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FEFF22: Lucky Chan-sil – la recensione

«Un sogno inseguito nella brama non porta alla felicità». Ne sa qualcosa la protagonista Chan-sil, che per anni è vissuta con il solo scopo di realizzare le proprie aspirazioni professionali. "Lucky Chan-sil" è un percorso alla scoperta di che cosa porti alla felicità e di una riflessione interiore su se stessi, i propri sogni e la perdita di ciò che si ama.

Il sogno che abbiamo inseguito per tutta una vita si è infranto. Per sempre. Come potremo continuare a vivere? Lucky Chan-sil non avrà una risposta univoca, ma forse sarà in grado di far porre le giuste domande allo spettatore.

Di che cosa parliamo esattamente? Del film Lucky Chan-sil di Kim Cho-Hee (Corea del Sud 2020) presentato alla ventiduesima edizione del Far East Film Festival.

La trama è semplice: Chan-sil, produttrice cinematografica, ha sempre lavorato con il Signor Li, regista. Alla morte improvvisa di quest’ultimo, la protagonista entra in crisi. Ormai adulta e senza più lavoro, si sente spacciata. Per il suo grande sogno, il cinema, Chan-sil ha rinunciato a tutto, persino all’amore e all’idea di una famiglia. Che cosa le resta adesso?

Quando Chan-sil conosce un giovane e aitante professore di francese, una nuova speranza sembra farsi strada in lei. Basterà una passione travolgente a risolvere la crisi esistenziale che Chan-sil sta vivendo?

Analisi tecnica di Lucky Chan-sil 

Il film Lucky Chan-sil si avvale di una sicura tecnica regista e di una fotografia notevole. Ottimo il lavoro con l’illuminazione; inoltre sono da evidenziare i movimenti di macchina (numerose le carrellate avanti funzionali alle scene) e i punti di vista adottati, che sono dei più vari. Particolari le soggettive, come quando vediamo la città attraverso gli occhi di Chan-sil velati dalle lacrime.

La protagonista Chan-sil mentre legge un libro e riflette sulla propria crisi

Si fa un uso parco della musica, presente solo quando è assente il dialogo, ma che a ogni modo ben esprime i sentimenti di Chan-sil.

La sceneggiatura non brilla per originalità e il plot twist finale difficilmente vi lascerà a bocca aperta. Tuttavia, i dialoghi sono molto interessanti e costruiti con sapienza. Il personaggio di Chan-sil è realistico e a tutto tondo, mentre gli altri personaggi sono lasciati sullo sfondo e non evolvono lungo il corso della storia. La loro funzione sembra solo di sostegno per la crescita interiore della protagonista.

Il punto nodale del lungometraggio consiste nella recitazione di Kang Mal-geum che interpreta in maniera magistrale Chan-sil. Ciò permette al film di non essere troppo auto-referenziale.

La brava Kang Mal-geum, vincitrice del Baeksang Arts Award come miglior attrice esordiente in un film

Il rischio che la regista Kim Cho-Hee ha infatti corso è quello di un prodotto concentrato in modo ossessivo sul fare cinema. Le citazioni esplicite nei confronti di personaggi del mondo cinematografico – come nel caso del regista Yasujirō Ozu o in quello dell’attore Leslie Cheung Kwok-Wing, morto suicida nel 2003 e che nel film compare sotto forma di fantasma – sarebbero infatti risultate eccessive se non sostenute da un’ottima recitazione della protagonista.

Conclusioni

Tutto sommato, possiamo permettere a Lucky Chan-sil di essere una riflessione metacinematografica. È evidente fin dall’inizio la dichiarazione d’amore per un certo tipo di cinema da parte di Kim Cho-Hee. La regista si oppone al puro intrattenimento e ai film d’azione, sbilanciandosi verso un cinema introspettivo e concentrato sulle cose semplici, «i miracoli di ogni giorno”.

Il film, per quanto non eccezionale sotto tutti i punti di vista, è un must per gli amanti del cinema orientale e per chi desidera perdersi in una dolce riflessione sulla vita e le sue difficoltà.

Concludo con una frase tratta da Lucky Chan-sil che credo ben esemplifichi la sensazione di nostalgia e perdita sottesa a tutto il film: «I fiori ritornano con le stagioni. Se solo anche noi potessimo farlo».