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12 anni schiavo

Era considerato dagli addetti ai lavori il film dell’anno, il più atteso e si, probabilmente sarà il film dell’anno, quello destinato a rimanere nel tempo.

Protagonista della terza fatica dell’inglese Steve McQeen non è uno schiavo qualunque. Salomon Northup infatti è nato libero. Fa il violista a New York ha 33 anni, guadagna bene, una bella casa tutta sua e una famiglia. Un giorno entra in un negozio per acquistare una lussuosa borsa da viaggio per la moglie quando ad un certo punto uno schiavo nero entra stupefatto per guardare da vicino quel suo “fratello” libero e tanto sicuro di se. Sarà una scena premonitrice…. Poco tempo dopo infatti viene ingannato da due falsi artisti, viene ubriacato e si risveglia in catene. Inizia l’incubo, un incubo che durerà 12 anni. Per 12 anni Solomon passa di mano in mano, senza poter comunicare con nessuno e quindi provare la sua vera identità. Come i suoi compagni viene venduto, picchiato, frustato fino all’inverosimile, umiliato e seviziato.
Ma lui essendo un uomo libero è diverso da tutti gli altri schiavi, lui è consapevole, capisce, lui vuole vivere no sopravvivere e prova a ribellarsi. Ecco allora che in apertura lo vediamo tentare disperatamente di scrivere una lettera usando un succo di mora come inchiostro e, in un altro grande momento una delle sue lettere brucia a lungo, dolorosamente, come una rassegnazione.

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“Io non voglio sopravvivere, voglio vivere!”

 

Eccezionale regista di corpi (nessuno riesce a narrare il martirio del corpo meglio di lui), Steve McQueen realizza si un film formidabile, maestoso a tratti epico ma allo stesso tempo molto diverso dalle sue due opere precedenti. Questo è un film più “aperto” che va più incontro al pubblico che vuole meno sconvolgere lo spettatore. Manca infatti ad esempio di quella forza prorompente e disturbante che aveva il suo capolavoro d’esordio “Hunger” con le sue riflessioni filosofiche ed esistenziali, l’utilizzo del corpo come arma politica estrema e non ha nemmeno le sfumature della sua seconda opera “Shame”. Detto questo, nulla si vuole togliere alla bellezza di questo film che è il vero super favorito all’Oscar e che probabilmente (salvo sorprese dell’ultimo momento) vincerà, meritandosi anche appieno la sua statuetta.

Una scena memorabile: punito per essersi ribellato Solomon viene appeso a un cappio. I piedi sfiorano il suolo appena quanto basta perché non resti strozzato. Resterà così per tutta la giornata, sotto gli occhi di tutti, come invisibile senza che nessuno lo tocchi, semplicemente perché nessuno ha il diritto di farlo se non il suo padrone. Un unico lungo piano sequenza, potente e straziante.

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Vedasi sopra

 

VOTI FINALI
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Chief editor e Co-fondatore

Cresciuto a massicce dosi di cinema, fin da giovane età veniva costretto dal padre a maratone e maratone di Spaghetti-Western. Leggenda narra che la prima frase di senso compiuto che uscì dalla sua bocca fu: “Ehi, Biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima……” Con il passare del tempo si è evoluto a quello che è oggi: un cinefilo onnivoro appassionato di cinema in ogni sua forma che sia d’intrattenimento, d’autore o l’indie più estremo. Conteso da “Empire”, “The Hollywood Reporter”, “Rolling Stone”, ha scelto Jamovie perché, semplicemente, il migliore tra tutti.