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Amor vincit omnia: Corpo e anima di Ildikò Enyedi

Proveniente dall’Ungheria, vincitore dell’Orso d’oro alla Berlinale 2017 ed ora candidato a miglior film straniero, Corpo e anima di Ildikò Enyedi è un film che riesce ad equilibrare forma e contenuto, la narrazione e l’aspetto tecnico danzano eleganti su un sottile filo senza mai sbilanciarsi a favore dell’una o dell’altro (cosa che, ahimè, accade invece ad uno dei film favoriti per la vittoria della statuetta ambita, Loveless di Andrej Zvjagincev, che ho apprezzato meno in quanto è più forma che contenuto).

La storia si sviluppa su due binari paralleli ma che, quasi per magia, si incontrano realmente su quell’orizzonte spesso dipinto con melensa, e non di rado fastidiosa, dolcezza, quello dell’amore. La pellicola alterna scene in un bosco con protagonisti due cervi, un maschio ed una femmina, che cercano cibo, si abbeverano ad un fiumiciattolo, ecc, a quelle che seguono le vicende di Mària ed Endre, i due personaggi attorno ai quali tutto il film ruota. La prima è una neoassunta responsabile della qualità in un mattatoio ungherese, evidentemente affetta da sindrome di Asperger, che le impedisce di relazionarsi con i propri colleghi, motivo per cui molti la deridono di nascosto; il secondo è il direttore finanziario del suddetto mattatoio cinquantenne e con un braccio paralizzato, per un motivo mai specificato, che, come Mària, è solo e non ha una vita sociale molto attiva.

Il film è ricoperto da un leggero velo di onirismo, senza che questo aspetto diventi quello principale dell’opera. Corpo e anima, infatti, è un film estremamente reale, al di fuori del mondo dei sogni non v’è alcun elemento surreale tipico delle pellicole di natura onirica.  Le sequenze nel bosco resteranno un mistero per tutta la prima parte del film, fino alla visita di una psichiatra ai dipendenti del mattatoio, durante la quale scopriamo che esse sono sogni, i sogni di Endre. Ma anche i sogni di Mària. I due cervi sono la proiezione onirica dei due personaggi, la loro versione priva di ogni preoccupazione, di ogni obbligo, di ogni ostacolo, fisico o psicologico che sia: sono la Mària e l’Endre alternativi, la Mària e l’Endre felici. Dopo la scoperta, da parte dei due protagonisti, di condividere il medesimo sogno, cominceranno ad allacciare un rapporto che ben presto si trasformerà in amore.

I due protagonisti di Corpo e anima.

Un rapporto, questo, che aiuta entrambi non solo a combattere la propria solitudine ma anche le proprie idiosincrasie, in particolare quelle di Mària. Infatti, durante la prima parte di film la donna presta una maniacale attenzione ai corpi e alle azioni dei propri interlocutori (azioni che riproduce, la sera, a casa con dei pupazzetti, grazie alla sua straordinaria memoria) e la macchina da presa della Enyedi indugia spesso in dettagli di mani ed altre parti del corpo, quasi mai suoi volti; tuttavia, una volta che i due protagonisti cominciano a frequentarsi, l’attenzione si sposta sui volti ed ecco che cominciano a presentarsi numerosi primi piani.

Mentre la camera si concentra sui corpi, la Enyedi dà pochi riferimenti spaziali. I luoghi vissuti e frequentati dai protagonisti di Corpo e anima sono ridotti a pochi scorci, a pochi angoli, perché alla regista non interessa il dove, né il quando, ma il chi ed il cosa. È l’amore ad essere il principale interprete del film, forza che cambia la vita dei protagonisti, che vince sui problemi, secondo la celebre locuzione virgiliana “amor vincit omnia et nos cedamus amori”, citazione che calza alla perfezione a Mària: lei cede al suo sentimento per Endre e, in questo modo, riesce a superare i propri limiti imposti dalla sindrome. Il problema della donna suscita ilarità tanto nei personaggi che attorno a lei orbitano quanto nello spettatore, tuttavia questa ironia cela un sottotesto drammatico ed al limite del tragico: un sottotesto fatto di solitudine, di depressione e di visite dallo psicologo, lo stesso psicologo che la visitava quando lei era ancora bambina. Nonostante che il film riesca a strappare qualche sorriso, pur indossando una maschera da commedia, Anima e corpo non lo è realmente, anzi è un film piuttosto crudo, soprattutto nell’ultima sezione della pellicola.

Mària ed un peluche, il primo essere con cui condivide il letto.

(ALLARME SPOILER) Parte nella quale l’amore dei due si corona con un amplesso freddo e meccanico, quasi privo di sentimento, un amplesso ripreso con primi piani della donna e dell’uomo ma che si conclude con la mano di lei che stringe quella paralizzata di lui. Un’inquadratura, quest’ultima, ambigua, che potrebbe essere sia vista come un gesto tenero ma anche come un ritorno della donna allo stato pre-amoroso, quello nel quale prestava attenzione solo ai corpi degli altri, e, quindi, potrebbe essere il simbolo dell’avvizzimento del sentimento. Lei lo ama ancora, dopo il sesso? La risposta risiede nell’inquadratura finale del film, il bosco dei sogni ma senza cervi. A voi le interpretazioni.