Home Rubriche InstaCult Assassination Nation: sexy e violento cult per i Post-Millennials

Assassination Nation: sexy e violento cult per i Post-Millennials

“Mi chiamo Lily Colson e ho diciotto anni. Queste sono le mie migliori amiche: Em, Bex e Sarah. E ad essere onesti, non so se vivremo tutta la notte. Ma iniziamo dall’inizio.”

Questo l’incipit di Assassination Nation. Noi invece partiamo dalla fine. Dai titoli di coda per l’esattezza.

Il 3 giugno 2013 la pop idol Miley Cyrus pubblica il primo singolo del suo disco svolta Bangerz. La canzone e il suo video mostrano una trasformazione radicale della musicista fino a quel momento confinata nel ruolo di Hannah Montana. Ora invece con We can’t Stop spicca e sconvolge milioni di fan, grazie ad una fisicità molto più sexy . Il testo recita: “È la nostra festa, possiamo fare quello che vogliamo / è la nostra festa, possiamo dire quello che vogliamo / è la nostra festa, possiamo amare chi vogliamo / possiamo baciare chi vogliamo / possiamo vivere come vogliamo“.

Non è un caso che Sam Levinson, classe 1985 e figlio d’arte (il padre è il celebre regista Barry, premio Oscar per Rain Man) abbia deciso di far suonare ad una banda di un college una buffa versione di questa hit della Cyrus. I titoli di coda scorrono e con loro anche il sangue.

Assassination Nation infatti parte con l’appeal di un classico indie movie generazionale nato e concepito per essere un cult tra i più giovani per sfociare in un horror sadico e sopra le righe. Party, alcool, smartphone e alcune ragazze provocanti vittime dall’oggi al domani di un hacker che nel giro di poche ore pubblica i loro segreti facendole diventare il capro espiatorio di una guerra più grande di loro.

Ma iniziamo dal principio. Siamo in una cittadina di nome Salem. Non è un caso il riferimento alla celebre villaggio nella contea di Essex in Massachusetts, dove a partire dal 1692 esplose dal nulla il celebre Processo alle streghe. Letteratura, cinema, teatro, musica è impossibile misurare l’impatto culturale di quell’orrendo evento. Il pretesto di Levinson, anche sceneggiatore del film, è appunto quello di modernizzare il tema, ovviamente in chiave femminista, dopo la burrasca mediatica e giudiziaria degli ultimi anni.

Lily Colson (Odessa Young) ha una relazione platonica con il padre della bambina a cui ha fatto da baby sitter. Poi ci sono le sue amiche come Sarah (Suki Waterhouse), Em (interpretata dalla musicista e cantante Abra) e infine Bex (la transgender nella vita e nel film Hari Nef). Le ragazze vivono per lo più attraverso i loro social media e in generale la loro vita privata è tutta a portata del palmo della loro mano.

Un hacker riesce ad entrare ne profilo privato del sindaco della cittadina. Lo scandalo è enorme. A seguire anche il preside della scuola ed infine tutta la cittadine, comprese le 4 ragazze, imputate di essere le responsabili di questo day 1 della privacy di Salem. A questo punto dellla commedia indie di Levinson se ne perdono le tracce. Sangue e vendetta diventano i due soli protagonisti. Una repentina virata oltre la quale è meglio non andare per non spoilerare la pellicola.

Levinson si dimostra un regista ancora molto giovane e immaturo e non riesce sempre a gestire questi cambi di regime. Ma l’autore è talentuoso e lo dimostra nel gusto delle inquadrature, nei piani sequenza, dei plongèe e in mille altre trovate tecniche di chi ama divertirsi con la mdp. La sua generazione è cressciuta a pane e Tarantino, quindi via di splatter e citazioni cinefile. Dichiatata quella di Delinquent Girl Boss: Worthless to Confess (Zubekō banchō: zange no neuchi mo nai?) film del 1971, di Kazuhiko Yamaguchi. Ma anche Cane di paglia diretto, guarda caso lo stesso anno da Sam Peckinpah. Ovviamente tanto Quentin Tarantino, Robert Rodriguez e Eli Roth.

Un film concepito per giovani iGen, sadico, sexy, divertente, molto violento, femminista e volutamente derivativo.