La produzione di Mike Flanagan ritorna nella nuova serie horror targata Netflix, The Haunting of Bly Manor. Sbarcata sulla piattaforma streaming lo scorso 9 ottobre, ha già ottenuto un notevole consenso, grazie a una storia non di soli fantasmi, ma di anima, amore e sensi di colpa.
Fuggita in Inghilterra da una triste vita in America, la giovane istitutrice Dany Clayton, accetta la proposta di lavoro del ricco Henry Wingrave. L’uomo, impegnato imprenditore, ha bisogno di una governante che si occupi di istruire e tenere a bada i due piccoli nipoti, Miles e Flora, nella grande magione di Bly. Nonostante il compito sia molto arduo, in quanto i bambini sono da poco rimasti orfani, Dany accetta, carica di aspettative. La sua speranza è fuggire da un passato che la tormenta, riflettendosi ovunque intorno a lei.
Giunta a Bly, l’istitutrice percepirà fin da subito come gli animi dei suoi abitanti siano tormentati non solo dalla morte dei Wingrave, quanto da altri fatti tragici accaduti in seguito, come la morte della precedente istitutrice.
Ispirato al romanzo “L’incubo di Hill House, di Shirley Jackson, Hill House ha avuto a suo tempo un grande merito, quello di riuscire a narrare una storia horror, che non si limitasse solo a incutere lo spavento nello spettatore. Non dimentica mai di trasportare la storia su un livello profondamente intimo, legandolo alla sfera dell’umano. In tale modo attribuisce all’horror una grande profondità.
Bly Manor si ispira al libro “Il Giro di Vite”, nato dalla penna di Henry James e, nonostante veda ritornare alcuni attori della sua stagione precedente e sia ambientata in una grande magione, ha una storia e uno sviluppo decisamente diversi rispetto al suo “predecessore”. Dunque sarebbe meglio analizzarla sotto una differente luce.
Primo punto da analizzare è quello legato al concetto di horror. Siamo abituati ad affiancare a tale genere, continue scene improvvise con apparizioni di fantasmi, sangue e paura pura. Bly Manor tuttavia, non è un horror puro e sicuramente non incute lo stesso timore di Hill House. Conta scene di tensione, con qualche fantasma che fa la sua apparizione, case delle bambole che si aprono, stanze buie. Il vero terrore non è tuttavia dato da queste scene sporadiche, ma da una tensione nata dai personaggi stessi. Ognuno di loro, con la propria storia, genera un’inquietudine e un’ansia che plasmano anche le stesse zone della casa da loro frequentate. Passano da momenti di equilibrio a serenità, ad attimi di perdizione, angoscia, nei quali sembrano perdersi in un loop continuo.
In un mondo nel quale gli adulti sembrano piano piano perdere ogni certezza, i due bambini ne acquistano di nuove, rendendosi protagonisti di un gioco di ruoli anch’esso senza limiti ne uscite.
Inoltre in Bly Manor, una parola chiave da utilizzare è sicuramente “loop temporale”. La linea temporale della stagione è molto complessa. L’oscillazione tra presente e passato viene invasa da costanti loop e nuove dimensioni temporali. Tutto diventa sempre più labirintico e lo spettatore si lascia quasi trasportare dalla sensazione di stordimento mentale che ne deriva e che anche i personaggi stessi provano, soggetti a questi sbalzi temporali. Quale di questi momenti è un ricordo e quale è realtà? Cosa sono uno e l’altra? Nel mezzo del labirintico caos della mente, l’unica cosa che si può fare, è provare a raggiungere l’origine.
Bly Manor non è allora un horror nella forma solitamente nota e forse per questo può trovare diversi dubbi. Bisogna guardarlo con una nuova ottica. Ciò che incute il reale terrore è il percorso di un’anima che, travolta dal dolore, si consuma riducendosi a una mera forma che vaga per l’eternità in un purgatorio che si ripete sempre uguale a se stesso. Bly Manor dimostra che non vi è bisogno alcuno di ricorrere sempre un sovrannaturale e all’inspiegabile come tema principale, quanto usarlo per raggiungere un nuovo tipo di terrore. Un terrore che riguarda il destino dell’uomo, ciò che ne è della sua anima.
I protagonisti hanno un doppio con cui si scontrano, che non li lascia liberi. Una lotta continua, così come accade per tutti nel corso della vita. I fantasmi di cui ci circondiamo cosa sono se non una riproduzione fissa dei nostri rancori, dei nostri dolori? Questi fantasmi sono sempre con noi e ci accompagnano in un ripetersi continuo di scontri, fino a quando non li guarderemo faccia a faccia, finché non arriveremo ad affrontare i nostroi riflessi e comprenderemo che l’unico modo per sconfiggerli, è accettarli.
In questo Bly Manor è molto più reale è vicino a noi, quasi come se volesse mostrare la fragilità della natura umana, ieri e oggi. Si tratta di un racconto di vita, che va goduto e assaporato fino alla fine, arrivando a un finale commovente e carico di emozioni. Ciò che NON bisognerà fare in alcun modo, sarà paragonarlo a Hill House, in quanto completamente diverse.
Hill House diventa il terreno di prova per Flanagan, che, con Bly Manor si da a sperimentazioni e a rischi ulteriori. Se la prima stagione si sofferma sui membri di una famiglia, questa volge lo sguardo su perfetti estranei. Non c’è un legame di sangue, ma qualcosa di diverso che, tuttavia, può essere altrettanto forte. Si dice che non scegliamo la famiglia di nascita, ma possiamo scegliere chi farà parte di quella nuova, quella che nasce quando ci stacchiamo dal mondo conosciuto e sicuro e ci immergiamo in quello nuovo e timoroso. Bly Manor è questo: un gruppo di persone che si incontrano, si vogliono bene e diventano uno la famiglia dell’altro. Un diverso tipo di famiglia, ma pur sempre tale, in cui se il sentimento è vero, si da la vita.
Altro punto a favore di Bly Manor è il cast eccellente e mirato. Come già accennato, ritornano alcuni volti noti, come Vittoria Pedretti, bravissima nel ruolo di Dani. Un personaggio in perenne bilico tra una certa tenerezza quasi “infantile” e un tormento d’animo legato al senso di colpa. In perenne conflitto tra il cuore e il rimorso.
Tra le new entry non si può non citare T’Na Miller, nei panni di Hannah, forse il personaggio più bello di tutta quanta la serie. Tanto dolce e materno quanto enigmatico e sofferente, il suo personaggio è talmente complesso e ricco di sfumature, da non stancare mai. In un alternarsi di momenti di illusoria felicità a disperata consapevolezza, l’attrice ha saputo dare una prova degna di nota.
Inoltre una nota di merito al piccolo Benjamin Evan Ainsworth, interprete di Miles Wingrave, che riesce a dare forza a un personaggio che mostra tratti tipici dell’ età infantile a tratti appartenenti al mondo dell’uomo adulto. Una buona prova anche per lui, così come quella di Oliver Jackson-Cohen. L’attore, già noto in Hill House, presta il volto al calcolatore ed enigmatico Peter Quit, dando vita a una performance decisamente intensa.
Henry James è riuscito a dare forma a un horror-non-horror che riesce ad andare a fondo dell’animo umano, molto più di altre serie drammatiche. Come tante altre serie antologiche che si rispettino- ad esempio American horror story o Black Mirror, nelle quali ogni stagione/puntata è indipendente e diversa e quindi viene analizzata come indipendente e unica a se stessa- anche in questo caso, Bly Manor non può essere giudicata se paragona a Hill House. Per comprendere il senso di questa nuova stagione, è necessario ripartire da zero, ricordando che Bly Manor ha una propria matrice, nuovi personaggi, nuovi misteri e nuove modalità per svelarli.
Haunting of Bly Manor vi aspetta su Netflix.