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Guardare Donnie Darko a 30 anni

Donnie Darko

Senza scomodare troppo la quantistica, sappiamo come la realtà osservata sia influenzata dall’osservatore stesso. O ancora più semplicemente,

Come cambia lo stesso film quando cambia lo spettatore?

Da adolescente vedi Donnie Darko al cinema e ne resti ammutolito, turbato.

Citando un’altra pellicola meritevole: Qualcosa mi ha disturbato, non so bene cosa, ma qualcosa mi ha disturbato.

In senso buono, si intende: Donnie Darko scuote l’animo e riflette il lato oscuro di chi osserva. Al di là della fascinazione fanta-scientifica, tra loop temporali e solo apparentemente facili frasi ad effetto, la storia di Donnie è un coming of age che estremizza, tramite gli occhi di un adolescente con disturbi mentali, la profonda solitudine data dall’assenza di certezze tipiche di un’età in cui si è alla ricerca della costruzione di sé, della propria stabilità emotiva e di figure di riferimento.

La particolarità di Donnie lo rende impossibilitato a trovare un adulto-guida che lo possa davvero aiutare e comprendersi, sia esso il professore, la psicologa; figurarsi i propri genitori. Persino l’empatia con chi è nella sua stessa situazione – il diverso, l’alienato come Cherita – non ne migliora lo stato. In questa chiave di lettura, Donnie Darko è giustamente diventato cult in quanto rappresentazione universale di quanto oscuro abbiamo dentro quando uomini ancora non siamo; interi siti e dibattiti sui significati letterali della trama ne sono solo un contorno.

Come cambia tutto questo dopo i trent’anni, ripescando il film in streaming, magari bevendo una tisana mentre prepari la borsa d’acqua calda per andare a letto?

C’è forse una accresciuta consapevolezza di quanto sopra, ma di certo l’alone di mistero dato da wormhole e l’emozione di alcune scene viene purtroppo perso per strada. Resta la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di potente, ma l’attenzione potrebbe essere distolta da alcuni elementi di disturbo, uno su tutti:

Il tempo.

Jake Gyllenhaal era proprio un ragazzino! Certo che la sorella è invecchiata male. Ma chi se lo ricordava che uno dei bulli era Seth Rogen?; e povero Patrick Swayze.
Certo che se avevi la pistola a papà, potevi far sporcare i pantaloni a quel cazzone col coltello invece di bucare Frank.
Ma sai che gran topa che è diventata la sorellina di Donnie Darko?
Mentre la  ragazzina problematica oggi è diventata la musa di Refn…

Il tempo non toglie valore all’opera, ma l’osservatore è cambiato e a una visione così tardiva non può esserci lo stesso coinvolgimento di quel non più bambino, non ancora uomo che di ritorno dal cinema a casa restò spiazzato sul letto, il cervello bombardato dagli impulsi del grande schermo, senza le idee chiare né su quanto avesse visto, né sul perché ne fosse così colpito.

Il tempo si è portato via qualcosa, e questa non è certo una colpa del film; bensì una lezione nel saper godere il momento, e riconoscere come il giudizio e le emozioni trasmesse da un mezzo possano cambiare.

D’altronde, tutta la generazione ’80 è uscita dalla sala sorridendo di fronte a chi è stato capace di portare enormi robot trasformabili su schermo. Li avete mica rivisti quei film? C’è un’età per idolatrare Micheal Bay, e una in cui si può vede Six Underground skippando le scene perchè il tuo cervello ne ha abbastanza di esplosioni.

L’importante è essere ancora capaci di emozionarsi.

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Direttore e Fondatore

Il lavoro e la vecchiaia incombono, ma da quando ho memoria mi spacco di film di fantascienza, dove viaggio di testa fino a perdermi, e salto in piedi sul divano per dei tizi che si menano o sparano alla gente come fossero birilli. Addolorato dalla piaga del PG­13, non ho più i nervi per gli horror: quelli li lascio al collega, io sono il vostro uomo per scifi, azione e film di pistolotti metacinema/mental/cose di finali tripli.