L’esordio dietro la macchina da presa dell’attore Jonah Hill è un omaggio allo skate e al Fish-eye, alla vita di strada, alle t-shirt di Street Fighter 2, alle musiche dei A Tribe Called Quest, quanto dei Nirvana. Insomma agli anni 90, quando Hill, classe ’83 era un pischelletto. Le strade di L.A., sembrano un incrocio tra GTA San Andreas e quelle di Dogtown and Z-Boys di Stacy Peralta (esattamente 20 anni dopo).
E chissà quante volte l’avrà visto quello storico cultmentary, il giovane Jonah. Il suo film è uno sguardo tenero nostalgico ai giorni spensierati (ma neanche tanto) dell’adolescente Stevie (Sunny Suljic), un ragazzino che cerca di sfuggire al rapporto violento, esiziale, ma primario col il fratello (Lucas Hedges), cercando di inserirsi in una comitiva di skater.
Ruben (Gio Galicia), Fuckshit (Olan Prenatt), Ray (Na-kel Smith) e Fourth Grade (Ryder McLaughlin) teppistelli già avvezzi a fumare, bere e fare sesso. Tutti più grandi di Stevie ma che lentamente lo prendono sotto la loro ala (poco) protettrice. Tra acrobazie e sbronze Stevie si sveste della timidezza , delle paure . Il ragazzo passa brevemente dal cutting e autolesionismo adolescenziale, ai primi approcci sessuali e ai primi “shut the fuck up” rivolti alla madre, (di)mostrando agli altri (e soprattutto al fratello) di essere pronto a fendere l’involucro della sua crisalide.
Un coming of age insomma. Come tanti altri, ma con una sincerità e una delicatezza che lasciano ben sperare in un Jonah Hill autore e regista prim’ancora che attore. Il Mid90s inteso come periodo storico offre una ben definita bisettrice tra il mainstream bruckheimeriano e una lista di autori indie a cui Jonah Hill si ispira neanche tanto velatamente. Parliamo di gente come Gregg Araki, Todd Solondz, Kevin Smith, Harmony Korine (c’è un suo cameo nel film e anche un’imminente collaborazione tra i due). Ma soprattutto in Mid90s, c’è tanto di Larry Clark. In particolare di quest’ultimo, il suo Kids (guarda caso del 1995), che sembra essere, per l’esordiente regista, una sorta di linea guida.
Ma Jonah Hill deve molto anche a Scorsese, per il quale ha recitato in The Wolf of Wall Street, Il suo idolo e mentore lo cita e ringrazia con uno spezzone di Goodfellas. Ma anche con quella vaga somiglianza tra il piccolo e ribelle Stevie e il personaggio di Ray Liotta, il giovane Henry Hill (guarda caso porta lo stesso cognome), di Quei Bravi Ragazzi, quando la madre, sapendolo intimo di pericolose amicizie gli urla: “You Look Like A Gangstar!”.
Nel film spiccano poi alcuni ficcanti “killer debate” come quello in cui i ragazzi parlano di parenti e di sesso orale, o come quello tra Stevie e il fratello, sulla vera indole della madre.
L’accompagnamento sonoro ha, per ovvie ragioni, un ruolo centrale nella pellicola. E allora Hill affida l’intimità a Trent Reznor e Atticus Ross (poco Nine Inch Nails e molto The Social Network OST), mentre la parte “action” ad una soundtrack che sembra uscita da una di quelle cassette che dovevi riavvolgere con la penna o anche un CD. Tanto il periodo di transizione è proprio quello. Quindi The Pixies, Morrissey, Herbie Hancock, ESG, Souls of Mischief, Nirvana, i già citati ATCQ e tanto hip hop anni 90.
Ma c’è un ultima cosa che non si può ignorare di questo film. Se ormai non sorprende più il bravissimo Lucas Hedges, tutti gli applausi questa volta vanno alla mostruosa interpretazione del piccolo Sunny Suljic. L’attorino, classe 2005, che ricorderete ne Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos e con lo stesso Jonah Hill in Don’t Worry di Gus Van Sant.