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Venezia 73 – Il più grande sogno – di Michele Vannucci

“La cosa più difficile non è prenderti cura di te stesso, ma avere la responsabilità di prenderti cura degli altri”. Recita presso a poco così una delle frasi più significative del film di Michele Vannucci  “Il più grande sogno”, presentato nella sezione “Orizzonti” a Venezia 73. Colui che ha questa responsabilità è Mirko (Mirko Frezza), che a 39 anni, uscito nuovamente dal carcere, deve reinventarsi, senza sapere cosa fare della propria vita, ma con una moglie, due figlie ed un terzo in arrivo da dover accudire, a cui dare un futuro; un futuro che però fa difficoltà ad immaginare anche lui, un futuro fatto di lavoro, sacrificio, legalità, differente da quello che Mirko ha invece visto finora fatto di droga, rapine, galera.

Il lavoro da fare per ricominciare da zero è tanto, riacquistare la fiducia della gente, di sua moglie, e specialmente di sua figlia Michelle non è e non sarà affatto facile per lui.

Attorno a Mirko, oltre a gente poco raccomandabile si muovono però altri “compagni di viaggio” , in primis Boccuccia (un immenso Alessandro Borghi) e Paola (Ivana Lotito) che provano ad aiutarlo nel rimettere insieme i pezzi della sua vita.

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Il nuovo progetto che lo vede eletto Presidente di Quartiere può essere la svolta tanto attesa, la chiave per svoltare. La vita però chiede sempre un conto per i peccati commessi in passato, un conto da dover saldare e che spesso è molto salato. Il conto che in questo caso attende Mirko ha le sembianze di suo padre, che non è certo il suo primo sponsor, almeno per la nuova vita che egli desidera avere ora. Il rapporto tra padre e figlio vive nel film di Vannucci di alcuni momenti davvero intensi, così come per i rapporti che Mirko ha con altri protagonisti chiave della storia, (la scena con sua figlia Michelle è davvero commovente).

Vannucci ci mostra tutti questi confronti diretti con primi piani che seguono gli sguardi degli attori in ogni secondo e da ogni angolazione, quasi a volerci portare dentro i loro pensieri, a farci provare i loro stessi sentimenti, a volerci immergere nella loro situazione.

Frezza è ottimo nella sua parte, Borghi è una garanzia. Un piccolo racconto di quella Roma di periferia dimenticata da tutto e da tutti, in cui però è possibile potersi rialzare, poter ricominciare, far crescere nuovi sogni, nuove speranze, ed anche…..una bella piantagione di pomodori.

PROMOSSO

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Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

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