La vita del recensore di film indipendenti tricolori, si sa, è dura, molto dura. Capita di vedere spesso, troppo spesso, opere pessime, da tutti i punti di vista. Ancora più spesso ci si imbatte in opere tra il mediocre e il discreto, comunque opere, per quanto dignitose, prive di personalità. Ed esageratamente derivative dai triti e ritriti stilemi d’oltreoceano. Raramente si trovano buoni film italiani indipendenti a basso budget. Ma poi arrivano cose come ZOOSCHOOL…che ti riconciliano col cinema italiano. E ti fanno riaccendere la speranza, mai sopita, di veder rinascere il buon cinema di casa nostra.
ZOOSCHOOL è un lungometraggio del 2015 diretto da Andrea Tomaselli, ambientato quasi interamente in una scuola superiore dell’hinterland torinese. Si può ascrivere al genere drammatico, o meglio al disturbing drama. I venti minuti finali però sono da horror puro. E gli amanti del genere apprezzeranno molto. In particolare c’è un omicidio nei bagni della scuola durissimo e alquanto realistico. La trama: un giovane insegnante di sostegno cocainomane, frustrato a causa del laidissimo ambiente scolastico nel quale lavora, decide di fare una strage. E ci riesce: uccide la preside, un bel pò di colleghi e uno studente. Lo fa con una mazza, ma anche a mani nude, strozzando un’insegnante.
A proposito: la sequenza di questo omicidio è piena di pathos. L’insegnante, una donna piena di problemi e succube di uno studente bullo, incontra il killer all’interno della scuola, e invece di scappare lo abbraccia. Per qualche secondo tra i due personaggi, perdenti, sconfitti dalla vita, si crea una sorta di legame, di solidarietà. Un legame che si scioglie come neve al sole in un attimo, perchè la follia omicida dell’insegnante di sostegno prende rapidamente il sopravvento. Una follia omicida, quella dell’uomo, che non si ferma nemmeno di fronte agli studenti, da lui tanto amati e difesi dalle assurdità del sistema-scuola. Già, la scuola… in ZOOSCHOOL più che un luogo dove si educa sembra un campo di battaglia.
Un luogo dove non funziona nulla a causa dello Stato ma anche e soprattutto a causa degli insegnanti. La scuola come deleteria “palestra” dove esercitare, in modo barbaro e mafioso, l’esercizio del potere. Ma in questa opera cupa e senza speranza non si salva nessuno, nemmeno gli studenti. Risulta infatti insopportabile e ingiustificabile anche la figura del bullo, un ragazzino che sembra fregarsene di tutto, senza rispetto e senza empatia verso l’altro. Nemmeno i due studenti amici del compagno disabile si salvano. Quando si tratta di difendere i loro diritti di persone vessate dal corpo insegnanti non trovano il coraggio, e vigliaccamente accettano di essere bocciati pur di non andare contro i loro cosiddetti “educatori”. Nei due il ritratto di una generazione, quella attuale, sconfitta in partenza, che non ha il coraggio, la voglia e gli strumenti di lottare contro le storture del Sistema.
Tomaselli riesce a dare spessore anche alle figure secondarie, di contorno, come quelle della bidella campana e dell’insegnante sardo. Riguardo questi ultimi il rischio del “macchiettismo” e del trash era dietro l’angolo. E invece i due personaggi (grazie anche all’ottima interpretazione dei due attori), in bilico sul filo del ridicolo, risultano credibili, reali, tangibili nella loro viscida e bizzarra mediocrità quotidiana. Il protagonista, l’insegnante-killer, è interpretato da un maestoso (non esagero) Gabriele Ciavarra. L’attore riesce a dare, in modo perfettamente credibile, grandissimo spessore ad un personaggio molto complesso e sfaccettato. Indimenticabile anche la prova del comico Natalino Balasso, qui in un ruolo serio e alquanto particolare. Interpreta la parte del professore di ginnastica che ricatta sessualmente uno studente albanese.
Siamo di fronte ad un grande film, inutile negarlo. Un dramma che funziona sia come specchio del degrado della scuola pubblica italiana, sia come analisi impietosa e chirurgica dell’enorme stato di frustrazione delle persone che a scuola ci lavorano. E il finale, vivaddio, non è “a tarallucci e vino”, anzi. E’ coraggiosamente e insolitamente agli antipodi dell’happy ending. Un vero e ben assestato pugno nello stomaco, difficile da riassorbire.
Di imbarazzante, parlando di ZOOSCHOOL, c’è solo la miopia dei distributori italiani. Un film del genere sarebbe dovuto uscire in pompa magna sia al cinema che in BR e dvd. E invece niente, siamo alle solite: i distributori dovrebbero fare i pescivendoli, e i pescivendoli i distributori. Con questa “inversione professionale” le cose comunque non andrebbero bene, ma sicuramente andrebbero meglio.