La casa di carta, ma prima: ve lo ricordate Inside Man? Film notevole, tra i più riusciti di Spike Lee (perlomeno al botteghino), con due enormi Denzel Washington e Clive Owen, intelligente capo di una banda di rapinatori di banca capaci di mimetizzarsi con gli ostaggi. Sempre un passo avanti alla polizia.
La casa di carta -suggestivo riferimento alla Zecca di Stato oggetto della rapina- è un pò un Inside Man fatto serie, con Il Professore nel ruolo del capo, organizzatore del colpo e mattatore in assoluto.
Tutto è abilmente calcolato: dall’ostaggio speciale, al piano di reazione delle forze dell’ordine, niente sembra sorprendere il team di rapinatori dai nomi di città, stilosamente vestiti con tuta rossa e maschera di Dalì.
Ma poi entra in gioco la parte più telenovela
L’ostaggio che si innamora del rapinatore; il dramma dello sbirro che si innamora del collega non ricambiato; un po’ di prudore sessuale a random; il coma strategico che mette fuorigioco un personaggio e relativa ansia del risveglio; per non parlare delle più dure convinzioni di un personaggio, frantumate in una manciata di frasi populiste…
Questa doppia natura si amalgama costantemente nella serie, che si alterna tra scene action tecnicamente ineccepibili -buona parte delle volte che Tokyo va in escandescenze, ci si guadagna una sparatoria o un inseguimento davvero inaspettato-, colpi di scena geniali (come l’intrusione in ospedale, per chi ha visto) e imbarazzanti sviluppi drammatico-sentimentali.
Ne esce nel bene e nel male una serie interessante, che intrattenere e il cui univo vero neo è forse l’aver tirato un po’ per le lunghe la vicenda. Da questo punto di vista, buona l’idea di Netflix di spalmare il tutto in due stagioni: un’unica corsa al binge-watching avrebbe esaltato le debolezze dell’impianto narrativo.
Bonus: sapete che Berlino ha un alter ego proveniente -manco a dirlo- proprio da una telenovela? Italianissima, per giunta..