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Il pestaggio di Rodney King e le rivolte a L.A. tra storia e cinema

Siamo nella città degli angeli, è notte fonda ed è il 3 marzo 1991.

Rodney King, un tassista di 25 anni nato a Sacramento è in auto con i suoi amici dopo una serata a bere qualche birra e a guardare il basket con Bryant Allen e Freddie Helms. Sono gli anni dei Chicago Bulls, dei Portland T. Blazers, del coach Don Nelson, ma soprattutto di Michael Jordan. I tre ragazzi, afroamericani, erano alla guida di una Hyundai Excel del 1987, sulla Interstate 210 nella San Fernando Valley di Los Angeles. Gli ufficiali Tim e Melanie Singer, marito e moglie, membri della California Highway Patrol, notano che la macchina guidata da King sfreccia sull’autostrada, oltre i limiti di velocità. Inizia un inseguimento che coinvolge alcune volanti e persino un elicottero.

I ragazzi dopo 13 km di fuga, decidono che non vale la pena rischiare oltre modo e che la bravata poteva, anzi doveva, finire qui. All’altezza del quartiere residenziale Lake View Terrace, all’angolo di Foothill Boulevard e Osborne Street, i tre arrestano l’auto e si concedono alla polizia. Ad occuparsi dell’arresto sono gli agenti Stacey Koon, Laurence Powell, Timothy Wind, Theodore Briseno, e Rolando Solano.
Mettiamo un ideale fermo immagine e facciamo ripartire la storia da qualche istante prima, proprio a Lake View Terrace nel quartiere bene di L.A, tra campi da golf e villette monofamiliari.

Qui vive un idraulico di 31 anni, si chiama George Hollyday, l’uomo, svegliato dalle sirene e dall’elicottero, impugna immediatamente la sua camcoder.

 

Oggi con tutti i cellulari a disposizione, non sembra niente di eccezionale, ma nel 1991 non era così scontato avere una telecamera a portata di mano. L’idraulico sale sul terrazzo di casa e gira un video di circa 8 minuti, andando avanti e indietro con lo zoom e riprendendo un evento che sconvolse gli animi della comunità afroamericana e del mondo intero. Si, perché il video di Hollyday viene considerato ad oggi tra i primi video virali della storia, secondo per importanza solo al celebre filmato Zapruder che riprese l’assassinio di JFK.
Torniamo all’angolo di Foothill Boulevard e Osborne Street. I poliziotti invitano i tre ragazzi a scendere dall’auto, l’unico che fa un po’ di resistenza è proprio King che sta al volante.

Il ragazzo viene fatto scendere con le cattive e da qui inizia un pestaggio violento che dura diversi secondi e che procurerà all’uomo 11 fratture craniche, danni permanenti al cervello, ossa e denti rotti e una permanente insufficienza renale.

Un po’ troppo per una bravata. Intanto Hollyday aveva ripreso tutto e poche ore dopo, alcuni dicono in cambio di 500 dollari, altri solo dopo una pacca alla spalla, l’uomo porta la cassetta con pestaggio alla vicina emittente Klat.

Quelle immagini divennero iconiche degli anni ’90 e si sono intrecciate più volte con la storia del cinema e della televisione. Tra i tanti esempi, l’incipit del film Malcolm X di Spike Lee che inizia proprio con il pestaggio di King e la voce fuori campo dell’attivista afroamericano:

“Fratelli e sorelle, sono qui per dirvi che accuso l’uomo bianco. Accuso l’uomo bianco di essere il più grande assassino della Terra. Accuso l’uomo bianco di essere il più feroce rapinatore della Terra. Non vi è luogo in questo mondo dove l’uomo bianco possa andare e dire di aver portato la pace e l’armonia. Ovunque è andato ha portato la rovina e la distruzione. Per questo lo accuso. Lo accuso di aver perpetrato i crimini più efferati. Lo accuso di essere il più ignobile carnefice della Terra. Lo accuso di essere il più violento rapinatore e schiavista della Terra.”

C’è poi un’altra curiosità che unisce l’episodio di Rodney King con la storia del cinema e bisogna tornare alla notte del 3 marzo 1991.

Alcuni hanno definito quel triste giorno il “Judgment Day”, per una comunità, quella afroamericana che da anni aveva subito maltrattamenti ingiustificati da parte della polizia. Ed è curioso il fatto che proprio mentre King veniva selvaggiamente pestato dai poliziotti della LAPD, dietro Foothill Boulevard, a 300 metri di distanza, James Cameron stesse girando Terminator 2: Judgment Day.

Nel film campione d’incassi in quel triste anno, recita anche il giovane esordiente Edward Furlong nel ruolo del giovane John Connor. L’attore si fa notare e tornerà a far parlare di se qualche anno dopo nel film cult American History X dove viene citato il pestaggio di Rodney King.


Se ci fosse una colonna sonora in questa triste storia sarebbe quella del gruppo gangsta rap losangelino N.W.A, e fa parte del loro primo album in studio, Straight Outta Compton (titolo dell’omonimo film del 2015 diretto da F. Gary Gray ). Compton è un quartiere in prevalenza afroamericano, l’acronimo N.W.A., sta per Niggaz Wit Attitudes (negri con le palle), il pezzo ovviamente è “Fuck tha Police” e nel giro di pochi mesi diverrà il simbolo delle successive rivolte.

24 ore dopo il pestaggio di King l’America si sveglia sconvolta ed arrabbiata.

La beffa qualche mese dopo quando gli agenti coinvolti nel pestaggio ingiustificato, vengono giudicati innocenti e rilasciati. Le conseguenze furono terribili e drammatiche, la comunità afroamericana e non solo, scene in piazza.
L’episodio di Rodney King e la virale messa in onda del suo pestaggio da parte di tutte le televisioni nazionali, non fece che accendere la miccia di una bomba da anni pronta ad esplodere. Così fu.
Dopo una prima risposta morbida da parte del sindaco Tom Bradley, il 2 maggio unità dell’esercito, una compagnia della Polizia Militare e 1500 Marines arrivarono a supporto della Guardia Nazionale, portando il totale delle forze dispiegate a 13.500 unità. Fu una repressione violenta in cui morirono 63 persone, più di duemila rimasero ferite, oltre 11mila furono arrestate e furono causati danni per più di un miliardo di dollari. Tutta l’area di South Los Angeles subì perdite gravissime, venne letteralmente devastata e ci vollero anni prima che gli edifici distrutti fossero interamente ricostruiti.

Le rivolte di Los Angeles hanno ispirato numerosi film tra i quali Indagini sporche – Dark Blue di Ron Shelton, ambientato a L.A., nel periodo tra l’aggressione a Rodney King e l’inizio della rivolta.

La prima stagione del telefilm American Crime Story, incentrata sul caso giudiziario di O. J. Simpson, strettamente legata al pestaggio di King e alle successive sommosse. Celebre anche le similitudini tra i fatti in questione e il film Strange Days di Kathryn Bigelow.

E allora oggi nel 2020 per capire quello che sta accadendo negli Stati Uniti d’America, dobbiamo riprendere proprio la prima scena di Malcolm X e continuare con quel doloroso monologo che apre la pellicola di Spike Lee:

“Voi non siete parte dell’America. Siete le vittime dell’America. Non avete avuto scelta venendo qui. Lui non vi ha detto: “Uomo nero, donna nera, venite con me, aiutatemi a costruire l’America”. Ha detto: “Sporco negro, entra nella stiva di quella nave. Ti porto in America in catene, perché devi aiutarmi a costruirla l’America”. L’essere nati qui non fa di voi degli americani. Io non sono americano. Voi non siete americani. Siete uno dei 22 milioni vittime dell’America. Voi e io non abbiamo mai visto la democrazia. Non abbiamo visto la democrazia nei campi di cotone della Georgia. Non c’era democrazia laggiù. Non abbiamo visto la democrazia nelle strade di Brooklyn, nelle strade di Harlem, nelle strade di Detroit. Non c’è democrazia laggiù. No, non abbiamo visto mai la democrazia. Abbiamo visto soltanto l’ipocrisia. Noi non vediamo alcun Sogno Americano. Abbiamo vissuto solo l’Incubo Americano.”