Home recensioni commedia Amsterdam (2022) – Un grottesco j’accuse antitrumpista

Amsterdam (2022) – Un grottesco j’accuse antitrumpista

Nel 1918, Burt Berendsen (Christian Bale) si trova in Francia, costretto a combattere, suo malgrado, nella prima guerra mondiale. Qui fa amicizia con il commilitone Harold Woodman (John David Washington) e con Valerie Bandenberg (Margot Robbie), un’eccentrica infermiera che fa arte con le schegge rimosse dai soldati. Dopo la fine della guerra, i tre si trasferiscono ad Amsterdam, poi di nuovo a New York, dove anni dopo vengono coinvolti in un intrigo politico, volto a scardinare le basi democratiche degli Usa.

La prima cosa che salta all’occhio in questa weirdissima spy story è il cast, a dir poco stellare!

Tra i nomi infatti troviamo, oltre al trio delle meraviglie Bale/Robbie/Washington, anche Rami Malek, Robert De Niro, Anya Taylor-Joy, Taylor Swift, Chris Rock, Zoe Saldana e potremmo continuare per un bel pezzo!!

Un parterre di attori straordinario, guidato dal veterano David O. Russell, che conta 3 candidature agli Oscar per i film come The Fighter, Il lato positivo e American Hustle.

Il regista sceglie un ritmo esagitato e un piglio grottesco per raccontare un complotto che negli anni tra le due guerre, ha realmente minato la democrazia in America.

Il fatto risale al 1933 e venne chiamato Business Plot (o anche Wall Street Putsch) ossia una presunta cospirazione politica volta a rovesciare il governo del presidente Franklin D. Roosevelt, per insediare il generale Smedley Butler come dittatore.

La pellicola diventa così uno sferzante e grottesco j’accuse nei confronti del trumpismo e dell’assalto a Capitol Hill, in quel delirante 6 gennaio 2021.

Amsterdam si apprezza molto per i meriti più squisitamente tecnici, dalle scenografie, ai costumi e soprattutto la fotografia del solito Emmanuel Lubezki.

Qualcosa però non ha funzionato.

Che sia chiaro, non parliamo di un brutto film, anzi ci sono momenti poetici e spassosi, uno strano incrocio tra Woody Allen e i fratelli Coen e in generale si respira un brio quasi anarchico con diversi passaggi goffi e situazionismi fuori fase (il che non sarebbe neanche un male!).

Ma quello che maggiormente tradisce le aspettative è la presenza di subplot non ben sviluppati (a causa anche del super cast), i flashback nei flashback e una sceneggiatura verbosa e scollata, che respinge lo spettatore e finisce col volergli raccontare a tutti costi una storia bella, ma con poche emozioni.