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Annientamento: sci-fi tra Alien e Tarkovskij

Lena (Natalie Portman) è una biologa il cui marito, Kane (Oscar Isaac), è stato dato per disperso in una missione militare segreta.

Inaspettatamente l’uomo fa ritorno a casa ma non ha alcuna memoria di ciò che è successo. In breve tempo si ammala gravemente finendo in uno stato comatoso. Poiché ex soldatessa e professoressa in biologia, a Lena viene proposto di portare a termine la missione del marito, ossia raggiungere il misterioso “Bagliore”, la fonte dell’Area X, dove molti soldati ed esperti si sono persi nel nulla. Lena accetta per dovere nei confronti della scienza e per rispetto e devozione verso il marito.

Nella squadra della dottoressa Ventress (Jennifer Jason Leigh) si uniscono anche la fisica Josie Radeck (Tessa Thompson), la geomorfologa Cass Sheppard (Tuva Novotny) e il paramedico Anya Thorensen (Gina Rodriguez). Armato e motivato il gruppo si addentra nell’Area X e scopre gli effetti personali lasciati dalla squadra di Kane e una memory card con un messaggio.

Annihilation è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da Jeff VanderMeer, primo capitolo della trilogia dell’Area X.

Dietro la cinepresa troviamo una vecchia conoscenza Alex Garland, autore di The Beach e sceneggiatore di film come 28 giorni dopo, alla sua seconda prova come regista, dopo l’ottimo Ex Machina del 2015.

La pellicola ha due anime distinte, ma non separate. Intrattenimento e filosofia. Azione e riflessione.

Da una parte troviamo per ovvie ragioni “um filme falado”, cinema dell’assurdo, un’epopea intimista e filosofica che attinge dalle atmosfere e dai contenuti della fantascienza tarkovskiana, in particolare da Stalker, capolavoro del maestro russo del 1979. Dall’altra c’è invece un nucleo narrativo e l’intrattenimento di classici come Alien e Predator. Pellicole di avventura con improvvise e cruente svolte horror e momenti gore, che non lasciano indifferenti lo spettatore.

Il tema della conoscenza sembra essere il miocardio esegetico del film. “Non lo so” è la risposta più frequente dei protagonisti.

Il tutto sembra ammiccare all’impotenza umana davanti alla conoscenza, al sapere. Il film riflette sulla contaminazione, sulla convivenza, sulla malattia, alle cellule tumorali (che sembrano essere un leitmotiv del film). In tutto questo l’uomo sembra soccombere. Dalle ceneri sorge spontanea un’inquietante domanda: e se fosse un bene? E se per assurdo questo fosse un film ecoterrorista? La tesi di VanderMeer/Garland potrebbe essere che l’unica speranza per la terra sia proprio questo “annihilation”? L’estinzione dell’umanità e buona notte al secchio?!

C’è tanta carne al fuoco e per tal ragione si raccomanda la visione del film con uno spirito critico pronto e non troppo comodamente appollaiati sul divano di casa davanti a Netflix.