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FEFF22: Dance with me – la recensione

Un musical che cerca di ribaltare gli stereotipi del genere, in parte riuscendoci.

Trovi assurdi i musical e non digerisci le storie romantiche con lo scontato lieto fine? Allora perché non dare una possibilità a Dance with me (Giappone 2019)? Scritto e diretto da Yaguchi Shinobu, si tratta di un musical che non si prende troppo sul serio e che non finisce con il “e vissero per sempre felici e contenti”.

In Dance with me la protagonista Suzuki Shizuka (interpretata da Miyoshi Ayaka) è una giovane donna che lavora per la più importante azienda giapponese. La sua carriera sta andando a gonfie vele, come dimostra la nuova collaborazione col bel Murakami, e niente sembra poter andare storto. Certo, Shizuka lavora anche di notte e nei weekend, i suoi rapporti con le colleghe sono solo di facciata e la sua casa è immersa nel disordine più totale, ma cos’altro si può pretendere dalla vita se non un lavoro ben pagato e un appartamento di lusso?

I problemi – perché per una buona storia servono sempre dei problemi – iniziano quando Shizuka porta la propria nipote a una fiera. Qui incontra un finto mago, altresì noto con l’altisonante nome di “ciarlatano”, cui si rivolge perché la nipote ottenga successo nel musical scolastico. Il mago fallisce, com’è ovvio, nell’ipnotizzare la nipote, ma riesce – a dispetto di ogni previsione – a rendere Shizuka un’ottima ballerina e cantante. In qualsiasi situazione si trovi, per lei sarà letteralmente impossibile non danzare a ritmo della musica.

Questa trasformazione darà vita a esilaranti episodi che rischieranno di mettere a repentaglio la carriera ben avviata di Shizuka. L’unica soluzione è partire per un viaggio on the road alla ricerca del mago. Quali altri ostacoli potrà trovare Shizuka sulla strada?

Le musiche e le coreografie sono il punto forte di Dance with me.

Ben realizzate e divertenti, rimangono impresse nella mente dello spettatore, che peraltro può facilmente apprezzare le situazioni paradossali in cui Shizuka dà vita ai propri balli. Memorabile la scena in cui la protagonista, a cena col proprio capo, improvvisa un divertente musical tra i tavoli del ristorante.

Gli stereotipi tipici della commedia romantica vengono ribaltati, come dimostra il momento del bacio tra la protagonista e l’aitante Murakami, la cui prevedibilità viene spazzata via dall’ahimè normalissimo e imbarazzante brontolio di una pancia vuota.

Il pretesto narrativo dell’ipnosi è un ottimo espediente per offrire un tocco di originalità e freschezza al genere del musical, forse sentito come agli sgoccioli dai registi che se ne sono occupati in questi ultimi anni (lo straordinario successo di Damien Chazelle con La la land lo dimostra bene).

Allo stesso tempo, l’idea non viene sviluppata fino in fondo e resta solo quello che è, cioè niente più che un pretesto. La trovata dell’ipnosi è utilizzata più al fine di rendere credibile la situazione di gente che inizia a ballare e cantare nel bel mezzo di un ufficio, e meno per creare una vera e propria narrazione. Un vero peccato per un film comunque godibile ma che perde tanto per la mancanza di una sceneggiatura più coraggiosa e coerente.

Dance with me riesce invece bene a sviluppare il personaggio di Shizuka e a portare avanti la sua storia di riscatto.

Shizuka è infatti bloccata in una vita perfetta solo all’apparenza. L’esperienza con la musica le permetterà di fare pace coi fantasmi del passato e di trovare il coraggio per compiere scelte fuori dagli schemi.

Lasciare la sicurezza del noioso “posto fisso” e inseguire i propri sogni non saranno più, per Shizuka, assurdi propositi possibili solo nei film. E di questo bisogna rendere merito a Dance with me che, più di tutti gli altri film del FEFF22, ben esemplifica l’opportunità che ognuno di noi ha di rendere la propria vita un’eccentrica e irresistibile commedia.

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Quando avevo sei anni e la maestra mi fece la classica domanda: "E tu, da grande, cosa vuoi fare?", la mia risposta fu, con tutto l'entusiasmo che avevo in me, "cinema, ovviamente!". Due minuti dopo scoprii, con mia grande delusione, che "cinema" non veniva considerato dagli adulti qualcosa che io potessi fare. E nemmeno un hobby troppo serio, a dirla tutta. Proprio per dimostrare il contrario (o forse per confortare la tesi della non serietà?) oggi sono qui, a scrivere per JAMovie. Che film prediligo? Non disdegno nulla, ma in particolare sono quella che scrive di film sconosciuti a tutti, a volte persino ai registi stessi, che pensavano di aver girato una pubblicità di biscotti e invece io ritrovo nel loro lavoro una riflessione sull'unità familiare nel meraviglioso momento del risveglio del XXI secolo. Le pubblicità, però, le lascio volentieri a qualcun altro. Qui mi occupo di film outsider, recensioni e approfondimenti. Tutti per voi!