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The Woman – di Lucky McKee (2011)

Lucky McKee non ha badato molto al contenuto, è andato dritto al sodo come si dice. Non ha imbastito un filmone, una trama articolata, grosse sorprese, turn inaspettati dei personaggi. No, non ha fatto niente di questo, ha semplicemente preso un’idea non molto originale, ma le ha cucito attorno una pellicola dai parecchi significati, più o meno nascosti.
Un film che ha fatto scalpore al Sundance, festival in cui ha debuttato, e dove il regista, per il tema trattato è stato (ingiustamente) accusato di misoginia.
Facciamo chiarezza allora.
C’è una famigliola, un tranquilla famigliola americana, quella con il papà che ha un bel lavoro ed è un uomo affermato, con una figlia maggiorenne, un giovanotto adolescente, una piccola “Anna dai capelli rossi” che fa tenerezza, e la mamma, la cara mammina che si prende cura di suo marito e dei suoi pargoli.
O per lo meno sembra, perchè in casa Cleek, non tutto è così romantico e idilliaco. cìè un velo che sta per essere tolto, e che sta per rivelare un nucleo familiare molto malato, perverso, incestuoso, maschilista, si fino a qui possiamo dirlo, visto come il buon papà/marito Chris tratta le sue donne di casa. E a togliere questo velo di finto amore familiare è proprio una donna, o meglio, una selvaggia, perchè è proprio una selvaggia che Chris trova un giorno nel bosco durante una battuta di caccia.
E si sa, di fronte alle sfide gli americani fanno a gara a chi ce l’ha più lungo. Prendiamo la selvaggia, rieduchiamola, civilizziamola, facciamo vedere al mondo che l’uomo è in grado di plasmare e controllare la Natura (primo messaggio non poco nascosto della pellicola).
Con l’aiuto della mogliettina Belle, della figlia Peggy, e dell’ometto di casa Brian.
Ma siamo sicuri che la Natura può essere controllata completamente dall’uomo? E  siamo sicuri che la famigliola felice ed unita sia poi così unita? E allora perchè la mammina sembra alquanto frustrata nei confronti del marito, perchè Peggy sembra avere i sintomi di una gravidanza continua a negare, e non sembra nemmeno avere un fidanzato, perchè Brian è un ragazzo così silenzioso e altrettanto misterioso? E perchè papà Chris di notte si sveglia, e va a “controllare” come sta la donna\selvaggia? E quest’ ultima, è veramente convinta di passare nel mondo civilizzato?

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E’ un film sicuramente interessante quello del regista Lucky McKee, che va a chiudere una trilogia di pellicole cominciata nel lontano 1980 con “Off Season” , e proseguito con “Offspring” nel 2009 e che si è ispirata ai tre romanzi scritti da Jack Ketchum.
Un film che ha molti significati e simboli mostrati in maniera più o meno diretta, criticato per essere misogino quando però ala fine dei conti, a dire l’ultima parola sarà una donna, e non saranno solo parole, saranno fatti. Fatti macchiati di sangue, di violenza, di cannibalismo, che oltre ad essere una punizione fisica sono anche una punizione per il modo di essere di alcuni membri della famiglia Cleek, una famiglia che mano a mano che i minuti del film avanzano, puzza sempre più di marcio e svela uno alla volta tutti i suoi scheletri nell’armadio, enfatizzati dalla donna cannibale, interpretata splendidamente da Pollyanna McIntosh che in questo lungometraggio è comunque ben spalleggiata da Sean Bridgers e Angela Bettis, che già avevamo visto visto alle dipendenze di McKee in “MAY” (2002).

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Il regista non bada molto al contenuto, ma cura molto la forma : messaggi più o meno impliciti, un atmosfera che parte lenta e spensierata per poi sfociare con rapidità sempre crescente nel macabro, nel mostrarci i segreti malati della famiglia McKee e l’epilogo a cui la donna e il nucleo familiare sono destinati. Un film che denuncia alcuni aspetti della famiglia, come la debolezza della donna nel farsi rispettare dal marito, una figlia maggiore che viene risparmiata in quanto madre ma non in quanto donna, e questo si potrebbe farci pensare a un qualche intento maschilista, ma aspettate di vedere la fine del film per rendervi comunque conto che di maschilista forse, non c’è ben molto.
Le scene simboliche sono molto belle, come quella del dito che la McIntosh mangia al paparino Chris, e a quello che poi soprattutto sputa.
Un crescendo che superati i primi minuti in cui succede poco nulla poi il ritmo sale senza mai fermarsi, senza forzature, con il sangue che c’è e si vede, un po’ di sano splatter, mai banale, e che rende il film più che godibile.
A suggellare il tutto, ed in particolare il clima un po’ grottesco se vogliamo di una famiglia che vuole essere normale ma normale non lo è affatto, le musiche, che vengono ben scelte, ben mixate quando c’è uno stacco dell’immagine, e dal ritmo andante e festaiolo quando ci troviamo di fronte a scene che di festaiolo hanno ben poco, quasi a far sembrare ordinarie certe cose che invece sono leggermente fuori dal comune.
Non piacerà sicuramente a cui vuole una pellicola che lo faccia sobbalzare dalla sedia e che sia un colpo di scena dietro l’altro, non piacerà a chi cerca una storia fuori dal comune, ma piace a chi sa aspettare, a chi di quello che mangia o beve non piace il primo sapore, ma quello che viene fuori dopo che si sta masticando o quello che si sta bevendo, il retrogusto che ne viene fuori.
Una torta o un buon vino non vanno gustati ed assaporati in poco tempo, altrimenti si perde il grosso del gusto.

E qui, in “THE WOMAN”, di gustoso, ce n’è.

Un’altra pellicola, non epocale, ma di cui il genere, ha sicuramente bisogno.

 

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Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

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