“I Am Not Your Marx”
A Londra, il 21 febbraio 1848, viene pubblicato il “Manifesto del Partito Comunista” scritto da Karl Marx e Friedrich Engels, storico pamphlet, commissionato dalla Lega dei Comunisti, che avrebbe scardinato i vecchi equilibri geopolitici del tardo ‘800 e creato una nuova e immensa creatura ideologica, protagonista indiscussa del successivo hobsbawmiano “Secolo Breve”.
Ma gli eventi di questo film, iniziano pochi anni prima, quando il giovane e squattrinato Karl Marx, intellettuale ribelle ebreo, sposa l’aristocratica Jenny von Westphalen, decidendo di andare a vivere nella storica residenza di rue Vaneau a Parigi.
Qui Karl conosce Friedrich Engels, ricco imprenditore tedesco, figlio ed erede dell’impero tessile degli Engels, che si erano ormai da anni trasferiti nella città operaia per eccellenza del Regno Unito, Manchester.
In Inghilterra Engels conosce e sposa Mary Burs, giovane operaia, licenziata, proprio dal padre, per via delle sue posizioni politiche contrarie allo sfruttamento dei malpagati operai.
Due grandi storie d’amore che si ricongiungono a Parigi, quando i due liberi pensatori, ispirati dalle rispettive consorti, buttano le basi per una delle rivoluzioni intellettuali più importanti della storia dell’umanità.
Nell’anno di Time’s Up e “#MeToo” il regista haitiano Raoul Peck, con la scusa di mettere in scena la collaborazione tra Marx e Engels, approfondisce il ruolo essenziale che le due mogli ebbero, non solo nella loro vita, ma anche nelle importanti scelte ideologiche dei due intellettuali.
Un film, animato dalla grande passione politica, amicizia, amore e voglia di rivoluzione dei personaggi, interpretato da un giovane ed emergente cast europeo.
In prima fila da August Diehl, che avevamo già visto nel tarantiniano “Bastardi senza gloria” e la fascinosa Vicky Krieps, musa ispiratrice del couturier inglese Danel Day Lewis nel capolavoro di Paul Thomas Anderson “Il filo nascosto”.
Quanto al regista, il merito principale del navigato Raoul Peck è proprio a monte, ossia l’idea di scomodare il padre del comunismo, dell’ideologia fondata sul “tutti gli uomini sono uguali e fratelli”, per raccontare una storia dove al posto del conflitto, c’è la collaborazione e l’amicizia tra proletariato industriale e la ricca bourgeoisie. Ancor più interessante è stato poi quello di presentare i due intellettuali, non come barbosi e barbuti ideologi, bensì come due poeti maledetti, alle prese con sbronze e vite dissolute, tra i vicoli di una Parigi romantica e baudelairiana.
Per gran parte del film purtroppo l’autore resta col freno tirato, quasi fosse irrigidito dal timore reverenziale nell’affrontare figure politiche di questo peso.
La fredda e piatta fotografia poi, non aiuta lo spettatore a togliersi di dosso l’impressione di trovarsi davanti un biopic leggermente didascalico Il crescente ritmo e il finale epico che ripercorre gli ultimi 170 anni, passando da Guevara, a Kennedy, dal crack dei subprime del 2008 ai frames dei dollari che bruciano, sulle note di “Like a Rolling Stone” di Dylan, sembrano dire invece che la mano di Raoul Peck c’è ancora e forse l’errore principale è stato quello di vedere, questa sua nuova pellicola, avendo ancora in mente quel capolavoro che il regista ha firmato, neanche 2 anni fa e che risponde al nome di “I Am Not Your Negro”.