C’è qualcosa di antico nel cinema di Alice Rohrwacher, una nostalgia arcaica, dove la realtà si fonde ad una visione romantica e quasi mistica della natura. Uno sguardo unico, dai temi e dal linguaggio riconoscibile. È un pezzo fondamentale del cinema italiano attuale, in piena continuità con il grande cinema autoriale del passato: da Olmi, a Pasolini a Fellini. Alice Rohrwacher è il più grande talento che abbiamo in Italia e per questo è molto più (ri)conosciuta come tale all’estero piuttosto che nel nostro paese.
Nel suo ultimo film (uscito il 23 novembre) La Chimera, racconta di un gruppo di Tombaroli sui generis, una compagnia sgangherata alla ricerca di antichi tesori etruschi ed altre meraviglie archeologiche.
La storia è ambientata negli anni ’80, in un paesino non ben definito tra Toscana, Umbria e Lazio e ha come protagonista lo stropicciato e malinconico Arthur (fantastico Josh O’Connor), ragazzo inglese, da lì “lo straniero”, a metà tra un archeologo e un rabdomante che dopo aver scontato una pena detentiva, ritrova la sua stravagante banda di tombaroli.
Arthur usa le sue abilità sovrannaturali nello scovare le antiche meraviglie, non per arricchirsi e fare soldi, piuttosto per trovare un modo nel mettersi in contatto con la sua amata Beniamina, la donna che amava, misteriosamente scomparsa. Per Arthur è lei la sua Chimera, quel filo rosso che tiene cucita la sua anima, l’appiglio a cui aggrapparsi per tornare in superfice dalle profondità della terra. In questo contesto, sospeso tra sogno e realtà, tra boschi e città si muovono i personaggi del film, tutti alla ricerca della loro personale Chimera: che sia ricchezza o amore.
Un’estetica fatta con la materia del sogno e della memoria
La Chimera è un film di opposti: giorno e notte, sogno e veglia, suolo e sottosuolo, sacro e profano, visibile ed invisibile, i legami tra la vita e la morte si fondono insieme in un equilibrio sottile e labile come un filo rosso. Nell’unire questi opposti, nel dare omogeneità a ciò che è disomogeneo, a dare un ordine al caos, Alice Rohrwacher crea un’estetica fatta con la materia del sogno e della memoria, facendo sua la lezione di grandi come Pasolini e Fellini.
La storia della Chimera è una storia densa e stratificata, c’è di tutto e di più: il mondo agricolo e povero, la terra e gli scavi, ma anche luoghi di squallida modernità, le industrie e le discariche. E se è vero che tornano volti e suggestioni a cui la regista dalle Meraviglie in poi ci ha abituato, il racconto stavolta è talmente ricco e complesso da spingerci al di là del suo stesso cinema.
I temi e le denunce sono molteplici: dal saccheggio del territorio, all’incuria in cui sono lasciati i beni archeologici, dal mercato illegale dell’arte, alla logica del capitalismo che tutto divora e sfrutta fino a far collassare la terra.
Inaccessibile, timido, fragile, iroso e malinconico, l’Arthur di Josh O’Connor è un rabdomante di anime, che vaga costantemente, alla ricerca del suo posto in questo o nell’altro mondo. I momenti di rivelazione rabdomante sono vissuti da Arthur con spiritualità travolgente. La macchina da presa segue questi momenti sincopati roteando su sé stessa, conducendoci lentamente verso un capovolgimento totale della prospettiva. Nel punto nevralgico della storia, la compagnia di tombaroli trova una tomba intatta, al cui interno giace una statua etrusca bellissima, perfettamente preservata per oltre 2000 anni.
In un mondo in bilico tra campagna selvaggia e centri urbani, l’oggetto più splendido e prezioso è sepolto in una spiaggia sporca, contaminata dai rifiuti tossici, con alle spalle un enorme fabbrica. La statua stessa fungerà da forza propulsiva per un evento catartico, che segnerà nel profondo l’anima dello Straniero. E quando anche la bellezza della statua verrà contaminata – dal denaro, dal mercato d’arte, dalle mani sporche degli altri – per Arthur non ci sarà altro da fare che lasciarsi andare all’inerzia, alla stanchezza, alla bruttezza.
La bellezza sembra suggerirci la Rohrwacher, non è più possibile se non nelle profondità della terra. Nella riscoperta di un mondo arcaico e perduto. Nella nostra memoria, nei sogni, nei legami – che come dice la regista – sono come radici che diventano foreste.
Una miriade di temi, per un film che si, a volte rischia di piegarsi su sé stesso ma che è sempre controllato. Una splendida confusione. Se ci si pensa La Chimera stessa è una Chimera. Un magnifico film utopistico e punk.
La Chimera è uscita al cinema il 23 Novembre e come tutti i film d’Autore ha avuto una distribuzione limitata, circa un centinaio di sale in tutta la penisola. Dopo una settimana dall’uscita queste sale sono dimezzate e trovarlo, anche nelle grandi città, è diventato più difficile. Nelle ultime settimane ha sollevato un caso un video spontaneo e divertente in cui la Rohrwacher e O’Connor esortavano gli esercenti ad aumentare le copie e il pubblico ad andare al cinema. Il video ha funzionato, il passaparola è aumentato e La Chimera è ancora salda nella top 10 del box office italiano con circa 600.000€ di incasso con sale in aumento (dati Cinetel).
Un messaggio da parte di Alice Rohrwacher e Josh O’Connor per tutti coloro che non sono ancora riusciti a vedere 'La Chimera'. pic.twitter.com/TyemhfOETm
— Rebelle Vague (@rebellevague) December 2, 2023
Qualcuno ha urlato al miracolo, soprattutto per il box office. No, non è un miracolo. Anche se non sembra vista la natura piccola del film, La Chimera è costato più di 9 milioni, un budget ragguardevole per un’opera così autoriale che la porta ad essere tra i film italiani più costosi dell’anno. Per rendere l’idea l’ultimo film di Sollima, Adagio, pieno di star, scene d’azione e post produzione è costato 11 milioni.
La Chimera come quasi tutto il grande cinema d’autore e d’avanguardia europeo è prodotto in perdita, attraverso una serie di fondi pubblici e bandi ed essendo una co-produzione Italiana, Francese e Svizzera, attinge a fondi di diversi paesi, dimezzando così il rischio finanziario. Per i film d’autore così poi ci sono i festival internazionali (La Chimera, come tutti i film di Alice Rohrwacher, è stato presentato a Cannes), le distribuzioni internazionali. L’economia di un film d’autore quindi, non si basa solo sul successo in sala.
Guardando al mero risultato del box office quindi no, La Chimera non è un miracolo. È un miracolo questo si, che un film del genere di una regista che fa un cinema così riconoscibile e personale, resista per quasi un mese all’interno della top 10 del box office italiano. Alice Rohrwacher è la più importante regista italiana che c’è nel mondo e forse finalmente ce ne stiamo accorgendo anche in Italia.