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Addio Burt Reynolds, il George Best di Hollywood

Smokey and the Bandit (1977) Directed by Hal Needham Shown: Burt Reynolds

“Burt Reynolds e Robert Redford?”

Ma Burt è troppo buro! Forse meglio Redford. Me sembra un po’ più tenero, più dolce.
No, io Burt! Poi secondo me c’ha pure più sesso. Ma l’hai visto in costume da bagno che dè? È una delle poche prove dell’esistenza de Dio! Fatte servi’!

da Borotalco Carlo Verdone 1982

Burt Reynolds è morto a Juppiter in Florida, stroncato da un arresto cardiaco a 82 anni. Certo fa male svegliarsi e scoprire che un dio greco di sangue cherokee può andarsene per ragioni tanto prosaiche. Uno come Burt Reynolds, adorato dai suoi coetanei, invidiato dagli uomini ed amato da tutte le donne del mondo, il George Best dello star system hollywoodiano glam anni ’70, ti aspetti che tiri le cuoia facendo kitesurf a largo delle coste Maui o facendo urban climbing sul Burj Khalifa di Dubai.

Non nel paradiso dei pensionati americani.

Ma iniziamo dal principio, dall’11 febbraio 1936 a Lansing fredda capitale dello Stato del Michigan. Qui nasce Burton Leon Reynolds Jr, da padre di sangue nativo e mestiere poliziotto e madre irlandese. Ben presto i Reynolds si trasferiscono a Palm Springs. Qui alla tenera età di 14 anni il ragazzo perde la verginità grazie ad una fascinosa e benestante 40enne (altro che Asia Argento).

Se tanto mi da tanto, quella di Burton Leo, non sarà una vita qualsiasi.

Il ragazzo intanto inizia la sua carriera nel football professionista, interrotta (per sua fortuna) da un infortunio al ginocchio.

E’ solo un contrattempo, la fama e i soldi arriveranno molto presto. Burt ha un volto ed un fisico rude, latino, macho e il mondo dello spettacolo lo nota subito, a pochi mesi dal suo arrivo a NY, il giovane playboy ha già le idee chiare sul suo futuro ed una parte nella serie TV Hawk l’indiano, 17 episodi trasmessi per la prima volta nel 1966, incentrati sulle vicende dello stoico detective di origini indiane, l’irochese John Hawk.

In poco tempo Reynolds è già una star. Seguono film come lo spaghetti western Navajo Joe di Sergio Corbucci, talmente odiato dall’attore, da consigliarlo alle prigioni come punizione per i detenuti. Quindi una collaborazione con Samuel Fuller nel travagliato Quattro bastardi per un posto all’inferno.

Ma la svolta avvenne nel 1972 quando John Boorman propose a Reynolds la parte di Lewis nel capolavoro “rural gothic” Un tranquillo weekend di paura (Deliverance). Liberazione, appunto, dalla natura o per la natura. Un viaggio controapologetico sulle bugie dello straniero “civilizzato” (l’eroe americano) e le sue pretese di avere la meglio su quella terra selvaggia, abbandonata da Dio, ma non dai suoi redneck.

Una pellicola assoluta, tra i punti fermi del cinema americano anni ’70 e un’interpretazione, quella di Burt, tra le migliori della sua carriera, tanto da attirare l’attenzione dell’Academy. Ma l’attore ha la malsana idea di posare completamente nudo per Cosmopolitan, proprio alla vigilia delle nomination e allora… addio Oscar!

Intanto la vita personale dell’attore è selvaggio far west! Si sposa due volte, la prima con l’attrice Judy Carne dal 1963 al 1965, la seconda con Loni Anderson dal 1988 al 1995, con la quale adottato nel 1988 un figlio, Quinton. Nel mezzo decine di storie d’amore e di odio, come quella con la collega Inger Stevens, durata fino alla morte di lei, avvenuta nel 1970, per suicidio. Quindi ancora un’attrice Sally Field e la cantante Dinah Shore. Quindi un chiacchieratissimo flirt con la celebre tennista Chris Evert, proprio negli anni in cui trionfafa al Roland Garros, Wimbledon e Us Open.

Reynolds sdrammatizzerà tutto, anni dopo grazie al film I miei problemi con le donne (The Man Who Loved Women) di Blake Edwards.

Nel frattempo l’attore lavora alacremente con registi come Woody Allen in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, Robert Aldrich in Quella sporca ultima meta (uno dei suoi film più celebri), con Peter Bogdanovich in Finalmente arrivò l’amore (At Long Last Love) e Vecchia America (Nickelodeon).

Alla fine degli anni ’70 dopo il celebre Il bandito e la Madama, un road movie folle e ad altissimo budget (con la compagna dell’epoca Sally Fields), Reynolds era la star più desiderata e più pagata di Hollywood, citato anche da Springsteen nella canzone Cadillac road:

“James Dean in that Mercury ’49
Junior Johnson runnin’ thru the woods of Caroline
Even Burt Reynolds in that black Trans-Am
All gonna meet down at the Cadillac Ranch”

Ed è forse in questo momento che Reynolds perde di vista l’orizzonte. Un po’ per i fumi del successo,un po’ per presunzione, l’attore rifiuta parte importanti come era successo un paio di anni prima con quella di McMurphy nel capolavoro di Miloš Forman in Qualcuno volò sul nido del cuculo. Quindi Hans Solo nella serie Star wars e James Bond nell’omonima serie. Poco tempo dopo perderà anche importanti successi al botteghino come Voglia di tenerezza e Pretty Woman e per chiudere in bellezza lascia cadere anche la corte sfrenata dei produttori di una certa pellicola d’azione chiamata Die Hard….

Nel giro di poco l’attore viene dimenticato. Le sue apparizioni sono sempre più modeste e noiose. Ci provano solo Altman a fargli interpretare se stesso in Americani e il figlioccio Paul Thomas Anderson in Boogie Nights, dove Burt sfodera il meglio dei lustrini anni ’70. Ormai però ingialliti dal tempo.

Quasi simbolicamente Reynolds ritorna sul set pochi mesi prima dalla morte con The Last Movie Star, la storia di una vecchia gloria del cinema che deve affrontare la vecchiaia e i lontani ricordi del successo e della fama.

Un presentimento forse, certo la firma su quella che lui stesso ha definito “una vita pazzesca”.

Buon viaggio Burt!