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“Judy” – La Recensione

“Un cuore non si giudica solo da quanto tu ami, ma da quanto riesci a farti amare dagli altri.”

Questa citazione da “Il mago di Oz” sembra essere il leit motiv di Judy pellicola autobiografica che narra principalmente gli ultimi mesi di vita della cantante Judy Garland. Adattamento cinematografico del dramma teatrale “End of the Rainbow” di Peter Quilter, il film è il secondo del regista teatrale inglese Rupert Goold dopo True Story con James Franco e Jonah Hill.

Judy inizia con una folgorante scena della giovane Garland sul set di Il mago di Oz.

La baby star all’epoca 16enne, ascolta le raggelanti parole del famigerato boss dello studio Louis B. Mayer. Diventa chiaro sin da subito che il tema del film sarà proprio lo spietato cinismo dello star system hollywoodiano. La piccola attrice dovrà fare i conti con un’alimentazione a dir poco sballata, fatta di poco cibo e molte piccole. Un’adolescente catapultata in un mondo falso e mosso solo dai soldi e da cieche ambizioni. Persino l’ombra dei riccioli d’oro di Shirley Temple.

Flashback che aiuteranno a definire il personaggio della Garland, ora 47enne in piena crisi economica e una voce che non è più la stessa di un tempo.

Questa Judy matura ha il corpo di una splendida Renée Zellweger a cui il regista Goold regala probabilmente la parte più bella della sua vita in occasione dei suoi 50 anni.

Qui entriamo nel cuore del film. Schiava della sua stessa immagine e dei fantasmi del passato la Garland parte per una tournée a Londra dove cerca di risanare le sue finanze e la sua vita sentimentale, esibendosi per un pubblico non sempre benevolo. I fari per lei purtroppo sembrano essersi definitivamente spenti.

Nonostante il lavoro di Peter Quilter, la pellicola dei Goold stenta a decollare e quando ci riesce sfortunatamente è troppo tardi. Alcuni passaggi sono interessanti, nozionismi volti a far luce sulla vita di una grande artista dimenticata, ma anche brillanti dialoghi che esaltano il lavoro corale del cast. Maestosa interpretazione della Zellweger che strappa letteralmente il cuore a tutti quando canta Over the Rainbow, diventata come la stessa Garland un’autentica icona gay e inno al movimento di liberazione omosessuale (a cui ammicca un po’ goffamente la pellicola).

Un dramma crepuscolare ed elegia di una donna, madre e bambina troppo fragile in un mondo di squali, dove lo show business divora e dimentica chiunque e qualsiasi sentimento.

Non si può condividere il giudizio tranchant di Liza Minelli, figlia della Garland, che ha aspramente criticato il film, ma di certo si può apprezzare l’interpretazione della Zellweger, che vale da sola il prezzo del biglietto.