Quando si parla di un prodotto televisivo o cinematografico nato da uno dei mitici racconti del maestro dell’orrore Stephen King, si rischia sempre di combinarla grossa e rimediare una brutta figuraccia.
Gli ultimi a tuffarsi in questa impresa sono stati Josh Boone e Benjamin Cavell, che con la miniserie The Stand hanno riportato sul piccolo schermo la guerra tra il Bene ed il Male rappresentati in questo caso da Mother Abigail e Randall Flagg.
Dopo la miniserie televisiva del 1994 siamo nuovamente catapultati in un mondo devastato, ancor più di quello attuale, da una super-influenza che ha letteralmente decimato la popolazione mondiale (già solo scrivere una frase così di questi i tempi fa correre più di un brivido lungo la schiena).
In un’America piena zeppa di desolazione e cadaveri, emergono subito i due schieramenti di sopravvissuti: quello che fa fede (parola non detta a caso) all’anziana Mother Abigail, e l’altro, guidato al malefico ed ammaliatore Randall Flagg.
Inutile soffermarsi più di tanto su quanto lo sfondo della storia di Stephen King sia dannatamente attuale con quella che il mondo sta vivendo in quest ultimo maledetto anno.
Andando ad analizzare invece cosa ci hanno lasciato queste nove puntate (nella miniserie del 1994 erano state quattro) possiamo trovare sia cose riuscite che altre poco convincenti.
A convincere sicuramente è stata l’interpretazione di Alexander Skarsgård nei panni del Profeta del Male Randall Flagg.
A conti fatti il suo personaggio risulta essere sicuramente più interessante di quello interpretato negli anni 90′ da Jamey Sheridan.
Se il Flagg di allora aveva toni più orrorifici e crudeli, quello attuale rispecchia in pieno il fascino del male.
Il suo è uno sguardo che può ammaliare anche l’anima più pura con la sua bellezza ed il suo carisma.
E poi diciamocelo, chi non si unirebbe ad uno come Flagg se a chiedertelo è uno sguardo come quello dell’attore svedese?
Un altro personaggio riuscito appartiene sempre alla schiera dei cattivi, ed è quello del bizzarro e paranoico Harold Lauder, interpretato da Owen Teague.
Meno convincenti e carismatici sono invece i vari personaggi che militano nelle fila dei buoni, tra i quali ricordiamo Stu Redman (James Marsden) e Nick Androse (Henry Zaga), penalizzati forse da una sceneggiatura che non li sostiene più di tanto.
A salvarsi forse rimane il solo Larry Underwood (Jovan Adepo), personaggio sicuramente più approfondito e meglio costruito.
L’atmosfera di terrore e paura sia per la pandemia letale che per l’infausta presenza di Flagg erano molto più forti nella miniserie degli anni 90′.
In quella appena terminata a farla da padrone è, invece, l’elemento distopico e l’eterna lotta tra il Bene ed il Male che poi sul finale lascia spazio ad una battaglia più accennata che vissuta e che presenta molti elementi più vicini ad uno sci-fi che all’horror dei racconti del maestro King.
Quello che convince meno è la sceneggiatura, che a volte non si sofferma più del dovuto su alcuni aspetti dei personaggi e su alcune vicende che li riguardano.
Di buchi ce ne sono e come, ed il continuo salto da presente a passato delle prime puntate di certo non aiuta in questo.
Questo The Stand non resterà sicuramente tra le migliori trasposizioni filmiche/cinematografiche dei racconti di King.
Nonostante abbia tra i punti di forza alcune delle interpretazioni dei personaggi principali, rimane un prodotto che se non fosse arrivato in un momento come questo sarebbe finito nel dimenticatoio molto più in fretta di come probabilmente sarà.