Un anno e mezzo dopo quella cagata sciacqua di Suicide Squad aka uno dei film più brutti degli ultimi anni la coppia composta dal regista David Ayer e Will Smith torna alla carica con il primo blockbuster firmato Netflix: Bright. Togliamoci subito il dente, il risultato finale per fortuna è migliore. Che poi parliamoci chiaro, non è che ci volesse molto a partorire qualcosa qualitativamente superiore a quell’accozzaglia di idee mal cagate che era Suicide Squad ma visto appunto quali erano le premesse poco non è.
In Bright David Ayer, onesto regista di polizieschi maschi e duri, torna in territori a lui più congeniali: poliziotti, corruzione, problemi razziali, gang violente, quartieri malfamati e metropoli sporche. La differenza di Bright sta però nell’adattare ad una trama già vista un contesto fantasy dove orchi, demoni, stregoni, elfi ed umani convivono insieme nella medesima città.
Siamo quindi nella Los Angeles di oggi ma in un mondo parallelo, un mondo dove vivono gli orchi, reietti e violenti considerati alla stregua di demoni e ghettizzati nei loro quartieri, gli elfi, esseri agiati e ricchi che vivono nei quartieri più lussuosi di LA e infine gli umani. Convivono tutti, non senza problemi, nella medesima società. In questo scenario a Will Smith, poliziotto disilluso, viene affidato come compagno Jakoby il primo agente orco di sempre. Un esperimento di integrazione che la stessa polizia odia fare.
Succede che i due si imbatteranno per caso in una bacchetta magica, un oggetto molto raro e prezioso, che può segnare anche le sorti del mondo intero in un’ipotetica battaglia contro il signore oscuro prossimo al risveglio. Partirà così una caccia senza senza quartiere all’uomo e all’orco in fuga dalle forze malvagie.
Riempire la Los Angeles odierna di orchi ed altri mostri fantasy, aggiungendo ad essa la tematica razziale poteva essere un’idea interessante sulla carta se sfruttata a dovere. Il problema è che il film scricchiola proprio al momento di amalgamare elementi da buddy movies d’azione anni 90’ a quelli puramente fantasy, come se Ayer avesse paura di spingere sull’acceleratore senza cadere nel ridicolo. Il risultato è che il film rimane in un limbo senza che aspetti e tematiche vengano approfondite a dovere ed è un peccato.
Doveroso e scontato anche il riferimento a District 9, film sci fi che faceva della metafora del razzismo verso le razze aliene il suo tema principale. Lì il film di Neill Blomkamp smuoveva lo spettatore, facendolo riflettere con tematiche forti e d’impatto richiedendo una partecipazione attiva che qui invece non c’è. Lo scopo di Ayer è di intrattenere senza andare oltre, manca di una vera personalità che possa dare slancio all’opera in modo deciso.

Tuttavia non è nemmeno un’opera che mi sento di bocciare. Bright è un film che intrattiene, scorrevole, con idee interessanti e girato bene. Buona anche l’amalgama tra i protagonisti: un Joel Edgerton truccato in modo irriconoscibile e un Will Smith che fa il Will Smith anche se un po’ più stanco del solito.
Il fatto inoltre che il film sia uscito su Netflix piuttosto che al cinema rende il tutto ancora più tollerabile e visto che ormai la notizia di un sequel è diventata ufficiale mi viene quasi da fare il tifo per questo duo.