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Prima del Ghibli: Il castello di Cagliostro di Hayao Miyazaki

Non tutti coloro che conoscono e apprezzano l’opera dello Studio Ghibli sanno che i due fondatori, i due Maestri dell’animazione giapponese, Isao Takahata e Hayao Miyazaki, erano dei nomi piuttosto conosciuti già prima della fondazione del leggendario studio. Entrambi, infatti, lavoravano già alla Toei Animation. Quest’ultimo è uno studio celeberrimo che ha prodotto alcuni degli anime più famosi e conosciuti di sempre, tra i quali L’uomo tigre, Ken il guerriero, Dragon Ball e molti, molti altri. Proprio quando era con la Toei, il Maestro Miyazaki ha lavorato alla serie de Le avventure di Lupin III e, in seguito, ha debuttato alla regia di un lungometraggio, dirigendo il secondo film dedicato al celeberrimo ladro, Il castello di Cagliostro. Miyazaki non era molto contento del modus operandi della Toei, che era ancora radicata nella concezione di animazione indirizzata principalmente ad un pubblico più giovane, mantenendo dei toni più leggeri e meno impegnativi e, proprio per questo, deciderà in seguito di fondare lo Studio Ghibli, affiancato dal collega e mentore Takahata. Ma prima di poter lavorare seguendo le proprie rivoluzionarie e geniali idee, Miyazaki-san è riuscito comunque a mettere in mostra le sue immense capacità con questo suo primo lungometraggio.

Lupin III, dopo aver rubato del denaro dal Casinò di Montecarlo, coadiuvato dal fidato Jigen, scopre che le banconote sono degli ottimi falsi, realizzati nell’Arciducato di Cagliostro. Decide così di recarsi dove quelle banconote vengono prodotte e, in seguito all’incontro con Clarisse, promessa sposa del Conte di Cagliostro, di cui è una lontana parente, decide di salvarla dall’orrendo promesso sposo, che la vuole sposare solo per l’anello che la ragazza porta sempre con sé, chiave per un misterioso segreto del castello.

Il secondo incontro tra Lupin III e Clarisse.

Questo film è ben lontano dalla perfezione tecnica e formale che il Maestro raggiungerà con i suoi capolavori dello Studio Ghibli, come La città incantata e La principessa Mononoke. Talvolta, i disegni de Il castello di Cagliostro, soprattutto nei campi lunghissimi, sono molto poco definiti e confusi, specialmente quelli degli esseri umani. L’animazione è a tratti poco fluida e, infatti, in alcune scene i fotogrammi si possono contare sulle dita di una mano. Nonostante ciò, comunque, la regia di Miyazaki non delude e, anzi, eccita lo spettatore, che riesce a gasarsi e a provare tensione, grazie non tanto (o meglio, non solo) alla storia ma al ritmo che il regista riesce a darle, merito anche di un montaggio eccellente che rispecchia alla perfezione la concitazione o la quiete delle varie situazioni.

Pur mantenendo dei toni leggeri, gli stessi che hanno sempre caratterizzato il personaggio di Lupin III, soddisfacendo quindi il volere della Toei Animation, Miyazaki riesce a mettere in scena una lotta non tra bene e male, come accade solitamente nei prodotti rivolti ad un pubblico più giovane, ma tra due umanità che si completano nella rispettiva imperfezione. Questo risulta evidente ad uno spettatore più maturo sin dalla primissima sequenza. Un ladro viene gabbato da un altro malvivente, un falsario, che è a sua volta una sorta di ladro. Due uomini che non incarnano alcun valore assoluto ma sono un coacervo di imperfezioni e contraddizioni, Lupin e il Conte sono due personaggi moralmente negativi ma molto diversi: il primo suscita simpatia, il secondo, nonostante che sia un galantuomo, è quasi inquietante. Mentre il Conte è un essere calcolatore e freddo, Lupin è invece un bambinone e, per questo, risulta essere un personaggio positivo. L’avventura che Lupin vive è causata dal proprio atteggiamento infantile: come un ragazzino, infatti, vede la sconfitta iniziale (ovvero la scoperta della falsità del denaro rubato) come lo stimolo per una nuova missione, che affronta sempre in modo leggero e spensierato, esattamente come un bambino. Proprio questo suo modus essendi fa sì che l’ispettore Zenigata, uno dei personaggi più memorabili dell’animazione giapponese, per quanto mi riguarda, non riesca mai ad avere la meglio sul suo acerrimo rivale. Zenigata è un uomo adulto, maturo. E, lo sappiamo tutti, quando un adulto “combatte” contro un bambino, il bambino ha sempre la meglio. Sempre.

Il Conte di Cagliostro.

Come sarà tipico dei film dello Studio Ghibli, almeno di quelli principali, anche ne Il castello di Cagliostro la caratterizzazione dei personaggi è mostruosamente più profonda rispetto a quanto accadeva nelle opere d’animazione dell’epoca. Peculiarità fondamentale del cinema di Miyazaki, tra le altre, è infatti quella di rendere reali anche i personaggi di contorno, animandoli singolarmente o, comunque, facendo assumere loro ognuno la propria posa, anche nelle scene più ricche di personaggi. Un esempio perfetto di questa caratteristica, tratto da un altro film del Maestro, è la scena al cinema di Porco Rosso: ogni singolo spettatore ha una reazione differente a ciò che sta vedendo, rendendo ognuno di loro, pur essendo assolutamente inutili ai fini della trama e non avendo alcuna interazione con i personaggi principali, estremamente profondo.

Non vorrei prolungarmi oltre in questo articolo, per evitare il rischio di renderla una monografia sul Genio dell’animazione, dunque vorrei chiudere con il pensiero di un registucolo qualunque circa Il castello di Cagliostro: “Il più grande film d’avventura mai realizzato”. Come? Vi state chiedendo chi l’abbia detto? Un certo signor Steven Spielberg.