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È difficile, specie nei rapporti di coppia, restare saldi sulle proprie convinzioni, non ascoltare la voce fastidiosa e invadente degli altri, sempre pronti a giudicare, a sostenere che ciò che si è non è abbastanza. Anche di questo parla Between Us di Rafael Palacio Illingworth.

Questo coro, questa influenza esterna entra silenzioso nel percorso di Henry e Dianne, due trentenni convintamene antiborghesi, coppia felice, complice e apparentemente appagata della propria esistenza. La visita ad un potenziale nuovo appartamento mette in crisi in loro rapporto: perché cambiare casa, cosa significa questa ricerca, ciò che hanno costruito non ha valore, il matrimonio è la soluzione per un cambio di prospettiva?

E così all’improvviso il candore rappresentato dal loro piccolo e scricchiolante nido d’amore si esaurisce nella ricerca di altro, un altro rappresentato da nuovi incontri, da desideri che i due si sono negati e che ora faticano a fare uscire. Non c’è colore in Between Us, nel senso che è difficile cogliere pienamente i grovigli emotivi  vissuti dalla coppia, Illingworth predilige una narrazione mentale, dove il sapore dolciastro di qualcosa che si sta rompendo deve predominare oltre gli ambienti e i suoni, difatti la musica non entra nei dialoghi di Henry e Dianne ma è un’ evasione da concedersi per altri momenti.

Beetween Us è il cinema indipendente che vorremmo sempre vedere: un racconto che pur con le sue imperfezioni, i passaggi un po’ forzati, costruisce attorno ad un tema una storia vera, non superficiale, una storia di persone che parlano e pensano vivendo l’amore in maniera vera, un amore che nel film è anche rancore che può sfociare in rifiuto, un amore che non comprende a pieno le emozioni dell’altro. E i due interpreti Olivia Thirlby e Ben Feldman risultano più che convincenti nel restituire tutto ciò.

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Redattore

- Il cinema per me è come un goal alla Del Piero, qualcosa che ti entra dentro all'improvviso e che ti coinvolge totalmente. È una passione divorante, un amore che non conosce fine, sempre da esplorare. Lo respiro tutto o quasi: dai film commerciali a quelli definiti banalmente autoriali, impegnati, indipendenti. Mi distinguo per una marcata inclinazione al dramma, colpa del Bruce Wayne in me da sempre. Qualche gargamella italiano un tempo disse che di cultura non si mangia, la mia missione è smentire questi sciacalli, nel frattempo mi cibo attraverso il cinema, zucchero dolce e amaro dell'esistenza -