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L’anima pulsante di quadri in movimento: Loving Vincent

I tratti spessi e quasi tangibili dell’arte di Vincent Van Gogh prendono vita in Loving Vincent, un vero e proprio quadro in movimento dalla bellezza magnetica. Il film di Dorota Kobiela e Hugh Welchman assume le vesti del giallo investigativo per ricercare le ragioni dell’insano gesto del geniale artista olandese, morto in seguito ad un tentato suicidio, sparandosi nello stomaco. Attraverso l’animazione sperimentale adottata per questo film, il primo completamente dipinto con olio su tela mai realizzato, lo spettatore viene accompagnato negli ultimi giorni di vita di Van Gogh e fa la conoscenza di diverse persone che sono state importanti per lui: dal fratello Theo fino al medico che si è sempre preso cura di Vincent, quasi il suo mecenate. Seguiamo la missione di Armand Roulin, il figlio di un postino, incaricato di consegnare a Theo, che scoprirà essere morto, l’ultima lettera destinata al pittore. Il suo scopo diventerà dunque svelare il mistero della morte del più celebre Van Gogh e lo farà ripercorrendo i suoi ultimi passi e frequentando i luoghi che sono stati importanti per il pittore.

Loving Vincent non è un semplice film ma una vera e propria opera d’arte magnetica, uno di quei film da proiettare 24/7 nei musei. I personaggi di quest’opera meravigliosa sono quelli ritratti nei dipinti di Van Gogh, dal “Ritratto di Millet” a “Il postino Joseph Roulin”, dal “Ritratto del dottor Gachet” fino a quello della figlia, “Marguerite Gachet al piano”, e, ovviamente, il “Ritratto di Armand Roulin all’età di 17 anni”. Una retrospettiva sull’arte del pittore olandese in movimento, dunque, dotata di un’anima pulsante, capace di sfiorare le corde più intime dello spettatore, grazie anche ad una narrazione che si sviluppa per accumulo ma anche per sottrazione: se da una parte, grazie ai numerosi flashback (realizzati con bellissimi dipinti in bianco e nero foto realistici, ben lontani dallo stile che ha reso famoso Vincent Van Gogh) veniamo a conoscenza di numerosi aspetti del carattere del pittore, dall’altra molti elementi interessanti della sua vita e della sua psiche vengono glissate, spingendo il pubblico ad approfondire ulteriormente la propria conoscenza di Van Gogh.

Armand Roulin, protagonista di Loving Vincent.

L’intelligentissima gestione delle caratteristiche dell’arte del pittore olandese, consente alla coppia di registi ed al tutto il team che ha lavorato questo gioiello di produrre trovate visive spettacolari: uno degli esempi migliori è la scelta di unire due scene facendo “sciogliere”la prima nella seconda, con i ricchi e densi tratti che si muovono e si trasformano creando un nuovo dipinto stupefacente. Purtroppo, nonostante che mi piacerebbe parlare solo positivamente di Loving Vincent, esistono delle criticità che inficiano il risultato finale dell’opera. In primo luogo, la spettacolarità e la bellezza visiva del film distrae molto lo spettatore, che fatica a concentrarsi sulla trama (mi rendo conto, tuttavia, che questa è una “critica” estremamente soggettiva): la storia e la narrazione, infatti, non riescono a reggere il confronto con l’aspetto grafico e da questo vengono completamente adombrate. Se questa è una problematica dipendente esclusivamente dalla sensibilità dello spettatore, è indubbio ed inopinabile il fatto che l’inglese degli interpreti, se guardate il film in lingua originale, risulta fastidioso per un semplice motivo: gli attori chiamati ad incarnare i protagonisti hanno diversa provenienza e, di conseguenza, la loro pronuncia è assai eterogenea. Il caso più eclatante e disturbante è quello di Armand Roulin e del padre Joseph: se il primo (Douglas Booth) parla un inglese estremamente “british”, il secondo, essendo interpretato da Chris O’Dowd, irlandese, ha un accento ed una pronuncia estremamente diversa da quella del figlio. Questo, che pare un dettaglio da nulla, riecheggia rumoroso e fastidioso nel silenzio della perfezione estetica del film.

Il bellissimo bianco e nero dei flashback.

Candidato come miglior film d’animazione agli Oscar 2018, le parole “Loving Vincent” non sono solo la firma conclusiva di una lettera. “Loving Vincent” è una dichiarazione d’amore, l’estrinsecazione di tutti i sentimenti di tenerezza che fluiscono tra i solchi delle pennellate che compongono quest’opera meravigliosa, come sangue nelle vene.