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Il cinema di Davide Scovazzo: 4 chiacchiere col Maestro

INTERVISTA A DAVIDE SCOVAZZO

Buongiorno Davide! Solita domandina banale per rompere il ghiaccio…come è nata la tua passione per il cinema?

Non è assolutamente banale, tant’è vero che non so come risponderti……il cinema horror è stato un riscoprire le mie radici e i miei amori d’infanzia, dai tempi in cui tornavo dal mare con la pizza al taglio e la sera guardavo ZIO TIBIA PICTURE SHOW, o dell’esperienza per me realmente mistica di quando finalmente mi veniva la febbre (in tempi non sospetti, ancora vergini da cellulari e social network) allora stavo a casa da scuola e mi rintanavo sotto il piumone per guardare SHINING (che, negli anni, anche se faccio – e vorrei vedere! – cose molto diverse, è rimasto il mio film di culto) in gloriosa vhs, appunto gli antichi polverosi videonoleggi che si spalancavano a me come veri e propri paesi dei balocchi pieni di oscuri tesori del cinema…..e spaziavo un po’ da tutto, dai film di kung fu cinesi anni ’70 a Luciano Salce (che, secondo me, insieme a Elio Petri, Fulci e Pasquale Festa Campanile, è il regista più sottovalutato della storia d’Italia), da Bunuel a Vanzina (che tutti odiano non avendo visto i suoi film, scambiandolo per Oldoini o Neri Parenti), da Arrabal a VENERDI 13 (sempre preferito Jason a Freddy, non c’è paragone), a Richard Kern, a Tomas Milian e Bombolo, a John Waters, ai Giancattivi, a horror introvabili dimenticati (chi ricorda per esempio POPCORN di Alan Ormsby -credo- o ORK di John Carl Buechler? Anche il filone zombi…..ok Romero e, che so, Dan O’Bannon, ma se ti dicessi Charles McCrann? Eppure il suo è per me uno dei più intriganti zombi-movie di sempre, ed era bello scoprirlo da bambino, in nastri mangiucchiati e stiracchiati coperti di polvere lasciati lì mezzi non riavvolti e non affittati da nessuno da anni)……non sono assolutamente un cinefilo (sono letteralmente allergico al western e a buona parte della nouvelle vague) ma sono, e soprattutto sono stato, abbastanza schizofrenicamente onnivoro, e quindi eccomi qua. Figlio di tanti cattivi maestri. Siamo quello che mangiamo. Quella è stata la mia università.

La passione per il cinema ti fa conseguire la laurea al Dams. Quanto hanno influito gli studi nella tua carriera di regista?

Assolutamente niente. Non è questione di essere ingrato, ma di dire la verità. Mi sono laureato in “Produzione e Realizzazione di un Video a Soggetto” con un Esimio Chiarissimo Docente che la mia tesi neanche l’ha letta, te la gabellano come facoltà professionalizzante ma alla fine ti ritrovi come nauseato da un immenso happy hour privo di un piatto forte in cui hai spizzicato di qua e di là ma non riesci a ricordare che cos’hai mangiato. E’ come avere appesa alla parete di casa una laurea che attesta che tu sia un chirurgo ma non aver mai sezionato un cadavere. Puro fumo negli occhi. Consiglio davvero ai figli dei miei amici di NON andarci. Poi oh, questa è la mia esperienza personale, parlo per me. Certo, all’università ho conosciuto qualche professionista del cinema, amici, mentori, qualche collaboratore e il mio attore-feticcio, ma lì avrei dovuto imparare un mestiere, non conoscere gente che avrei potuto incontrare anche al bar.

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A livello professionale fai una notevole gavetta nei videoclip, come aiuto regista, coautore e assistente alla produzione. Lavori anche con Marcello Cesena e Lorenzo Vignolo. Ci puoi raccontare di queste tue esperienze?

Non è mica poi tanto notevole…..come aiuto regista e assistente di produzione ero abbastanza scarso, mi consola il fatto che anche Nanni Moretti lo fosse. Troppo poco “sachlich” e troppo arzigogolato di testa, anche se farmi il mazzo non mi spaventa e stare a contatto con i “pro” studiando come lavorano insegna sempre molto, non tanto a livello di stile, ma di tempistiche e di fabbisogni. Vai a lavorare con i muratori prima di permetterti di fare l’architetto. Almeno poi sai di cosa parli. Con Cesena ho lavorato poco, si trattava di episodi per MAI DIRE GOL della Gialappa’s Band, ma io facevo da avvolgicavi, scrivigobbi e reggipolistiroli. Lo ricordo come un gran Signore, ironico e dai modi affettati. Non mi è mai piaciuta granché la sua comicità, che trovo un po’ esagerata e fuori tempo, ma lo considero un gran professionista con la rara dote dell’educazione. Lo stesso vale per Vignolo, per cui ho lavorato in alcuni videoclip interessanti (Meganoidi, Numero 6 con Fausto Paravidino, Missbit con Andy dei Bluvertigo…) uno dei pochi registi (come del resto attori, modelle, fotografi…) che possono dire di fare DAVVERO questo mestiere, e dimostra che si può farlo mantenendo i piedi per terra, rimanendo una persona mite e senza diventare per forza dei tronfi pezzi di merda come il cliché sembra prevedere. Non ho lavorato con lui ai suoi lunghi, ma, da quanto ricordo, sul set sembra sempre improvvisare, a molti sembra non sapere lui stesso cosa sta per fare nell’inquadratura dopo, mentre invece è il suo modo di “danzare” nella sua regia avendo invece una visione fin troppo chirurgica di quello che vuole, ed è un bene. Poi sì, mi sono sempre arrabattato (si dice in italiano?) tra cortometraggi di amici e non, documentari, sempre come assistente di produzione, edizione, aiuto, ecc, diciamo come “spegassìn” (questo in italiano non si dice…..).

Non solo il cinema, ma anche la musica ha un ruolo importante nella tua vita…

Mai suonata una nota in vita mia. Intendi dire che hai visto su Facebook le mie foto da giovane in cui ero un dark – gothic – glammettaro tutto capelli lunghi, borchie, trucco, croci e drappi leopardati? Ebbene sì, lo ammetto. Uso ancora la t-shirt dei Bauhaus, non solo come pigiamone per stare in casa.

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Tra il 2005 e il 2007 partecipi a due importanti seminari. Ce ne vuoi parlare?

Dove si insegna raramente è anche dove si impara. Ero come uno spermatozoo che stava cercando, in tutti i modi e attraverso tutte le strade, una via, “la via”, per entrare “nell’ovulo”. Non ho nulla di negativo da dire circa quelle esperienze, e in effetti nemmeno nulla di particolarmente positivo. Un minimo di formazione mi è stata data, ci mancherebbe. Soprattutto, lì impari “chi conta” e “chi non conta”, e tante malizie che, se fossi molto meno puro e molto più intelligente, avrei messo in pratica. Se non altro alla fine sai quello che non sai.

Tornando indietro nel tempo, il tuo primo cortometraggio è PINK FILM, che vince subito un premio importante…

Aaaah, che meraviglia…..lì era proprio la Gioventù, sai quando cominci, non sapendo nemmeno da dove, con una purezza quasi ingenua, volendoci “mettere dentro tutto”, con un approccio teneramente punk, non sapendo, eventualmente avessi voluto farlo – cosa che non era – quali culi avrei dovuto leccare….. ho riunito un’armata Brancaleone che vedeva alla fotografia l’oggi celebratissimo Lucio Basadonne, caro amico che oggi sta meritatamente furoreggiando col suo documentario “neohippy” UNLEARNING, che curava la parte “tecnica”, un po’ di deliziosi freaks locali “promossi” ad attori e per la prima volta ho lavorato con un bizzarro individuo che vedevo all’università e che avevo un po’ di timidezza ad approcciare, ma poi l’ho fatto perché mi incuriosiva troppo, poiché la sua immagine oscillava tra il clochard, il serial killer, il disadattato e il mondano, l’angelo e il pierrot, il bellissimo e spelacchiato Enrico Luly. Il resto, diciamo, è Storia.

Nel 2004 giri DOMENICA, corto che non ho mai visto…

Meno male

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L’anno dopo è il momento di BLA BLA BLA BLA, che co-dirigi con Tony Sbarbaro. Anche qui una pioggia di premi!

Tony Sbarbaro è un Genio nell’accezione più pura del termine. Conobbi il suo manicomiale lavoro (a metà tra Svankmajer e Antonio Rezza , animazione a passo uno nella sua concezione più fieramente artigianale) al glorioso VideoPuntoZero di Torino, misi a perdere i gestori per conoscerlo. Deluso dall’esperienza di DOMENICA, ho voluto fare l’esatto contrario: anarchia pura, senza più le mani legate, teatro dell’assurdo filmato, esplosione cromatica delirante e super-satura, lì “comandavo di nuovo io” (brutto termine, preferirei dire “ero di nuovo libero”) e ho scelto la totale follia, mettendo insieme Sarah Kane e Cinico TV, Ionesco e Casa Vianello, deliri miei e l’animazione di Sbarbaro, impianto da sit-com e Apocalisse. Un lavoro molto giovan(il)e, che ora non rifarei, ma che è stato molto liberatorio.  Molti, guardandolo, hanno avuto l’impressione di non aver visto nulla, come fosse “non pervenuto” pur essendo passato davanti ai loro occhi, da quanto era “strano”, altri ci hanno visto qualcosa di geniale (in effetti ha girato molti festivals, con ottimi riscontri). La cosa meravigliosa è che io e Sbarbaro ci siamo dati la regola di non dirci l’un l’altro quali sarebbero stati i dialoghi e le azioni dei nostri personaggi, cosicché quello che è venuto fuori è un patchwork assolutamente casuale e libero, che ha vinto il Primo Premio al Bizzarro Film Festival (festival concernente tematiche sessuali, BDSM e Fetish) pur non avendo ASSOLUTAMENTE NIENTE di erotico e che al Video Festival di Imperia ha vinto il “Premio Miglior Soggetto”. Interessante per un film che dichiaratamente NON HA un soggetto.

2007: PINK FOREVER, con l’immenso Enrico Luly…

Passo più lungo della gamba. Da rivalutare in parte. Devo ancora fare pace con quel film, con quel tipo di cinema. Dura troppo (23′) e risente della mia smania di infilarci troppo di tutto. Avevamo più mezzi (carrelli, steady, jib, furgoni, duemila locations…..), volevo fare un kolossalone all’interno del mondo del corto. Ha buone inquadrature e una certa ricerca nello stile, gli riconosco momenti di valore, però ho gestito non bene la performance di Dea Starshine (colei che ora si fa chiamare “La Diva Del Tubo” e, in quest’epoca di post-trash e di cortocircuito mediatico, spopola sul web come fidanzata di Andrea Diprè in video – che forse vogliono essere “post-erotici”? Scusate se uso troppo spesso il termine “post”, ma ho abbastanza difficoltà a mettere a fuoco, pur sospendendo chiaramente ogni giudizio personale o morale – in cui gli strizza le palle e lo umilia in vari modi, ha miliardi di “followers” e di “haters”, per esprimermi in questo lessico che mi vede fieramente alieno), puntavo (anche) al suo pubblico ma qualcosa non ha funzionato. Svastiche, camicie di forza, glamour volutamente becero e architetture industriali abbandonate, insomma, come Tognazzi con il paté in “La Grande Abbuffata”, troppi ingredienti hanno reso indigesta la zuppa. Volevo fare al contempo il cinema di Nick Zedd e di Alessandro Benvenuti, ho chiesto troppo a me stesso. Forse ci voleva una sceneggiatura più compatta. Restano un’ottima prova di Enrico Luly, il breve ruolo della bravissima attrice romana Chiara Pavoni, scenografie fighissime, il ricordo di un set molto articolato e la mia prima collaborazione con l’autenticamente leggendario Johnson Righeira.

Il 2011 è un anno importante, quello di DURANTE LA MORTE, un cortometraggio (a mio parere uno dei tuoi migliori lavori) che ti fa vincere ancora premi, finisce in tv e ti dà un bel po’ di visibilità nell’underground e oltre…

Per il mio “corto della maturità”, sono tornato alla base, ovvero all’assoluta immaturità. L’Horror. Dopo la classica abbuffata di Ernst Lubitsch e Jean Vigo dell’università e anni di lavoro come impiegato commerciale e amministrativo a Milano, quasi neanche ci pensavo più al cinema, un giorno mi sono ritrovato in mano un numero di Nocturno e mi si è ri-spalancato un mondo, come riguardare dopo secoli antiche foto dimenticate in un baule tra le ragnatele…..ho deciso di tornare alla base di ciò che amo del Cinema, l’intrattenimento, meno testa e più pancia, niente più lunghi e complessi arzigogoli surrealisti, ma un “gioiellino”, una bomboniera, asciutta e dritta al punto, e poi diciamoci la verità, il pubblico dell’horror è più caloroso e sincero del pubblico “nasino” dei festival generalisti, come una platea di fan dell’heavy metal al posto di avvizzite vecchiette che plaudono compostamente un quartetto d’archi, e poi (come spettatore no, mi sono un po’ stufato, la classica sindrome di quando mangi aragosta tutti i giorni….mah) girare, che so, l’entrata in scena di uno zombi o una bellissima ragazza nuda appesa al soffitto e squartata da un arabo sadico psicopatico è più divertente e gratificante, per ogni reparto, che girare l’ennesima lite tra quarantenni depressi che si rinfacciano le colpe dei loro rimpianti.  Però, se non c’è un “concetto” dietro, può scadere nell’infantile. Alla base di tutto c’è una frase di Ammaniti (al quale il film piacque molto) “I ricordi sono zombi che ti uccidono instillandoti una nostalgia che ti leva il respiro”. Wow! Folgorazione! Come un lungo a volte nasce da un romanzo, un corto può nascere da una frase. Non mi interessava il filone corri corri-spara spara-ammazza ammazza-magna magna dello zombie movie moderno alla Picone (senza nulla togliere a Francesco, beninteso, anzi), mi sono rifatto molto a un film sottovalutatissimo come VOCI DAL PROFONDO, “uso lo zombi come figura retorica”, mentre tutti girano film coi “non-morti”, io mi sono inventato la figura del “non-vivo”. La carne in putrefazione e i vermi sono solo il vestito.

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TUTTO IL BENE DEL MONDO, correggimi se sbaglio, viene concepito per una trasmissione della Rai. Come andarono le cose in quell’occasione?

Non chiedermi come, un giorno mi contatta Enrico Luly e mi chiede se voglio partecipare come regista a questo reality di Rai 5 che si chiama “Tutto In 48 Ore”. Lavoravo alle Case Popolari di Milano e non ne avevo assolutamente voglia, ma per Enrico Luly darei un rene, e quindi eccoci imbarcati in quest’altro delirio. Il format era questo: in ogni città (era un programma itinerante) due troupe vengono convocate e viene fatto estrarre loro un genere (a me è capitato “film muto”, per la felicità del mio fonico Stefano Agnini che si era tenuto libero due giorni rinunciando anche a lavori pagati……almeno ci siamo beccati la nomination per miglior colonna sonora originale, composta in gran parte da lui, agli avversari era capitato “commedia”), dopodiché a entrambi vengono assegnati dalla produzione gli stessi input (un personaggio – una sciampista -, un oggetto – una chiave- , una battuta – lei non sa chi sono io-) che devono inserire nel film in qualche modo. Da quel momento hai 48 ore a disposizione per partire dalla scrittura fino ad arrivare alla consegna del montato completo. Due troupe di Rai 5 avrebbero seguito ciascuna una delle due troupe “rivali” girando una sorta di making of, con interviste e premiazione finale. Il vincitore di ogni città avrebbe avuto accesso alla finalissima a Roma. Ho sempre avuto in mente, forse perché sono morbosamente timido o forse perché sono un torvo genovese diffidente – maniman….- una domanda: se Cristo tornasse sulla terra, sapremmo riconoscerlo? Nel senso: come verrebbe visto un uomo che arriva dal nulla e offre al prossimo amore sincero senza chiedere niente in cambio? Quindi ho adattato questa mia curiosità al corto in questione, in cui Cristo arriva a elargire il suo bene a coloro che incontra (curiosamente, solo figure femminili, lì è stato il caso a volerlo, essendo il lavoro talmente tanto “in progress” che abbiamo dovuto essere duttili e adattabili al massimo) e viene travisato, deriso, accolto ora con ostilità ora con diffidenza, scambiato per un pazzo, uno scemo, o un molesto (in una scena avrebbe dovuto approcciare con dolcezza una bambina al parco e il padre avrebbe dovuto malmenarlo credendolo un pedofilo, ma era tassativo che non ci facessero far recitare minorenni), e alla fine del suo – letteralmente- calvario, finalmente “si fa carne” compiendo l’atto per eccellenza che rende l’uomo uomo: l’omicidio. Siamo stati finalisti a Cinecittà, oltre che per la colonna sonora, per la sceneggiatura originale mia e la fotografia di Andrea Languasco, che ora so che lavora sempre con Simone Gandolfo, che ha girato EVIL THINGS, prodotto da Argentero, un po’ il “SAW” italiano. Poi non s’è vinto niente, ma davvero non me ne può fregare di meno: io sono la persona che meno “gioca per vincere”: cito gli Aerosmith: “life’s a journey, not a destination”: mi trovavo a Cinecittà chiacchierando con Gianmarco Tognazzi del cinema di Claudio Fragasso (concordavamo sul fatto che un uomo che nella stessa vita gira ZOMBI 3,  lavora con Francesco Nuti e con Alice Cooper – deve avere una passione per gli attori astemi, quell’uomo…!!!, non avesse fatto altro, e diamine, se lo ha fatto….- è un grande uomo)  e bevendo uno spumantino con quello schianto luminoso di Chiara Conti, dopodiché mi sono trovato seduto vicino a Daniele Ciprì che mi ha detto che (a parte quello della sua ragazza di cui ha curato la fotografia, ovvio che fosse di parte), tra tutti i corti di quell’edizione il mio era il suo preferito….capirai, per me era come se Salvador Dalì venisse a dirmi che dipingo bene, quello era il mio Primo Premio! Oltre a questo, da quell’esperienza mi rimane il fatto di aver potuto dirigere la strepitosa Elda Alvigini (che è MOLTO più del”la preside dei Cesaroni”, attrice di razza) nel ruolo di una donna stradaiola dei Vicoli di Genova che scopre di avere l’AIDS, e di aver conosciuto Isabella Noseda, che lavorava come assistente di produzione per Rai 5 e ora è autrice e regista di un episodio di SANGUE MISTO, tra l’altro bellissimo e per questo posto in apertura.

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TUTTO IL MALE DEL MONDO invece finisce dentro il progetto corale di Davide Pesca, 17 A MEZZANOTTE…

Yes. Non dovevo neanche farne parte, con mia somma mestizia. Il mio validissimo amico Pesca mi aveva invitato, ma ero già dietro al trailer di RIGOROSAMENTE DISSANGUATI DA VIVI per SANGUE MISTO, avevo poca possibilità di tempo e soldi, però è stato un treno che non ho voluto perdere, e, giuro, con non più di 300 euro di budget, siamo riusciti a cavalcare l’onda di una strana congiunzione astrale positiva che ha messo da sola tutto al suo posto in quello che posso di buon grado definire un “instant movie”: ho avuto un ottimo direttore della fotografia (Matteo Bonino) e una scenografa  mostruosamente brava (Cri Eco, con cui ho rilavorato a SANGUE MISTO) che si sono offerti di lavorare gratis, proprio in quei giorni ho conosciuto il secondo Homo Sapiens più abbacinantemente bello e fisicamente evoluto del creato dopo Milla Jovovich (Elisa Navacchi) e ha accettato subito come nulla fosse di recitare come attrice protagonista (ed era pure bravissima), mi è balzato in testa questo soggetto semplice semplice (la notte di Natale, a un’assassina – non sappiamo perché lo è, lo è e basta, come in De Andrè – la Madonna – di nuovo Enrico Luly, non ci sono parole per definirlo, si torna volutamente a Cinico TV – concede la Grazia, ma lei, fedele fino all’ultimo alla sua natura, la rifiuta con sdegno per poi suicidarsi accettando di assumersi la responsabilità dei suoi atti finendo auspicabilmente all’inferno, e, proprio per premiare la sua coerenza, il Signore manda un angelo per portarla invece in paradiso), lo abbiamo girato il 23 e il 27 dicembre, in un’atmosfera natalizia gelida e notturna, deliziosamente deprimente, lo abbiamo montato a capodanno ed eccoci nel lungo a episodi di Pesca…..che secondo me ha episodi di valore (su tutti Tagliavini e Misischia, ma non voglio fare figli e figliastri, non sta a me dirlo), ma soffre di troppo poca “selezione all’ingresso”, che ci sarebbe voluta, anche se ciò avesse significato escludere noi. Con un po’ più di cura dell’omogeneità della qualità tra i vari episodi avrebbe meritato una distribuzione, invece che finire, a mio avviso un po’ troppo frettolosamente, in rete. Ma queste sono decisioni esclusivamente di Pesca, io mi sono limitato a fare il mio.

E non solo: TUTTO IL MALE DEL MONDO è finalista al Festival Horror di San Diego…

in realtà tutto 17 A MEZZANOTTE ha partecipato al Fantastic Horror Film Festival del 2014 a San Diego. Peccato non esserci stati personalmente. E’ piaciuto molto anche al FiPiLi di Livorno e al FantaFestival di Roma.

Ci puoi raccontare qualcosa del video che hai girato con la pornostar Violetta Scott, IL BELLO DELLE DONNE?

Ah ah ah ah ah! Buffissimo! Ma quello non era un film…era una palese presa per il culo del mondo della videoarte! E alcuni ci sono anche cascati, sai, la camera fissa che fa molto “Factory”, ma per piacere… Violetta Scott (una ragazza risoluta e intelligentissima, ruspante e dal senso dell’umorismo parecchio spiccato, la Sasha Grey nostrana che ora ha intelligentemente abbandonato il mondo del porno) ha prestato il suo allora “ferro del mestiere” per la mia riproposizione de “L’Origine Du Monde” di Courbet (anche se ai tempi del maestro realista – fin troppo…! – non andavano di moda la rasatura e i piercing….) in quello che ho chiamato scherzosamente il mio “film maschilista”. In realtà è una burla rivolta alle giurie che selezionano i corti per certi festivals seriosi: all’inizio uno legge “Il Bello Delle Donne”, poi vede quello che vede (il “fiore” della mia giovane performer) e ridacchia “ah ah, ha fatto la battuta”. Poi però continua, fisso, imperterrito. Allora uno si chiede “ok, ma dove vuoi arrivare?”: subentra la curiosità. Però continua ancora e non succede assolutamente niente, non si muove una mosca. Allora gli spettatori iniziano a guardarsi imbarazzati l’un l’altro, poi subentra la noia, poi la rabbia. Poi finisce. Era questo che mi divertiva. Ah ah, penso alle facce che avranno fatto i selezionatori (miei amici, ma che giustamente non me l’hanno preso) del Genova Film Festival in fase di visione!

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Hai girato anche lo splendido WATCH THE WORLD I DROWN IN per Alberto Stylòo, che ho avuto l’onore di proiettare con te presente in un evento milanese di cinema e rock…

Addirittura splendido? Ah ah, pensa che Styloo mi aveva chiesto degli outtake di DURANTE LA MORTE, per il suo video, però ho sentito il disco, conosco lui (una delle persone più di classe del mondo, non si chiama Styloo a caso, ha una delicatezza e un savoir faire rari e un’umiltà quasi eccessiva) e ho pensato di riutilizzare del girato che avevo lì, pensa, da più di dieci anni (con protagonista quella che al tempo delle riprese non era ancora la mia ragazza e al momento del montaggio non lo era più, tanto per dire), è stato buffo di questi tempi rimettersi lì e smanettare acquisendo materiale da vecchie MiniDV, mi piaceva l’idea di questa città tutta capannoni e tubature che si muove velocissima (il carrello più lungo della storia? In realtà ero su un vecchio regionale Genova-Savona, quando ancora passava in mezzo all’ILVA prima che la smantellasero) mentre una ragazza si ubriaca da sola in casa e, dall’altra parte della città, un uomo (Styloo) si guarda allo specchio, fuma, compie vari gesti, entrambi soli, due vite parallele appunto come i binari del treno (vabbé, adesso mi fai sembrare Claudio Villa….) e destinate a rimanere ognuna chiusa a guscio nella sua solitudine, anche se, il fatto che Styloo alla fine del video esca di casa può far sperare….alla fine il concetto è anche banale, semplice, alienazione e incomunicabilità nella quale, social o non social, stiamo atrofizzandoci tutti, d’altra parte lo dice il titolo “guarda il mondo in cui annego”, ma alla fine si tratta di un lavoro di rimontaggio, molto più estetizzante che concettuale….

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Ci puoi parlare del tuo progetto “croce e delizia”, SANGUE MISTO, che stai promuovendo da un bel po’?

SANGUE MISTO (working title poi diventato definitivo, esemplificativo dell’idea di melting-pot, di razze e di stili di regia differenti), è stato da me ideato coinvolgendo altri 6 registi italiani, alcuni poi cambiati durante il work in progress (o “in regress”, come diceva C.B. buonanima, sempre citato a sproposito…..col cavolo, sta venendo ancora meglio di come lo avev(am)o concepito all’inizio, mi dispiace per i defezionari), ognuno proveniente da una diversa Regione. Il concept è di riunire 7 episodi, ognuno di genere Horror ma con assoluta libertà di “declinazione” del genere: dal mio splatter molto ironico, fino al monster-movie fantastico di Paolo Del Fiol all’iperrealismo ultraviolento di Raffaele Picchio (attualmente in postproduzione), ognuno girato in una diversa città e ognuno ambientato all’interno di una diversa comunità etnica. Il mio RIGOROSAMENTE DISSANGUATI DA VIVI è ambientato a Genova e si occupa della comunità Araba. Un esperimento di “horror multietnico” (il critico de “La Repubblica” Renato Venturelli lo ha definito “Xenohorror”) non è mai stato tentato in Italia, il che conferisce unicità e novità al nostro  progetto. Senza prendere posizioni politiche, men che meno xenofobe (creando anzi occasione di incontro tramite la collaborazione effettiva sul set) ma neanche sdolcinate (proprio ammettendo che anche un extracomunitario può essere un villain, un massacratore, trasformarsi in un mostro, ecc, lo si umanizza e lo si “mette alla pari” ideologicamente, invece che trattarlo sempre come una creaturina di porcellana da analizzare in vitro, ma a debita distanza….poi ci sono personaggi complicati come Sazi, la bimba-voodoo del primo episodio di Isabella Noseda, oppure veneranda, la trans brasiliana dell’episodio di Chiara Natalini, che sono quasi “i buoni”, mostri “per difesa”….), anzi, ti dirò, abbiamo girato una sequenza in cui io interpretavo una sorta di predicatore estremista Talebano barbuto e armato, da inserire in una TV che sarebbe stata di scena, ma poi ci sono stati i fatti di Charlie Hebdo, la nascita dell’ ISIS e tutto il delirio che è venuto dopo, e, proprio per rispetto e per non fare la figura dei 15enni che vogliono fare i trasgressivi, ho deciso di togliere quel particolare….il nostro tentativo è quello di offrire una fotografia dell’Italia multiculturale e multi-identitaria in cui oggi viviamo, usata come “setting” per ambientare le nostre storie, che ci offrono un ritratto della nostra società attraverso la lente dell’ Horror. “Il Populista” ha parlato di un film che finalmente ha il coraggio di uscire dal buonismo che ammanta la figura dell’immigrato nel pensare comune, di recente al ToHorror siamo stati presentati come “Horror Antirazzista”. E’ interessante. Sono vere entrambe le affermazioni. Siamo riusciti nel nostro intento, a livello comunicativo. L’immigrazione è un argomento caldissimo, urgentissimo, e SANGUE MISTO racconta proprio questo senza fare la lezioncina, partendo da dove un film come IL BIANCO E IL NERO della Comencini finiva, e andando ovviamente in tutta un’altra direzione.  L’idea è di unire le forze tra registi che si autoproducono, per fare un passo in avanti dal classico cortometraggio singolo ad un lungometraggio con più ampie prospettive di distribuzione e visibilità. In questo avanzamento professionale (per noi) e nell’essere ambientato in questo scottante momento storico (per il pubblico) sta la forte “necessità” del film. Il cast tecnico e artistico è ampiamente rodato da numerose passate collaborazioni a lavori che hanno fruttato numerosi consensi e premi a livello nazionale e internazionale. Abbiamo anche interessanti personaggi come Johnson Righeira, arcinota popstar che nel mio film offre un compiaciuto nudo integrale full frontal mentre viene massacrato a sangue, l’attrice Sino-Romana Francesca Fiume, lanciatissima dall’ultimo Verdone con Albanese e ora in vertiginosa ascesa, o Desirée Giorgetti, attrice-culto di Picchio e di tanto altro cinema “estremo” (ha lavorato anche a RITUAL, addirittura con Jodorowsky), che “coabitano” nei vari episodi con sorprese come il mio macellaio arabo Scandar Ayed, la riconferma di Luly (che dopo essere stato la Madonna, uno zombi, Charlot, Cristo, un degente di un ospedale psichiatrico, qui è un credibilissimo kebabbaro egiziano), o la sorprendentemente (da quanto è piccola) mostruosamente bravissima bambina Mexi Marzolla dell’episodio torinese, l’attore Sidi Diop, che ricordiamo aver lavorato con Gigi Proietti, qui nel ruolo nientemeno che di Baron Samedi, insomma, una zuppa multietnica con ogni ingrediente sapientemente dosato.  SANGUE MISTO intende inserirsi nel rinascente panorama Horror Italiano, l’unico “Cinema di Genere” oggi praticabile in Italia a basso budget e con un larghissimo bacino di utenza: si vedano la serie di P.O.E. recentemente distribuita o PARANORMAL STORIES, CATACOMBA del nostro collega Lorenzo Lepori, che ha firmato l’episodio toscano-cinese di SANGUE MISTO, la serie zombi di Boni e Ristori che parte da “Eaters” e arriva addirittura ad un “Quarto Reich” che non ho ancora visto ma mi incuriosisce parecchio, i due MORITURIS e BLIND KING del “nostro” Picchio, o mille altri, a episodi e non. Miriamo al largo pubblico horror soprattutto giovane, testato nella sua presenza copiosa in ambito festivaliero. Trattandosi di un lungo a episodi, non si esclude un’eventuale vendita come serie tv o web, ma non si dice nulla per scaramanzia.

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In particolare ci racconti del segmento che hai diretto tu, RIGOROSAMENTE DISSANGUATI DA VIVI? A mio parere le sequenze iniziali, che ritraggono la tua Genova in versione “by night”, sono tra le più belle che tu abbia mai girato…

Grazie! Anche e soprattutto perché sono le uniche inquadrature che non ho diretto io. Ah ah! E’ come quando per BLA BLA BLA BLA mi dicevano “forte il tuo film, specie le parti con i pupazzetti!” …..in realtà no, le scene nei locali, tra le chupiterie, davanti alla macelleria Halal, ecc le ho dirette io, ma per quanto riguarda le inquadrature del porto, delle navi, alcune dei Vicoli, si tratta di fegatelli che aveva nella sua library il mio direttore della fotografia, ovviamente le abbiamo poi montate insieme, per ricreare quell’atmosfera di “casbah” che davvero i Vicoli sono il venerdì e sabato sera, in mezzo alla tanto vituperata “movida”. Avevo intenzione di metterci un’inquadratura della Costa Concordia, un po’ in risposta a LA GRANDE BELLEZZA di Sorrentino e un po’ perché credevo che ormai rappresentasse la Genova di questi tempi più della Lanterna, ma poi no, non volevo scadere nel didascalico.  E’ stato bellissimo quando, in Sottoripa, abbiamo girato la scena in cui un ragazzo si buca, e da un bar è spuntato un tossico vero che gli fa ”seeh, vabbé, se lo inclini così, l’ago, quando cazzo la becchi la vena? Dà qua, ci penso io, modestamente sono un professionista!” e l’ago nel dettaglio gliel’ha infilato lui….oppure quando, durante le riprese del trailer ambientato in una macelleria abbandonata nell’adorabilmente famigeratissima Via della Maddalena, quando è partito tutto il quadro elettrico, delle prostitute sudamericane che battevano lì già dal mattino presto ci hanno praticamente fatto spontaneamente da assistenti elettriciste aiutandoci a attaccare e staccare cavi e fare tutto un ponte fino all’ impianto dell’ortolano dirimpetto…è (anche) questo che amo di Genova.

Ci puoi dire qualcosa della sceneggiatura RITARDO, che hai scritto a quattro mani con Michele Vaccari?

Dorme da troppo tempo, come Cthulhu. Ma, come lui, non è morta, e col passare di strani eoni, può vedere la luce. Abbiamo avuto dimostrazioni di interesse da qualche produzione ma poi veniva a mancare un’opzione di preacquisizione da parte della distribuzione, l’abbiamo scritta e riscritta e riaggiornata, abbiamo dichiarazioni d’intenti di attori tra cui uno molto grosso e leggendario (non posso davvero fare nomi…posso solo dire che chi lo conosce sa che andava “a Sud” e aveva un fratello esperto nel cucinare un particolare piatto…) che, qualora partissero le cose, mi hanno messo nero su bianco il loro interesse a partecipare, adesso dobbiamo finire SANGUE MISTO poi pensavo di rimettervi di nuovo mano, ovviamente sono stato felice di lavorare con Michele Vaccari, col quale siamo amici dai tempi degli 883, quando io ero un pivello metallaro e a fare il cinema, che pure amavo, manco ci pensavo e lui era un B-Boy (si dice ancora?), prima di diventare lo scrittore che tutti conosciamo (“Italian Fiction”, “Giovani, Nazisti e Disoccupati”…). Io ci ho messo la perversione, lui il cinismo. Io sono dolce ma contorto e maniacale, lui è duro e senza speranza per l’umanità. Per quello ho voluto scrivere con lui. Io “tiravo in qua” la sua vena troppo “in your face” specialmente nei dialoghi, lui asciugava i miei arzigogoli artistoidi. Abbiamo scritto da dio insieme, anche se caratterialmente non possono esistere due persone più agli antipodi. RITARDO, che dire, come al solito usa l’Horror per parlare di altro. Racconta quanto l’evoluzione tecnologica bulimica degli ultimi due-tre lustri sia stata verticale, non orizzontale, e sia servita a separare invece che a unire (anche se non facciamo altro che usare le parole “link”, “connessione”, “sharing” che vuol dire condivisione ecc). Basta spostarsi di poche fermate di treno da Piazza San Babila e si torna indietro in un medioevo rimasto ai primi anni ’80 lasciati lì a marcire, e ormai un uomo senza smartphone è come senza bussola, nudo. E’ il mio CALVAIRE! L’hai visto il capolavoro opera prima di Fabrice Du Welz? Ormai l’orrore non devi più andartelo a cercare in Transilvania o nelle più sperdute campagne del Texas, è a pochi km dal tuo ufficio in centro, inizia alla fine della tua comfort zone, dove  la rete Wi-Fi non si connette più. Tutto questo mascherato da TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA ambientato ovviamente nell’entroterra davvero sinistro della nostra Liguria.

Ma è vero che nel 2006 hai incontrato Jodorowsky?

Era il 2002 (si vede anche dalla foto, sembravo una ragazzina!). A Genova, al Festival Internazionale di Poesia organizzato dal leggendario mecenate e amico Claudio Pozzani. Ricordo che la sera doveva prodursi in un reading a due voci con Lawrence Ferlinghetti. Il pomeriggio tirammo dalle finestre di Palazzo Ducale (io e Jodorowsky capisci? Come dire, che so, “mah, ero lì che mangiavo un fritto misto con Pasolini aspettando che arrivasse Moravia….”) mazzi di volantini con stampate sue poesie mentre Pozzani declamava deliri al megafono, poi siamo rimasti un po’ in contatto e mi ha consigliato uno dei suoi “atti psicomagici”. Ma Jodo secondo me avrebbe dovuto fermarsi a SANTA SANGRE (uno dei più grandi film mai fatti, secondo me. PSYCHO girato da Fellini sotto lsd in estasi religiosa, praticamente), la sua produzione (eccessiva, quasi avesse smania di pubblicare affrettatamente duemila libri, duemila film ecc prima dell’arrivo della Trista Mietitrice) da pseudoterapeuta “psicosciamanico” e studioso dei tarocchi che nelle librerie finisce puntualmente nella esecrabile scaffalatura “New Age” è per me indegna dello Jodorowsky che ho amato. Avrei dovuto truccarmi il viso da vecchio e  vestirmi da clown, dopodiché recarmi sulla tomba di mio padre piangendo acquasanta tramite un sistema di pompette e scrivere la parola “Amore” col miele d’acacia sulla sua lapide. Ah ah, certo, me l’immagino già i beccamorti di Staglieno, dopo tutto un giorno che si sono fatti un mazzo così tra ruspe, terra e camere ardenti, vedere arrivare ‘sto cretino con la parrucca e il naso da clown e dire “e òua chì à l’è ‘sta belin-na imbriæga?….ma ‘n’assidente a-ì scèmmi!”…… ho cordialmente evitato. Però questo suo atto psicomagico che mi ha prescritto vale come “autografo pubblico” doppio, visto che è stato pubblicato su XL di Repubblica e sul libro della Castelvecchi.

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Nell’arco della tua carriera hai presenziato (e vinto) a tantissimi festivals. Pensi siano ancora importanti i festivals per promuovere il proprio cinema?

Beh, non saremmo qui a fare questa bella chiacchierata, per esempio… sì, credo di sì. Ovviamente il super-produttore nascosto tra la platea che vede il tuo film e rimane folgorato dicendo “E’ lui il genio che aspettavo da anni! Dategli tutti i soldi che vuole per fare il suo film!” non esiste, però ho visto molte persone, sia quelli che vedevo a quello che ora è più o meno il mio livello di età e di esperienza ai miei primissimi Festival in giro (Heléne Cattet e Bruno Forzani, Pippo Mezzapesa, Sydney Sibilia…) sia più giovani (ho visto il primo corto di Picone al Filmmakers al Chiostro di Pordenone, mi sembra ieri…) usare il circuito dei Festival come trampolino e “arrivare” (brrr, che orrendo termine…l’unico posto in cui potremo dirci tutti finalmente davvero “arrivati” sarà la tomba….ma per capirci) a buoni risultati artistici e professionali, crescere…è importante il confronto col pubblico e con gli altri autori, con le Giurie, con chi ti intervista, col ragazzino che viene a riempirti di giustissime e “abbeverantisi” domande come col Supermaestro (per dirne due, Bava coi suoi workshop al Fi Pi Li o l’onnipresente Deodato) che vede il tuo piccolo lavoro e ti dice la sua dall’alto della sua mostruosa esperienza, e poi da cosa può nascere cosa, davvero io vivo nella totale assenza di arrivismo, che non vuol dire menefreghismo o mancanza di ambizione, ma non è il premio l’importante (anche se sarei ipocrita a negare che riceverne fa piacere), bensì “la danza”, l’esserci, il ritrovarsi, l’atmosfera, il conoscere e farsi conoscere in un clima che fonde lavoro e festa; lo stesso SANGUE MISTO è nato dalla reciproca stima che si è creata tra me e gli atri autori che stanno collaborando conoscendoci e vedendo i reciproci film in giro per Festival, per cui non posso che affermare che l’esperienza “fisica” è ancora, anzi, sempre più necessaria: il giorno che YouTube o Netflix avranno cancellato del tutto il confronto vis à vis di due o più teste pensanti davanti a una birra dopo una proiezione e il rito collettivo dell’immersione sensoriale nel Grande Schermo nella buia placenta della sala, sarà davvero un brutto giorno. Credo che molta gente abbia dei problemi con la concezione della parola “Successo”. Lo vedono come un traguardo a cui arrivare, oggi non hai successo, domani esce il tuo dvd e allora ce l’hai, oh ohhhh!, mentre invece è tutto molto più semplice, lo dice la parola stessa: si tratta dell’insieme delle cose che sono successe, quindi tutto sta a farle succedere. Macinandole una dopo l’altra. Ogni esperienza è una tessera del mosaico, dal ToHorror al FantaFestival di Roma, dal Fi Pi Li ai Festival stranieri a cui non riesci ad andare perché non hai i soldi per l’aereo ma sai che il tuo film è stato apprezzato, da Cannes alle serate di proiezioni e concerti metal a Cassano d’Adda (a proposito, sei sempre in contatto con Vanja dei Martyrium? sai com’è, alla mia età ormai è venuto il momento di iniziare a pensare di mettere sù famiglia, e….vabbé, non mi far divagare!)…..io non ho successo, o meglio, non so se lo ho, nel senso che comunemente si dà a quella parola, sono solo una persona che dà lustri e lustri e lustri si sta sbattendo per “far succedere” cose, e continua a volerle fare succedere, quindi “mi è successo” molto, questo sì, e per questo, tranne un paio di situazioni veramente imbarazzanti, con estrema umiltà non ho mai snobbato nulla. Lo trovo fighetto e poco professionale.

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Quali sono gli horror italiani degli ultimi 5 anni più degni di nota?

Non seguo più molto l’Horror. Non è snobismo, il mio, anzi. Apprezzo i lungometraggi di chi ha anche partecipato al suo episodio a SANGUE MISTO (altrimenti non sarebbero con noi…), apprezzo il discorso che sta portando avanti Domiziano Cristopharo, conosco meno Zuccon ma alcune sue cose che ho visto mi piacciono molto, ammiro la realtà produttiva e distributiva che hanno costruito Boni & Ristori, ho perso un po’ di vista Gabriele Albanesi, ma a fare un elenco sembra di sgranare un rosario, poi a nominarne uno sembra di fare un torto agli altri, e so di perdermi molto ma sono uno spettatore horror molto discontinuo e molto meno nerd di qualche anno fa. Da anni si parla di “Rinascita dell’ Horror/Thriller italiano” ed è vero, C’E’, si sente nell’aria, si sente ai Festival, nelle riviste, poi io non seguo blog ecc ma anche lì so che c’è gran fermento…però sento che, come le mode, tutto va a ondate e quello che è rinato, qui lo dico e qui lo nego, tra un po’ di stagnazione e troppa diffidenza da parte del mainstream (che vuol dire poterlo fare di mestiere, accendereun mutuo e prendersi casa, ecc), sta di nuovo per rimorire. Sì, è ciò che prevedo. L’horror in Italia sta per finire di nuovo. Ovviamente, non prima dell’uscita di SANGUE MISTO, che (lo dico senza superbia alcuna, anche se a leggere quello che sto per dire so che non sembrerà proprio) non potrà che segnare una pietra miliare se non della Storia del Cinema Horror Italiano, almeno di QUESTA storia, della generazione di autori che tutti conosciamo, cresciuti a pane e Nocturno, riesumazione di antichi Maestri altrimenti oblìati e che continuano a contarsi sulle dita di una mano. Sarà la stella che brillerà più fulgida prima che tutto si spenga di nuovo. Ma “morte” non vuol dire fine, vuol dire cambiamento. Io per esempio sto ronzando come una mosca stercoraria sempre di più intorno a un cinema di attori, venato di commedia sentimentale. Ci si può “mettere a nudo” e si possono “sezionare cuori” anche in maniera figurata, non sempre per forza con un coltello elettrico da kebab! Oeff……prima di tutto bisogna ultimare “SANGUE MISTO”, l’opera d’arte più rimandata della storia dopo “Chinese Democracy” dei Guns’n’Roses, e “farlo esistere”, poi soggetti, sceneggiature, corti, lunghi, progetti, contatti, attori pronti che aspettano solo il primo ciak, collaborazioni possibili, idee, mail da mandare e telefonate da fare ne abbiamo fin troppe, ma  l’unica cosa che ho imparato è che non accade se non ciò che non può che accadere, e viceversa. Per il momento sto semplicemente cercando di sopravvivere, in pace e con dignità.