Il martirio. Una Via Crucis ripresa dal mondo religioso e trasportata ai tempi nostri, in una piccola comunità di Sligo, sperduta nell’estremo nord dell’Irlanda, paese a forte matrice cattolica.
C’è un sacerdote, Padre James (interpretato da un maestoso Brendan Gleeson) che riceve nel suo confessionale un suo parrocchiano, che gli preannuncia il suo omicidio per la settimana successiva, come pena da pagare per le violenze sessuali che il parrocchiano stesso aveva subito ai tempi dell’infanzia da un altro sacerdote che ormai morto, non poteva più pagare per quella colpa.
Inizialmente sconcertato dalla rivelazione che gli è appena stata fatta, Padre James si immerge a capofitto nella sua piccola comunità, una comunità dimenticata da Dio, ed abitata da persone che non vedono più in Padre James, e soprattutto nella Chiesa, alcuna speranza di salvezza e redenzione. E’ in questo ambiente che si nasconde quello che fra sette giorni metterà fine alla vita del sacerdote.
E’ in questo lasso di tempo che si sviluppa il secondo film del regista John Michael McDonagh, che aiutato da uno straordinario e forse sottovalutato (almeno per Hollywood) Brendan Gleeson ci mostra tramite lo spaccato di una piccola comunità irlandese la difficile situazione ed il difficile periodo che la Chiesa odierna e soprattutto l’uomo, credente e non stanno affrontando.
L’attuale tema delle violenze sui minori da parte di figure religiose è solo la miccia per presentare altre varie problematiche (quelli che la Chiesa chiama peccati) che ritroviamo in piccolo tra gli abitanti della comunità di Sligo : abbiamo una coppia omosessuale, la donna adultera che se la fa con l’uomo di colore, un marito violento, un giovane che sfoga i suoi istinti sessuali sono con il web, e due sacerdoti che sono diventati tali forse più spinti da necessità o da crisi esistenziali che da una vera vocazione.
La situazione della piccola comunità di Padre James riflette in piccolo molti degli attuali problemi in cui la Chiesa sta cercando di confrontarsi con i suoi fedeli, ma l’immagine ed i risultati che McDonagh ci da non sono affatto confortanti : perchè i parocchiani di Padre James incarnano anime che devono essere salvate ma che forse ormai non hanno più la possibilità di redimersi, o di ricominciare, lavando l’onta dei proprio peccati, per scelta propria.
Lo stesso sacerdote ha qualche scheletro nell’armadio e nonostante il suo fisico imponente e la sua voce profonda, le sue certezze ed il suo credo non hanno più un eco così forte, nè in lui stesso, nè nella comunità.
Il regista è molto bravo nell’utilizzare la pellicola non per mostrarci la caccia al presunto assassino, ma per introdurci la comunità in cui egli vive, sperduta nel profondo nord irlandese, dove forse la voce e l’aiuto di Dio fatica molto ad arrivare, e si perde facilmente nella vaste pianure verdi che circondano Sligo o nell’oceano che abbraccia in pieno l’isola irlandese.
Il sacerdote forse sa chi dovrà fargli scontare la pena per quello che un altro prete aveva commesso in passato, e la sua ricerca allora diventa, come suggerisce il titolo dell’opera, un andare verso un destino già scritto, per scontare una pena che merita di essere scontata, dalla quale non si può sfuggire.
Un percorso però fatto di ostacoli, difficoltà, diffidenza, ripudio, da parte della comunità che Padre James guida (o che dovrebbe guidare), e che quindi per il povero sacerdote diventa un “Calvario”.
L’attenzione dello spettatore non viene mai messa in discussione in questo film, perchè dove manca l’azione, arriva la scena che fa riflettere, che fa pensare, e che lascia amare considerazioni in chi guarda questo lungometraggio, considerazioni non buone ma molto molto attuali, e reali.
Con un grosso sforzo di associazione potremmo definire la pellicola una versione meno sangue e più riflessiva di “SEVEN”, con le dovute differenze del caso, ripeto.
Lascia degli interrogativi “Calvario”, interrogativi sulla forza della Chiesa nel tempo attuale, sulla forza della fede in noi uomini, sulla possibilità e sull’impossibilità che per tutti, ci sia o no, la speranza di una salvezza, di una redenzione.
Il film è sicuramente da vedere, Gleeson è impeccabile, la pellicola è coinvolgente ed emozionante, pochi dialoghi ma ben costruiti, ottima la location, inquadrature che riprendono sguardi che nonostante i lunghi silenzi presenti nella pellicola dicono molto più di mille parole.
Sembrava dovesse seguire un filone “Calvario” dopo i primi due minuti di film, un filone fatto di azione e ricerca del colpevole che forse avrebbe tolto molto interesse e valore alla pellicola, ed invece ne segue un altro, più riflessivo e simbolico, che però fa del secondo lavoro di McDonagh un’opera che va ben oltre la sufficienza.
GUARDATELO