Sette storie, sette registi, tanti personaggi, uomini sempre. Episodi diversi, legati tra loro da un unico fattore comune : l’infedeltà.
I due colleghi \ amici Jean Dujardin e Gilles Lellouche sono i protagonisti dei mini 7 film che compongono il lungometraggio “Gli infedeli”, che vedono in cabina di regia i nomi di Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtes, Michel Hazanavicius, Éric Lartigau, oltre che i già citati Dujardin e Lellouche.
Sette storie in cui ad essere protagoniste sono le scappatelle e le avventure extra coniugali dei vari protagonisti, che riprendono molto dal cinema italiano di genere, senza però risultare incisive e divertenti però come i prodotti di casa nostra. Il maschilismo messo in evidenza dal film infastidisce lo spettatore, a meno che qualcuno non si rispecchi nei protagonisti dei vari episodi ( auguri in questo caso alle rispettive mogli e fidanzate ).
L’unico a salvarsi forse è “Gli infedeli anonimi” di Alexandre Courtes, salvato, in un film in cui gli uomini la fanno da padroni, dall’attirce Sandrine Kiberlain, unica donna che non si lascia travolgere da questo vortice di tradimenti. Niente da dire invece sulla regia del duo Dujardin / Lellouche nell’ episodio “Las Vegas” (decisamente niente, perchè è meglio non dire proprio nulla per il bene ed il futuro di entrambi).
Se di esperimento si trattava, “Gli infedeli” non può certo definirsi ben riuscito, ma volendo usare un eufemismo “rimandato”. Gli episodi seppur molteplici sono alla fine molto simili tra loro, e le personalità maschili presentate nei vari racconti non ci presentano sicuramente bene i “machi” d’oltralpe. Un film non certo da ricordare insomma, che infatti di successo ne ha avuto poco in patria e fuori. Fosse uscito quest anno, in parallelo con le scappatelle amorose del presidente Hollande, avrebbe sicuramente suscitato più interesse. Ma questa è un’altra storia……di infedeltà.