Home Rubriche Outsider Camp X-Ray – di Peter Sattler (2014) (Inedito)

Camp X-Ray – di Peter Sattler (2014) (Inedito)

Sulle sue qualità di attrice, sul suo sguardo che in ogni situazione sembra trapelare sempre la stessa emozione, potremo stare a sindacare per ore. Ma sul fatto che dalla saga di “Twilight” (che le ha affibbiato per anni un’etichetta di attrice per i teen movies), stia cercando film dopo film di alzare sempre l’asticella delle sue interpretazioni, in pochi potrebbero controbattere.
Perchè questo è quello che sta tentando di fare Kristen Stewart, la Bella della trilogia nata dal romanzo di Stephenie Meyer. Da quel momento in poi la ragazza ha inanellato 3 pellicole che non si rivolgono più ad un pubblico puerile ma che al contrario trattano argomenti molto più complessi e maturi.
E così dopo le apparizioni in “Still Alice” e “Sils Maria” , film quest ultimo che l’ha incoronata come la prima attrice americana a ricevere una nomination ai Cèsar francesi (e su questo si può discutere), ecco per completare la trilogia della nuova Stewart Camp X-Ray, che cronologicamente viene prima delle due opere già menzionate.
In questo lungometraggio l’attrice è il soldato Amy Cole, che opera nella discussa e controversa struttura di Guantanamo come guardia carceraria. L’ambiente in cui la ragazza si ritrova è come tutti sanno popolato solo da soldati americani e da detenuti (non prigionieri, come spiegato nel film) che da sempre sono al centro dell’attenzione pubblica e non solo riguardo le loro condizioni di vita all’interno della base statunitense.

Sull’attenti, soldato Cole

La giovane soldatessa Amy però, oltre alla solita routine che è l’elemento principale di luoghi come questi, ha l’occasione durante i suoi turni di fare una conoscenza più approfondita di uno dei detenuti, esattamente il 471, che risponde al nome di Ali Amir. Dallo scontro incontro che nasce tra i due, verrà fuori un rapporto che supera le posizioni di detenuto e soldato, e sfocia in qualcosa forse anche più grande dell’ amicizia.
Questo film indipendente di Peter Sattler, presentato in anteprima al Sundance Festival del 2014 (dove si è portato via anche qualche premio) si pone a metà strada tra i classici film di guerra di stampo nazionalista e “machista” made in USA ed il classico cinema d’inchiesta (vedi “Redacted”). A farla da padrone qui è quello che potremo definire seppur con qualche forzatura il “road movie” che compiono con poche azioni mirate e lunghi ma mai noiosi e necessari dialoghi una giovane soldatessa arruolata nell’esercito con il sogno di andare in Iraq ma dirottata a Guantanamo (posto in cui non si va per fare carriera) ed un detenuto rinchiuso in una piccola cella da ormai 8 anni. Il velo di formalità e distacco che dovrebbe esserci tra guardie e prigionieri viene poco a poco scalzato, in quelle che sono le interminabili scene dei turni ai quali la Stewart è assegnata, turni fatti di ore e ore di pattugliamento in un piccolo corridoio in cui le uniche azioni da compiere sono camminare e controllare l’interno delle celle e coloro che le occupano.
Al di la di tutto ciò poi c’è tutto quel mondo discutibile sui trattamenti riservati ai detenuti, fatto di notti passate con la luce accesa in cella, docce fredde, isolamento forzato, che alimentano dei dubbi sulle certezze del soldato Cole riguardo la credibilità della  sua missione e dell’intera gestione della base. Il tutto rimane però di contorno al rapporto che nasce tra lei ed Alì, splendidamente interpretato da quel Peyman Moaadi già protagonista in “Una separazione” e nel recente “Melbourne”.

02
Non c’è molto da fare in una cella di Guantanamo

Il detenuto è un semplice numero per l’America e per la base, nonostante una passata istruzione a livello universitario ed un livello culturale che nel film vediamo mostrato in diverse occasioni (passione per la lettura, conoscenza della lingua inglese).
I due imparando a conoscersi saranno ancor più consapevoli di quello che potrà e dovrà essere il loro futuro, fatto di nuove certezze per la Cole, e di una nuova voglia di resistere per Alì.
Seppur accennando in generale alle condizioni di vita sia dei prigionieri che dei soldati all’interno della base, il film ci mostra quello che significa per entrambi le parti sopravvivere e lavorare in un posto simile.
Detto già della buona interpretazione di Peyman Moaadi dobbiamo dunque sottolineare un altro passo avanti della Stewart.
Il suo sguardo che lascia trapelare pochissime emozioni è molto congeniale in un contesto come questo e nel personaggio interpretato, che di emozioni poche ne dovrebbe far trasparire, ed in più di una occasione la ragazza ci regala delle buonissime scene, sporcandosi anche letteralmente le mani e non solo.
Senza prendersi troppo sul serio Camp X-Ray ci da un quadro generale su quella che è la vita nella baia dal punto di vista delle guardie e di quello di coloro che vi sono rinchiusi. I dialoghi ed il rapporto dei due protagonisti spezzano quell’aria di monotonia e ripetitività delle giornate e della routine tipica della base, dando al film l’elemento giusto per non rimanere banale e ordinario.
In Italia non ha ancora trovato distribuzione ma sicuramente vale la pena spenderci un po’ di tempo per recuperarlo nel web.
Oltre ai due già citati protagonisti, nel cast figura anche Lane Garrison, che forse molti ricorderanno nel ruolo dell’evaso  David “Tweener” Apolskis della serie TV “Prison Break”.
Moaadi si conferma un buon attore, la Stewart sta decisamente lasciandosi alle spalle il fardello della saga di Twilight.

CONTINUATE COSI’ .

 

Articolo precedenteSe fisico e volontà non seguono più la stessa strada : la malattia degenerativa al cinema
Articolo successivoAngelika – di Federico Greco (2014)
Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

‘Rest..In..Peace’