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His House, meraviglioso horror sociale – La recensione

Una coppia fugge dal Sudan del sud, martoriato dalla guerra, ottenendo asilo in Inghilterra. Mentre cercano di rifarsi una vita, una forza sinistra infesta la loro nuova casa.

Uscito lo scorso Halloween su Netflix, dopo la premiere di inzio anno al Sundance Film Festival, His House è un meraviglioso horror d’autore che ha portato a casa ben sedici nomination agli ultimi BIFA (British Independent Film Awards), un grande successo per un’opera prima, ancor più per un film di genere.

Terrificante, straziante e suggestivo, His House è uno degli horror europei più belli degli ultimi anni.

Colpisce sin da subito la regia di Remi Weekes in bilico tra sogno, incubo e dura realtà. Una coppia che cerca di ricominciare una nuova vita, in un altro continente, ma non è facile scacciare il passato. Le scene di paura sono efficaci, terrificanti al punto giusto e molto suggestive. Escono sempre al momento giusto e non vengono mai preparate allo spettatore, anche se spesso se lo può aspettare. Chiaro sin da subito dove voglia andare a parare il film, ossia il senso di colpa, ma allo stesso tempo non risulta mai prevedibile. Anzi, quello che è molto interessante sono i vari tipi di rimorsi che hanno i due protagonisti (specialmente lui), come quello nei confronti delle loro radici, lasciate in difficoltà, e quello per i compagni di viaggio morti in mare. Ma qual è il vero orrore del film?

His House denuncia anche in maniera geniale, terrificante e straziante le innumerevoli morti dei migranti in mare, speranzosi di un futuro migliore.

Le scene a mare sono eccezionali, entrano dentro arrivando subito a segno. La sceneggiatura, sempre di Weekes, è veramente ben scritta in un continuo di originalità, intelligenza, drammaticità e spavento. Non c’è un momento che non funziona in His House, un grande horror indipendente inglese che ha moltissimo da dire. Intrattiene alla grande, fa il suo lavoro meravigliosamente e tiene incollato lo spettatore con suggestioni e scene terrificanti. Il colpo di scena, poi, è inaspettato e ben congegnato.

Sublime la fotografia di Jo Willems, visto in precedenza sia in blockbuster come la saga di Hunger Games, ma anche in cult indie come Hard Candy con Elliot Page e in horror feroci come 30 giorni di buio. Il suo lavoro è veramente esemplare, giocando abilmente con i colori specialmente nelle scene di terrore. Un esempio che va citato è come usa sapientemente buio e il colore rosso nelle sequenze dei migranti in mare, come se la morte fosse nell’aria.

Eccellenti le prove del cast capitanato dai magnifici Sope Dirisu (Black Mirror) e Wunmi Mosaku (Lovecraft Country, Animali fantastici e dove trovarli, The End of the F***ing World) che interpretano in maniera convincente ed emozionanti i ruoli di Bol e Rial. Il sempre ottimo Matt Smith affianca questi interpreti a dir poco eccezionali, i quali rendono His House ancora più prezioso e indispensabile per il Cinema.

Sope Dirisu è Bol
Questo film è la conferma che non bisogna sottovalutare il cinema indipendente horror britannico come già ci aveva insegnato qualche anno fa La ragazza che sapeva troppo di Colm McCarthy.

His House è una grandissima opera prima che merita di essere vista anche più volte per cogliere più dettagli e stimoli, come un splendida mostra d’arte. Weekes debutta e già ci insegna come confezionare un piccolo capolavoro che unisce sapientemente intrattenimento e impegno sociale.