Gli anni ’70 sono stati un periodo fondamentale per il cinema di genere italiano, che proprio in quel decennio ha vissuto un’esplosione ed un’evoluzione tali da renderlo famoso ed amatissimo in tutto il mondo. Tranne che in Italia. La critica del Bel Paese ha sempre snobbato il grandioso cinema di genere, sottratto all’oblio solo grazie ai cinefili. Tra i magnifici registi che hanno contribuito a rendere immortale il nome dell’Italia nella storia del cinema, insieme a Mario Bava, Dario Argento, Lucio Fulci e compagnia bella c’è, senza dubbio, Aldo Lado, che realizzò, nel 1975, un film fondamentale per il genere noto come rape and revenge: L’ultimo treno della notte.
Lisa e la cugina tedesca Margareth partono da Monaco per tornare in Italia dai genitori della prima ragazza per Natale. In seguito ad un falso allarme bomba, il treno Monaco-Verona sul quale stanno viaggiando, viene bloccato e le due ragazze decidono di cambiare, prendendo il treno Innsbruck-Verona. Questo imprevisto segna l’inizio della loro fine, poiché su quello stesso treno salgono anche due malviventi, accompagnati da una distinta signora ma dalla sconfinata lussuria. I due uomini e la donna, infine, giungeranno a casa dei genitori di Lisa.
Considerato uno dei film italiani più violenti di sempre, L’ultimo treno della notte non è, a mio avviso, un’opera etichettabile semplicemente come “cinema di genere” ma Lado parte da questa base per costruire un vero e proprio film d’autore dalla regia asciutta e pacata, capace di ritrarre tutta la violenza della storia con agghiacciante realismo che rende quest’opera, che non è propriamente horror, una pietra miliare del genere. Soluzioni narrative stupende, come lo stupro di una delle ragazze, ancora vergine, per mezzo di un coltello a serramanico, che rende questa scena la più memorabile ed impressionante dell’intera pellicola e una delle più forti del cinema di genere italiano; un montaggio mai frenetico e perfettamente ritmato; l’uso della musica diegetica ed extradiegetica; tutto, in questo film, è studiato nei minimi dettagli per creare una tensione costante che scava nella psiche dello spettatore, facendolo sentire sporco e colpevole. Geniale, in questo senso, è la scelta di relegare la parte del “revenge” agli ultimissimi minuti del film: passiamo tutto il tempo nell’attesa di liberarci dal peso della crudeltà umana e quel momento sembra non arrivare mai. Quando la vendetta finalmente avviene, essa non ci basta per liberarci del nostro senso di colpa, perché veniamo comunque coinvolti nell’ipocrisia dell’essere umano e, in particolar modo, del borghese. Il nostro senso di giustizia resta insaziato e non possiamo farci niente. Questo film infila nella nostra mente un pugnale e lo lascia lì, facendo avvizzire la nostra psiche con una crudeltà raramente eguagliata.
Importantissimo e degno di nota è anche il lavoro fatto in fase di scrittura per quanto riguarda la costruzione e l’approfondimento dei personaggi. Quello più riuscito della pellicola è, a mio avviso, la donna misteriosa, elegante ma molto poco affidabile, dalla mente estremamente perversa che cozza con il suo aspetto apparentemente raffinato. Sul treno Monaco-Verona si concederà a Blackie, uno dei due malviventi, mentre sul treno Innsbruck-Verona spingerà la coppia di mascalzoni a stuprare Lisa, ubbidendo alla sua irrefrenabile lussuria ed esercitando tutto il suo potere sul balordo, conquistato con quell’amplesso scabroso e meccanico avvenuto in precedenza. Tuttavia, e qui si giunge ad una piccola parentesi SPOILER, ai fini di analizzare al meglio questo personaggio (non continuate con la lettura di questo paragrafo, se non avete visto il film e volete farlo!), quando il padre di Lisa, dopo aver ospitato lei e i due criminali in casa propria, ignaro di chi essi siano, viene a conoscenza del fatto che loro due sono gli assassini della figlia e decide di ucciderli, la donna si fingerà vittima del duo di malviventi, mettendo in mostra il suo spirito da marionettista, fredda, calcolatrice e opportunista; la donna, simbolo del marciume borghese italiano, la fa franca, pur essendo, in un certo senso, la “mandante” della morte di Lisa, in un finale che lascia l’amaro in bocca e che non soddisfa, come già detto, il nostro bisogno di giustizia.
L’ultimo treno della notte non è affatto un film semplice da guardare ed assimilare, un’opera estremamente crudele fatta non per piacere al pubblico ma per scandalizzarlo e farlo ragionare. In questo senso, si colloca piuttosto vicino all’idea di cinema di Pier Paolo Pasolini: Lado non si fa alcun scrupolo ed esercita tutto il suo diritto da artista di shockare il suo pubblico, lavorando ad un livello molto più psicologico rispetto a quanto accadesse normalmente nel cinema di genere di quel periodo. Non si limita a pugnalare lo spettatore sotto l’aspetto puramente visivo ma anche concettuale. L’ultimo treno della notte non è solo un film. È un’esperienza. Un’esperienza difficile da dimenticare.