Non so se Creed vuole essere un rilancio o spin-off della più famosa saga cinematografica dedicata alla nobile arte, ma la lotta del figlio di Apollo contro gli avversari sul ring e i fantasmi del proprio passato convince ed emoziona, avendo una propria dignità come film di boxe stand-alone (e convincente nell’esecuzione, soprattutto il primo dei combattimenti principali).
Non bastasse questo, non fosse sufficiente un Michael B. Jordan credibile tanto con i guantoni quanto nel dipingere un uomo alla ricerca della propria identità, sotto l’enorme ombra di un padre leggendario che non ha potuto conoscere, Creed ci regala una delle interpretazioni migliori di Sly.
Pur se relegato a spalla, Rocky/Sly è a dir poco intenso: gli anni sono passati ed è fisiologico trovarlo nei panni che furono di Paulie.
Nonostante questo, Rocky ha ancora qualcosa da dire (e da dare) a un giovane turbolento come Adonis; ma non è una relazione univoca, anche ‘Zio’ Balboa dovrà imparare a combattere, contro un nemico non meno temibile dei suoi avversari boxer.
Vedere Sly invecchiare è un pò rendersi conto anche noi che gli anni passano; ma l’occhio della tigre c’è ancora, è nella parole sagge, nello sguardo stanco ma fiero, è in quella scalinata che resta sempre una sfida, pur diversa.
Creed è il degno erede di Rocky
In fondo, la storia di Adonis, che cerca fieramente il proprio percorso senza aggrapparsi all’eredità del suo importante cognome è un po la stessa di questo film, che abbandona lo storico Rocky, ma mantendone il DNA.