Etica, medicina, giurisprudenza, pietas e amore sono solo alcuni dei delicati temi affrontati dalla settima prova del regista britannico Richard Eyre. Tutto ha inizio il 2 settembre del 2014 quando lo scrittore inglese Ian McEwan pubblica La ballata di Adam Henry.
Ma il titolo originale (e così anche quello della trasposizione cinematografica) è The Children Act. Si fa riferimento al celebre Children Act 1989, una legge con cui il Parlamento inglese definisce le funzioni attribuite agli enti locali, ai tribunali, ai genitori e alle agenzie del Regno Unito, al fine di garantire e promuovere il benessere dei minori.
La protagonista della vicenda è Fiona Maye (un’immensa Emma Thompson) importante giudice che lavora nella sezione Famiglia dell’Alta Corte Britannica. Spesso chiamata ad esprimersi su casi eticamente complessi, la donna ha una relazione matrimoniale allo sbando con il professore americano Jack (Stanley Tucci).
L’uomo arriva addirittura a confessarle l’intenzione di avere una relazione extramatrimoniale vista la totale assenza di intimità tra le mura domestiche. Tutto ciò nonostante tra i due ancora oggi ci sia un forte sentimento di rispetto ed amore. Ma a sbaragliare le carte arriva sulla scrivania di Fiona un nuovo inatteso caso. Adam Henry (Fionn Whitehead) è un giovane di 17 anni affetto dalla leucemia. I dottori consigliano al ragazzo un immediato trattamento a base di farmaci e soprattutto una trasfusione. Poichè però Adam viene da una famiglia di devoti e ortodossi testimoni di Geova, non può per ragioni di dogmatiche “infettare” il suo sangue con quello di altre persone. A sostenerlo nella sua decisione, c’è anche la famiglia. Una scelta difficile dunque per Fiona chiamata a pronunciarsi sulla ferma volontà del giovane e dei genitori o costringere il ragazzo ad una trasfusione salva-vita.
Dopo un’attenta riflessione e dopo aver fatto visita in ospedale, il giudice opterà per la seconda strada, appellandosi ad una razionale e meno offuscata applicazione della legge.
Qui inizia un nuovo capitolo di questa storia e del film. Adam infatti, una volta guarito, inizierà a stalkerare Fiona. Le sue sono buone intenzioni ma eccessivamente morbose. L’intera vicenda costringerà il giudice a riflettere sulla sua vita professionale e soprattutto su quella personale.
La pellicola di Richard Eyre cerca di rimanere fedele al successo editoriale di Ian McEwan, riproponendo le medesime dinamiche narrative e gli stessi dubbi etici. Un compito ben fatto anche se privo di quel guizzo anarchico che avrebbe, anche a costo di scardinare le rotaie del libro, regalato al film autorialità e indipendenza creativa.