A inizio giugno abbiamo appreso che James Cameron e il produttore Jon Landau erano arrivati in Nuova Zelanda in vista della ripartenza delle riprese di Avatar 2.
La produzione non sarebbe ripartita subito perché, come spiegato da Landau, i viaggiatori in arrivo dall’estero devono rispettare una quarantena di 14 giorni.
I confini erano ancora ufficialmente chiusi, ma i due erano stati ammessi in base a un’eccezione che prevede che i civili di interesse economico significativo possano entrare nel paese.
La cosa non è stata vista di buon occhio da tutti, visto che – come riporta Stuff – l’opposizione dell’attuale governo ha lanciato accuse di favoritismo politico.
Il giornale riporta che domenica scorsa la troupe di Avatar e quella di un altro film sono arrivate in Nuova Zelanda dopo un permesso speciale del governo e che sebbene nove richieste su dieci per eccezioni speciali per i lavoratori oltreoceano non arrivino neanche sulla scrivania del ministro dello sviluppo Phil Twyford, un aereo con almeno 56 lavoratori dell’industria cinematografica sono arrivati a Wellington.
Il leader del partito liberista ACT New Zealand ha avuto solo parole negative in merito:
Quali sono le regole sui confini?
Al momento sembra che se sei un amico del governo, tutto ti è concesso.
Altrimenti, fatti tuoi.
Dovrebbe esserci una regola per tutti… è inaccettabile che la scelta di chi far entrare nel paese spetti ai politici.
Le due produzioni hanno rispettato i requisiti richiesti, dando lavoro a più di 600 neozelandesi e alla luce del significativo impatto economico sul territorio.
I quattro sequel di Avatar sono in lavorazione dal 2017, ognuno avrà un budget di circa 250 milioni di dollari.
Era previsto un nuovo blocco di riprese ad aprile, ma è slittato a Giugno a causa dell’emergenza sanitaria.