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Venezia 73: Through the wall – Recensione

La regista israeliana Rama Bursthein forse ha una fissa per i matrimoni. Se con “La sposa promessa” (presentata sempre al Lido qualche anno fa) c’aveva immerso nell’ angoscia di un matrimonio fortemente condizionato dal lato più ortodosso della religione ebraica, nel suo secondo lungometraggio, Through the wall, questa angoscia, seppur intervallata da ironia e momenti più comici, rimane.

La protagonista è sempre una donna, elemento cardine delle pellicole della regista israeliana: Michal, 32 anni, sta per convolare a nozze quando, ad un mese dalla fatidica data, il suo ragazzo si tira fuori. Cosa fare a trenta giorni dalle nozze? Lei non ha la minima intenzione di rimanere sola, di tornare single, vuole sentirsi amata dal suo uomo, vuole essere felice. Ed allora quei trenta giorni diventano il tempo massimo entro il quale Michal deve trovare un uomo da sposare, non importa come, non importa chi, ma sicuramente lei si sposerà, entro quella data, che coincide con l’ultimo giorno di Hannukkah.

La sua convinzione, seppur con qualche momento più difficile è sostenuta dalla sua forte fede in Dio, altro elemento che torna sempre nei film della Bursthein.

La regista questa volta confeziona rispetto al suo primo lungometraggio un prodotto che contiene più ironia e scene comiche, tuttavia conservando l’elemento fondamentale delle sue pellicole: la silenziosa ma allo stesso tempo rumorosa lotta per l’affermazione della figura della donna al’interno della società e della religione ebraica.

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Michal vuole sposarsi perchè come ogni donna desidera essere amata da suo marito, protetta da lui, vuole sentirsi importante, felice. In questo un grande contributo lo da la protagonista del film, la giovane Noa Kooler, una ragazza un po’ fuori dagli schemi che vuole non solo trovare un semplice compagno di vita ma desidera di più, risultando a volte agli occhi dei personaggi che le gravitano intorno alquanto presuntuosa e poco umile.

Belle le musiche pop tipiche della cultura israeliana, primi piani molto utilizzati, soprattutto sulla protagonista principale, nell’intento di mostrarci in ogni singola inquadratura le sue emozioni ed i suoi sentimenti. Poco approfondite e senza una chiusura le figure dei personaggi secondari, così come alcuni aspetti della vita di Michal, come il suo lavoro.

Un film molto più leggero rispetto a “La sposa promessa“, e che, seppur sopra la sufficienza, non avrà il richiamo del suo predecessore.
La pellicola fa parte della sezione “Orizzonti“.

– Articolo a cura di Serena Scarpini