Home Speciale Approfondimenti TFF36: Marche ou crève – La Recensione

TFF36: Marche ou crève – La Recensione

La famiglia di Elisa (Diane Rouxel) si sta distruggendo.
Manon (Jeanne Cohendy), sorella della ragazza, ha un disabilità che non le permette di condurre una vita autonoma.
Elisa ed il padre (Cédric Kahn) non vogliono rinchiudere Manon in una clinica, destreggiandosi così tra il lavoro, le loro vite e le difficoltà del vivere quotidiano.
Per il bene di Manon, la madre lascia la casa, riservando al marito e a Elisa di giungere alla conclusione che altre soluzioni sono possibili.
Una svolta drammatica avviene nel momento stesso in cui Elisa si prepara a spiccare il volo trasferendosi nella grande città della regione per riprendere le scuole superiori.

Il film racconta il rapporto tra le due sorelle: Manon è incapace di esprimere se stessa a parole pertanto la sua gioia, il suo dolore, i suoi bisogni e i suoi pensieri passano solo e soltanto attraverso gemiti poco distinguibili e grida.
Non può che essere un voler bene che si esprime attraverso il sostegno letterale, del corpo che si appoggia al corpo, in un abbraccio, in un ballo, in una nuotata nel lago, tutte scene presenti nel film, che evocano senza nessuna pretesa sentimenti ed emozioni inaspettate.
La regista, Margaux Bonhomme, per il suo primo film sceglie un soggetto doloroso e familiare, raccontando la sua esperienza con la sorella handicappata.

 

L’autrice impiega una struttura narrativa convenzionale, la fine dell’adolescenza, senza moralismo, né pathos esagerato.
La regia non è eccellente ma permette di vedere la situazione con occhi di compassione e realismo, non di pietà.

Articolo a cura di Federica Gandolfo