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7 giorni a Entebbe – Cronaca di un dirottamento aereo

I fatti realmente accaduti e che hanno ispirato la pellicola 7 giorni a Entebbe hanno inizio il 27 giugno del 1976.

In quel triste giorno quattro terroristi dirottano il volo 139 dell’Air France, proveniente da Tel Aviv e diretto a Parigi, con a bordo 248 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio. I responsabili dell’atto criminoso sono due palestinesi appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) e due tedeschi Wilfried Böse (Daniel Brühl) e Brigitte Kuhlmann (Rosamund Pike) aderenti alle Revolutionäre Zellen.

L’Airbus dopo uno scalo in Libia per il rifornimento, viene fatto atterrare ad Entebbe, in Uganda, dove con l’appoggio del governo del dittatore ugandese Idi Amin, inizia a dettare le condizioni per la liberazione degli ostaggi.

Il Governo Israeliano però non ha alcuna intenzione di scendere a patti col i terroristi, liberando criminali di guerra, per non creare pericolosi precedenti. L’unica soluzione possibile è quella di una fulminea operazione militare, nella speranza di limitare le vittime.

7 giorni a Entebbe è un thriller-action paramilitare con una precisa prospettiva storico politica.

Il film è stato diretto da José Padilha, noto ai più per il cult Tropa de Elite e la serie Narcos. Una specie di Stefano Sollima brasiliano che ha un ottimo controllo del mezzo e una virile, ipercinetica e americaneggiante idea di cinema.

Pur non avendo molte scene d’azione, Entebbe riesce a mantenere sempre un ritmo serrato grazie ad una sceneggiatura asciutta e al montaggio di Daniel Rezende (City of God), fedele collaboratore di Padilha. Ottimo il cast internazionale da Daniel Brühl (Good Bye, Lenin!, Bastardi senza Gloria, Rush), a Rosamund Pike (L’amore bugiardo – Gone Girl, Jack Reacher). Spicca inoltre il solito Eddie Marsan (Still Life) che interpreta Shimon Peres negli anni della storica rivalità con Yitzhak Rabin, collega di partito, ma eterno avversario nella leadership dei laburisti.

Non si può far a meno di evidenziare una certa faziosa parzialità ideologica nel modo in cui viene esaltato l’interventismo patriottico del governo israeliano.

Restano inoltre slegate le pur belle coreografie di Ohad Naharin e della compagnia di danza Batsheva, inserite con valore allegorico all’interno della pellicola.

Ossessiva e meravigliosa “Echad Mi Yodea” canzone popolare ebraica che va ad impreziosire l’ottima OST che porta la firma del polistrumentista brasiliano Rodrigo Amarante.

Nonostante le eccessive critiche, un buon film disponibile in Italia sulla piattaforma Amazon Prime.