Una nenia femminile (firmata Ennio Morricone) apre il sipario, inquadrando una giovane donna vestita di rosso, soggetto di fotografie scattate da una figura misteriosa, per poi lasciare spazio a una serie di coltelli affilati. Così ha inizio il primo grande thriller dell’ex critico cinematografico Dario Argento. L’uccello dalle piume di cristallo, infatti, è il suo esordio dietro la macchina da presa.
L’uccello dalle piume di cristallo esordì nei cinema il 19 febbraio del 1970, con un divieto ai minori di quattordici anni.
Il film ha attinto molto dai thriller Sei donne per l’assassino e La ragazza che sapeva troppo di Mario Bava. Inoltre segnò l’inizio della Trilogia degli animali. La stessa venne ideata proprio da Dario Argento e poi emulata nella restante Italia, facendo diventare, così, una moda inserire nei titoli dei film i nomi di animali.
Inizialmente il film non ricevette molti consensi: le sale cinematografiche nei primi giorni erano vuote nelle città di Milano e Torino. D’altronde, l’Italia e il mondo intero avevano bisogno di essere rasserenati: il ’68 era stato un anno davvero spiacevole per le intere nazioni, sia per gli anni di piombo, la strage della Manson Family e quella di piazza fontana a Milano, dove vi fu un attentato terroristico.
Il film di Argento di certo non era ciò che più poteva tranquillizzare il pubblico, data la violenza ad esso intrinseca. Liberamente ispirato a La statua che urla, romanzo di Fredric Brown, L’uccello dalle piume di cristallo è un giallo a tinte noir.
Sam Dalmas, (Tony Musante) è un giovane italo-americano. L’uomo, uno scrittore che lavora a Roma, spera di poter trovare quiete e ispirazione per scrivere. Dopo essersi specializzato nello studio di uccelli rari grazie al suo amico ornitologo Carlo, è in attesa di ripartire per gli Stati Uniti.
Ciò non succederà, dal momento che Sam sarà l’unico testimone di un tentato omicidio verso Monica Ranieri. L’uomo, infatti, assiste a una colluttazione in una galleria d’arte tra la donna e una figura misteriosa in nero. Monica rimane ferita e Sam è costretto a rimanere a Roma perché gli sfugge un particolare importante e soltanto lui può identificare quella figura.
Figura che, probabilmente, non è altro che il killer che in quei mesi ha ammazzato a Roma tre donne di fila.
Il tema del protagonista che osserva un dettaglio di vitale importanza per la scoperta dell’identità dell’assassino, è un elemento che viene ripreso più volte nelle opere di Argento.
La prova più ovvia è Profondo Rosso. Lì il protagonista Marc (David Hemmings) dimentica che, ciò che aveva visto nel corridoio di casa della prima vittima, non era un quadro. Quel qualcosa di importante da ricordare era bensì uno specchio che rifletteva il volto dell’assassino.
Se questi fattori accomunano i primi giallo/thriller di Argento, anche l’elemento chiave de L’uccello dalle piume di cristallo, ovvero il quadro naif, è riconducibile al macabro disegno nella Villa del bambino urlante di Profondo Rosso. Così anche il ricordo prima di morire, della vittima di 4 mosche di velluto grigio, che ripropone l’immagine della collana indossata dal killer.
Dario Argento con L’uccello dalle piume di cristallo riportò in Italia il puro terrore. Chiamate terrificanti ricevute da un omicida, inseguimenti, quadri quasi raccapriccianti e la ripresa in soggettiva della vittima verso il killer stesso. Sono solo alcuni degli elementi orrifici inseriti in un maestoso giallo dei fine anni sessanta. La genialità argentiana era palpabile già dal primo lavoro da regista di un uomo che prima di allora, non aveva mai pensato di diventare regista.
Il cinema, però, gli avrebbe colmato la vita.
Il surrealismo del cinema argentiano era già vivido, presente nell’opera prima L’uccello dalle piume di cristallo. Un cinema come il suo è fatto di realtà, ma anche di visioni, di tante interpretazioni, di sogni oscuri e tormenti. Argento ci insegna che l’apparenza non rappresenta mai ciò che è veramente, che non sempre ciò che si interpreta inizialmente è ciò che si è visto.
Che l’essere umano può confondere, vedere, ma mal interpretare, ignorando cose importanti nella vita per dare adito alle futilità.
L’uccello dalle piume di cristallo è un’opera prima geniale, dove la magnifica stesura della scrittura gioca il ruolo fondamentale. Il primo capitolo della trilogia degli animali, così come i suoi predecessori, è immune dalle banalità.
Esso è un contrasto tra musica martellante, paura incessante: un macabro sodalizio tra l’orrore percepito e l’orrore celato dal silenzio.
Dario Argento fu una garanzia e questo prodotto di puro thrilling ce lo insegna.