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IL GUARDIANO DEL GHIACCIO di Salvatore Metastasio

Un noto scienzato vive isolato in alta montagna con il suo cane e con la sorella, 15 anni più giovane di lui e che manifesta dei gravi squilibri mentali. Un giorno una ragazza, fisicamente identica alla sorella, viene a sciare dalle loro parti, e scompare misteriosamente. Intanto il rapporto tra i due peggiora, a tal punto che la giovane squilibrata spella vivo il cane del fratello…

Tre anni prima de “Il guardiano del ghiaccio” (2015) il regista lucano Salvatore Metastasio aveva girato un altro lungometraggio, un thriller dalle venature torture-porn, “Cruel Tango”. “The guardian of the ice” (questo il titolo internazionale) è un film del tutto singolare, una vera mosca bianca nel panorama indie italiano. Ha una poetica ben marcata, tutta sua, lontana dagli stereotipi dei generi. Nonostante ciò, con la sua vis autoriale, attraversa, esplora e decostruisce almeno quattro generi.

Può essere definito un thriller come un horror, un drammatico come uno sci-fi. Credo che inquadrare questa pellicola in un loculo cinefilo piuttosto che in un altro sia del tutto inutile e lezioso. Piuttosto va detto della bravura del regista nello sfruttare al meglio una location bellissima, una montagna innevata d’inverno.

Le sequenze della funivia che risale da un banco di nebbia per arrivare sulla cima della montagna sono da applausi a scena aperta. Tutti gli esterni sono girati in modo esemplare. Le immagini hanno una potenza rara, che ci restituisce l’idea di essere li’ con gli strambi protagonisti, in mezzo a neve, al ghiaccio e alla nebbia. La carne al fuoco ne “Il guardiano del ghiaccio” è tanta.

La sceneggiatura è complessa. Sembra incedere per una strada, ma poi repentinamente ne prende un’altra, spiazzando piacevolmente, più volte, lo spettatore. Si parla di astronomia. Ma anche di schizofrenia e di rapporti di potere all’interno della famiglia. Si parla del rapporto dell’uomo con la scienza. Il twist conclusivo è forse telefonato, troppo prevedibile. Ma non è per nulla banale come Metastasio arriva a quel finale, sofferto e per nulla consolatorio.

E’ un terribile viaggio nel labirinto della mente del protagonista (un ottimo Alessandro Vantini), pieno di visioni distorte, di allucinazioni e di follia. Magnificamente disturbante, “Il guardiano del ghiaccio” è un grande film, e va (ri)scoperto subito, senza dubbio alcuno.