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Dante – La Recensione

Pupi Avati ritorna al cinema con un film su Dante, ispirato al libro di Giovanni Boccaccio Trattatello in laude di Dante.
La vita del sommo poeta viene illustrata e raccontata attraverso le emozioni e i sentimenti di un suo fedele ammiratore ossia Boccaccio.

A rivestire i panni del precursore di Dante, del grande novelliere, è Sergio Castellitto, non nuovo in queste interpretazioni di personaggi storici.
Lo ricordiamo in Il cattivo poeta in cui interpreta Gabriele D’Annunzio (2020), Padre Pio (2000) nelle vesti del santo di Pietralcina ed infine Ferrari (2003), dove ripercorre la storia di Enzo Ferrari fondatore della famosa scuderia modenese.

Pupi Avati non poteva scegliere attore migliore per un Boccaccio anziano, malinconico e desideroso di ricongiungersi alla parte più profonda di sé, un viaggio che non è solo riparatorio di vecchie colpe dei fiorentini nei confronti di Dante, ma è un percorso interiore verso l’amore per la scrittura, verso l’origine della poesia.
Boccaccio non intraprende questo viaggio da solo, lo spettatore partecipa alla ricostruzione della vita del poeta che più di tutti è intrisa nella nostra storia, nel nostro quotidiano.
La sensazione del vecchio viaggiatore è quella di sentirsi orfano e come tale avverte il bisogno di cercare la sua fonte primaria di ispirazione, il suo esempio, il padre che lo ha istruito alla vita poetica.

Nel ruolo di Dante troviamo il giovane attore Alessandro Sperduti che nel 2016 si è distinto nell’interpretazione della serie I medici nel ruolo di Piero de’ Medici, mentre Beatrice è Carlotta Gamba, volto angelico e delicato, che nonostante la giovane età poco più che ventenne ha già avuto diverse esperienze soprattutto in ambito teatrale.

É un film colmo di emozioni, di diversa natura, tutte quelle che un umano può provare sono racchiuse in un film.
Pupi Avati utilizza le sole immagini per descriverle, poche parole, tutto è lasciato agli sguardi degli attori ed a quello dello spettatore che sembra proiettato nello schermo fino a sentire, a ricordare scorci di sensazioni già rivissute.

Attraverso la storia di Dante, ritroviamo l’amore che trapela dagli occhi degli giovani protagonisti,  un primo piano sui volti di Beatrice e di Dante così desiderosi l’uno dell’altro a ricordarci che all’amore a volte basta un solo sguardo.
Un semplice gioco di sguardi per trasformare una donna in musa, colei che accompagnerà Dante in tutta la sua vita.
Un amore profondo, platonico, che potremmo definire divino, non è un caso che Dante posizioni Beatrice come guida spirituale nel canto del Paradiso, ultima parte della sua opera maggiore ossia La Divina Commedia.

In questo film Dante appare in tutte le sue fragilità, nelle sue sofferenze per la perdita precoce della sua amata Beatrice, ma anche per il suo migliore amico Guido Cavalcanti.
Un uomo deluso dalla politica e dalla sua Firenze, che lo esula condannandolo ad una vita da fuggiasco in cerca di protezione. Dante allora racchiude in un’unica opera tutto se stesso, le sue esperienze affinché possa servire a riscattarlo, questo non accadrà, ma in compenso Dante lascerà ai posteri un’opera che cambierà per sempre le sorti della cultura e renderà il suo nome immortale.

Tutto è racchiuso in una frase che ricorre più volte nel film: Lui conosceva il nome di tutte le stelle, in cui si esprime tutta la sua grandezza, come se fosse il solo detentore di una conoscenza che va al di là del mondo sublunare fino a toccare la perfezione. Questo si evince in particolare nella commovente scena in cui Boccaccio incontra finalmente la figlia di Dante, una suora ormai anziana rinchiusa in un monastero di Ravenna.
Boccaccio realizza il sogno di una vita, una parte di Dante è lì davanti a lui, attraverso i suoi occhi può vedere il suo maestro, può ringraziarlo per averlo reso ciò che è diventato.

Le conclusioni

Un film che omaggia la nostra storia, la nostra cultura, la lingua italiana attraverso uno dei suoi padri fondatori a cui tutti siamo inevitabilmente legati, ma non solo, l’incontro di Boccaccio con la figlia di Dante sembra quasi un gesto di riconciliazione con il passato, un voler chiedere scusa da parte non solo dei fiorentini, ma di un’intera nazione che dopo secoli fa i conti con l’ingiusta condanna ai danni del suo maggiore esponente culturale.
Questa pellicola è intrisa di poesia, in ogni fotogramma traspare l’azione poetica, troviamo il giusto equilibrio tra la poiesis (invenzione) e il kinemata (movimento), il cinema in questo caso diventa espressione stessa della poesia, in cui Dante rivive attraverso immagini e citazioni che trasportano lo spettatore in un vortice di sublimazione poetica.

Articolo a cura di Maria Rosa Carotenuto