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The Block Island Sound (2020) – Recensione

The Block Island Sound

Approdato in Italia tramite Netflix, The Block Island Sound è un horror fantascientifico diretto dai fratelli Kevin e Matthew McManus al loro esordio.

In una piccola isola la quiete ordinaria comincia ad essere messa in crisi da una strana forza. Ad esserne colpita maggiormente sarà la famiglia di un pescatore affetto da perdite di memoria sempre più frequenti. Lo stesso uomo presto scomparirà, causando tumulto sia tra i familiari che tra i concittadini. Le figlie Audry (Michaela McManus) e Jen faranno ritorno sull’isola e si riuniranno al fratello Harry (il bravissimo Chris Sheffield), l’unico dei tre che convive col padre scomparso, ma anche l’unico dei figli ad essere accomunato al genitore dalla medesima fragilità. Seguirà una spiacevole scoperta, tra ricerche nei meandri della natura e minacce uditive. La stessa forza misteriosa comincerà presto ad avvicinarsi anche ad Harry, ignaro di ciò che ne conseguirà.

The Block Island Sound
Una scena tratta da The Block Island Sound.
Primo lungometraggio di Kevin e Matthew McManus, che lo scrivono e dirigono a quattro mani, The Block Island Sound si situa tra l’orrore e la fantascienza. L’orrore, quello più ancestrale, proveniente da altri mondi, e che qui si fonde con uno sci-fi di alto livello. Nella stessa maniera il tetro e il fantascientifico riportano a quelli che sono i classici della letteratura di fine ‘800. Dotato di un forte impianto narrativo, con un crescendo di dramma e sospensione ben congegnati, il film dei McManus non può che stupire. E in positivo.

Apprezzato, per l’appunto, al Fantasia International Film Festival di Montreal, The Block Island Sound colpisce anche la critica rimanente (tra cui il pubblico oltreoceano).

Attraverso un’atmosfera cupa e ansiogena – o meglio, una messa in scena lovecraftiana – The Block Island Sound tenta di approfondire tematiche impreviste/imprevedibili; laddove il pretesto, ma anche fulcro, è il dramma familiare, ecco che si susseguono diramazioni che implicano dibattitti di varia natura. La natura stessa funge da entità vivente nell’economia di The Block Island Sound. Punto di forza si rivela proprio l’ambiguità tra sovrannaturale e naturale, fantascientifico e realistico.
In tal senso è emblematico l’escamotage dell’epilogo (perché di escamotage, anche un po’ ambizioso, si tratta) correlato a una potentissima allegoria di natura sia organica sia sociale, ma di fondo esistenzialistica, imprescindibile e necessaria da divulgare e rimaneggiare nel 2021.
The Block Island Sound
Matilda Lawler in The Block Island Sound.
Vari i rimandi, stilistici, tematici, o anche solo visivi, a perle dell’horror recente. The Devil’s Candy (la distorsione uditiva col ‘‘sound” tetro, minatorio e demoniaco); Color Out of Space (il male proveniente da altri universi, qui dai fondali marini) o il criptico Wounds.  Senza dimenticare Lost tra le ispirazioni artistiche del ramo fantascientifico. Bisogna apprezzare, in The Block Island Sound, una determinata svolta più ‘fisica’ e ‘ultrafisica’, e soprattutto un certo indagare sulle dinamiche familiari e generazionali, quasi come un Ari Aster più genuino e intimo, e meno borioso.
Certo, forse insorgono alcuni intrecci ‘saturi’ e di primo acchito poco soddisfacenti – eccetto per quelli legati alla figura paterna, emblema degli spettri della memoria. Oppure poco spazio si è dato a determinate argomentazioni solo accennate (il personaggio amichevole estratto direttamente da X-Files, ad esempio, non è che sia stato molto impiegato ai fini del completamento, e con esso annesse ideologie – o paranoie).
Eppure, se si riflette bene, è comprensibile come il duo McManus abbia ben ponderato i silenzi, la mancanza di ‘spiegone’ di alcuni snodi narrativi, e soprattutto la scansione delle ”suggestioni” aliene ed ultraterrene: extracorporee. 
Tutto ciò, lo fanno ben notare, è voluto, e serve a donare all’opera esordiente un alone di mistero ancestrale più credibile e appetibile: a corroborarne la dimensione cosmica. Quella stessa dimensione cosmica che oggi appare frammentaria, ma che domani sarà già rientrata nel ‘mito’. Come il labirinto del minotauro, come la bestia a sette teste emergente dalle acque. Come gli abissi di Lovecraft.