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Cinema e letteratura: universi narrativi indipendenti

“Non ti è piaciuto quel film perché non hai letto il fumetto da cui è tratto!”

“Se non hai letto il romanzo, non puoi capire il film!”

Quante volte vi è capitato di dire queste frasi o di sentirle da qualcun altro, dopo che gli avete detto che non vi è piaciuto il trentasettesimo cinecomic su Banana Man? Di certo, sono affermazioni che tutti hanno sentito almeno una volta nella vita. Ma sono effettivamente veritiere? Cioè, è possibile che un cinecomic o che un film tratto da un certo romanzo non piaccia perché non si è letta l’opera da cui è tratta? Secondo chi sta scrivendo, assolutamente no.

Il linguaggio cinematografico è assai differente da quello di un romanzo o di un fumetto, i tempi della narrazione non sono affatto assimilabili. Un adattamento cinematografico ben fatto deve essere comprensibile indipendentemente dalla cultura letteraria dello spettatore. Prendiamo, per esempio, un film come L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski: la sua difficoltà d’interpretazione non deriva dal fatto di non aver letto il romanzo di Roland Topor da cui è tratto ma dalla natura criptica della storia stessa. Essendo un film molto ben fatto, esso stimola lo spettatore e lo coinvolge anche nel caso in cui egli non abbia letto Le locataire chimérique, chi guarda L’inquilino del terzo piano viene invitato a decifrare il messaggio nascosto del film, poiché la sceneggiatura di Gérard Brach e di Polanski stesso è scritta alla perfezione, sfruttando tecniche narrative non romanzesche ma propriamente cinematografiche.

Trelkowski cerca qualcuno che abbia letto ogni opera letteraria adattata per il cinema.

La storia di Dracula è una delle più adattate in forma cinematografica, sin dai primissimi anni di vita della settima arte (Nosferatu di Friedrich Murnau è uno straordinario esempio), e la prenderemo come esempio per approfondire l’argomento odierno: consideriamo Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola e Dracula 3D di Dario Argento. Entrambi attingono dalla medesima fonte per raccontare storie molto simili tra di loro. Tuttavia, quello di Argento risulta essere un pessimo film tanto per l’aspetto tecnico quanto per quello narrativo, poiché dà per scontate cose che scontate non sono, laddove il film di Coppola risulta estremamente chiaro nel racconto: ogni personaggio, ogni azione, tutto ciò che compone l’universo narrativo di “Darcula di Bram Stoker” viene perfettamente estrinsecato, rendendo il film un perfetto adattamento del romanzo dell’autore irlandese, perché, pur usando linguaggi narrativi differenti, tanto il film quanto il libro riescono a raccontare alla perfezione la medesima storia (seppur con qualche differenza voluta da Coppola) senza lasciare dubbi di trama nello spettatore o nel lettore.

Molti degli amanti del cinema giapponese non hanno mai letto alcun romanzo nipponico: quanti di coloro che hanno apprezzato I racconti della luna pallida d’agosto di Kenji Mizoguchi hanno anche letto Racconti di pioggia e di luna di Ueda Akinari? Qualche amante della letteratura giapponese di sicuro esiste ma il fatto che la maggioranza degli estimatori dell’opera del maestro Mizoguchi non abbia mai letto i due racconti da cui è tratta evidenzia il fatto che la potenza espressiva cinematografica e quella letteraria sono forze diverse ed indipendenti, da un punto di vista puramente narrativo. I racconti della luna pallida d’agosto è un capolavoro eterno sia che si conosca l’opera di Akinari, sia che la si ignori, mentre i tre film tratti dai buoni romanzi di Dan Brown Il codice Da Vinci, Angeli e demoni e Inferno sono scadenti, pur avendo letto i libri dell’autore statunitense.

“Se non leggi il romanzo non puoi capire il film.”

La differenza principale tra romanzo/fumetto/pièce teatrale e film risiede nella durata: ognuna di queste forme d’arte hanno una durata di fruizione diversa e, di conseguenza, il ritmo della narrazione varia di arte in arte. Un film deve avere un ritmo assai più serrato rispetto a quello di un romanzo, poiché la visione di un’opera cinematografica si esaurisce nel giro di un paio d’ore, solitamente, mentre un libro può essere letto anche nell’arco di un mese o più e, di conseguenza, un romanziere può prendersi più tempo per descrivere personaggi, oggetti e situazioni senza danneggiare la fruizione del lettore, poiché è quest’ultimo a dettare i tempi di lettura, a differenza di quanto accade con un film che, almeno in teoria, si inizia e si finisce di guardare rispettandone la durata effettiva. Anche la natura delle arti prese in esame influisce pesantemente sul modus narrandi.  La narrazione cinematografica si basa esclusivamente su ciò che vediamo e, di conseguenza, anche la sceneggiatura deve essere scritta con uno stile puramente visivo, il che implica il fatto che bisogna rendere filmabile tutto ciò che si vuole raccontare: ad esempio, se un personaggio è triste a causa della morte della madre, non si può scrivere nella sceneggiatura “Francesco è triste perché la madre è morta”, come si potrebbe fare in un romanzo, ma bisogna far compiere al personaggio delle azioni che esprimano il suo stato d’animo, come “Francesco tiene tra le mani la foto della madre e la guarda con un’espressione triste: una lacrima solca la sua guancia”. Dunque, anche i pensieri, il passato, i ricordi, l’atteggiamento ed i dubbi dei personaggi di un film devono essere descritti in modo concreto e non semplicemente astratto come in un romanzo, nel quale potremmo leggere frasi come “Francesco era pieno di dubbi: cosa fare? Doveva andare da lei o attendere una sua chiamata? Mille pensieri e mille perplessità affollavano la sua mente”. Lo stesso discorso sulla natura della narrazione potrebbe essere fatto anche per le altre forme letterarie menzionate ma non ci dilungheremo oltre.

Quando ti dicono “Leggiti i fumetti prima di dire che il film Suicide Squad è brutto.”

Innumerevoli sono gli esempi che si possono addurre a sostegno di questa tesi sull’indipendenza del cinema, da Shining, il cui film è un capolavoro nonostante che il libro venga quasi unanimemente considerato non eccezionale, a Sin City, un eccellente cinecomic apprezzabile tanto da chi ha letto la graphic novel di Alan Moore quanto da chi non l’ha fatto, e potremmo continuare così molto a lungo, passando anche per l’orripilante Valerian e la città dei mille pianeti e per i moltissimi adattamenti di opere teatrali come quelli di Orson Welles (Macbeth, Otello, Falstaff), Akira Kurosawa (Il trono di sangue, Ran) etc, tuttavia risulterebbe un’operazione piuttosto ridondante e noiosa. Concludiamo, quindi, dicendo di non confondere cinema e letteratura, due universi che sfruttano linguaggi diversi per raccontare le medesime storie. Un film tratto da un romanzo o da un fumetto va considerato come opera a sé stante, non valutata in relazione all’opera di riferimento, come se l’apprezzamento del film fosse figlio della conoscenza letteraria. Molti hanno attaccato coloro che hanno (*ehm ehm* giustamente *ehm ehm*) disprezzato Suicide squad dicendo che fosse perché non avessero letto i fumetti da cui i personaggi del film derivano, difendendo a spada tratta un film pessimo solo in nome dell’amore fanatico che provano per i comics di riferimento, ignorando del tutto i meccanismi narrativi di un’opera cinematografica, completamente e ridicolmente sballati nel film in questione.