erano neppure per un istante soffermati sul dramma di una ragazzina sradicata al suo quotidiano e che, senza colpa, doveva essersi trovata di fronte alla morte. Perché? E adesso che mi succede? Perché proprio io? Ho voluto centrare la storia sul suo dramma, le sue incertezze, le sue speranze, i suoi interrogativi facendo un film che ritengo coraggioso.

Un’ora e mezza unicamente con una ragazzina di otto anni, la straordinaria Sofia Vercellin, non è facile da tenere né per l’interprete né per l’autore. In fondo è l’altra faccia della medaglia su cui nel verso c’è la ricerca dell’assassino della bambina in “Chi l’ha vista morire?”. E’ stata anche l’occasione per fare una riflessione sulla solitudine con cui ciascuno si confronta sin dalla nascita. Si è sempre soli con i propri problemi. La scuola, l’amore, il lavoro. E quando hai bisogno è molto difficile che qualcuno ti dia una mano. Mi auguro che questo film venga riscoperto in futuro anche dalle televisioni e che abbia una più vasta audience.

Cosa ne pensa della situazione del cinema italiano degli ultimi anni, ed in particolare della scena thriller e horror?

Confesso che sono rimasto uno spettatore qualunque che ride, piange e si emoziona nella sala buia, ma non ho mai avuto una capacità di analisi critica limitandomi a subire le varie mode o filoni che il pubblico prediligeva. Per questo il mio cassetto è zeppo di storie di film che avrei voluto fare e che avevano per me una valenza di monito o critica sociale. Credo dovreste girare questa domanda a un storico del cinema o a un critico avveduto.

Oltre ad essere uno sceneggiatore ed un regista, è anche uno scrittore. Ci può parlare del suo ultimo libro, I film che non vedrete mai?

Sono un scrittore “giovane”. Un paio di anni fa una giornalista che mi aveva intervistato mi ha suggerito di partecipare a un concorso  letterario per racconti gialli ambientato sul lago. Vivo adesso sul Lago Maggiore e l’idea mi ha stimolato, anche per cimentarmi in un genere di scrittura diversa da quella cinematografica, che è altra cosa. D’altro canto ormai sono fuori dal “giro” come regista e sceneggiatore. Il mio racconto  è stato selezionato e pubblicato nell’antologia “Gialli di Lago” e ho deciso che “da grande” avrei fatto lo scrittore.

In due anni altri racconti miei sono stati pubblicati e a fine mese esce un mio racconto nella “Antologia per Inediti 2017” del “Premio Chiara”. Un mio thriller, “Il Mastino”, ha vinto un premio e sarà pubblicato nei mesi prossimi. “I Film che non vedrete mai” è una selezione di storie che ho scritto per il cinema tra gli anni ‘70 e i ’90   (del secolo scorso!!), e mai realizzate. Vanno dal western, al noir, dalla commedia al film d’amore, seguendo il cambiamento dei gusti del pubblico che accompagno illustrandone l’evoluzione e le motivazioni. Attualmente è disponibile su Amazon o richiedendolo  all’editore, e nelle presentazioni che ho fatto a Milano ha riscosso una lusinghiera accoglienza.