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La Mélodie: la musica nelle banlieu

“Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole.”

Non a caso e non per gioco risuonano attuali le parole di Goethe in questo delicato momento storico e culturale italiano quanto europeo.

Senza troppa convinzione, disilluso dalla sua vita, in primis quella personale, Simon Daoud (Kad Merad), violinista in via di declino, decide di accettare un lavoro come insegnante. La scuola è una delle tante nella multietnica banlieu parigina. Un melting pot complesso quanto fervido. Un istituto per giovani teppistelli poco inclini verso la musica. Distratti dalla vita di strada. Monelli con l’indole da “acchiappatopi” nella Glasgow della Ramsay o futuri Rebel Without a Cause.

Nello sconforto generale di questo suo nuovo lavoro, dopo un inizio turbolento e addirittura manesco, ecco che Simon trova nel piccolo Arnold (Alfred Renelyun) talento cristallino che lo costringerà a rivedere le priorità della sua vita privata e professionale. Pian piano i ragazzini scopriranno il potere della musica, mentre il saggio di fine anno alla Filarmonica di Parigi si avvicina sempre di più.

Racconto di formazione, La Melodie è l’opera prima del regista franco algerino Rachid Hami dopo il mediometraggio del 2008 Choisir d’aimer, con Leïla Bekhti e Louis Garrel. La storia prende spunto dalla vita personale dell’autore, che a soli 8 anni si trasferì dall’Algeria nel quartiere Pierrefitte-sur-Seine, lontano dai lustrini del Marais.

Qui Hami diventa amico e collaboratore di uno dei nomi di punta del cinema francese Abdellatif Kechiche. Proprio il modo in cui l’autore affronta il tormento adolescenziale nel meraviglioso La schivata (L’esquive) del 2003, diventa quasi un punto di riferimento per Hami nella realizzazione della sua opera prima. Quindi largo ai giovani attori non professionisti, al realismo bressoniano 2.0 e ad un approccio filmico molto diretto, sincero e senza fronzoli stilistici. La realtà prima di ogni cosa. Il risultato che ne viene fuori è un’opera onesta da consigliare a tutte le scolaresche in quegli spazio video formativi troppo spesso sottovalutati da insegnanti ed alunni. Magari da vedere insieme a La classe di Laurent Cantet e La mia classe di Daniele Gaglianone.

Protagonista assoluta ovviamente è l’opera del compositore russo Rimskij-Korsakov e le esecuzioni sorprendenti dei giovani apprendisti.

Neanche a dirlo alla fine vincerà la musica. Un trionfo armonico forse un filo scontato, ma necessario per portare a compimento il senso ultimo e cuore esegetico della pellicola.

Come ci ricorda infatti la celebre coppia Steven Spielberg/Francois Truffaut nel capolavoro del 1977 Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind), non servono guerre pentatoniche ma solo cinque note per iniziare una frase dicendo: “H-E-L-L-O”.